Mondo

Tutti per Obama

Cronaca di una vittoria annunciata anche prima del verdetto

di Franco Bomprezzi

 

Una vittoria annunciata, che già ieri sera dava i primi segnali di conferma, consentendo ai giornali italiani, chiusi prima del verdetto delle urne, di sbilanciarsi verso il successo di Obama e di dedicare molte pagine all’evento che è vissuto per noi italiani in notturna.

 

 

“La lunga notte di Obama”. Il Corriere della Sera va in stampa con i primi dati che davano Barack in netto vantaggio. La vittoria del candidato democratico è spiegata nell’editoriale di Massimo Gaggi con l’approccio alla crisi: «Smarrita nella crisi, l’America di oggi ha fame di certezze, ha bisogno di vedere un progetto, un percorso. Obama li aveva costruiti nel tempo, mentre John McCain, iniziata la campagna tenendo sotto braccio il generale David Pereaeus, a un certo punto ha dovuto cambiare copione. Impresa per lui complicata: la volata alla fine gliel’ha tirata solo Joe l’idraulico…un calvario per il candidato repubblicano, a disagio sui temi economici e costretto, per non scoprirsi a destra, a fare sua una ricetta fiscale di Bush che in passato aveva bocciato». I dato più significativo nella geografia del voto secondo il Corriere è l’affluenza da record, che è aumentata del 7,4%, secondo i primi dati, rispetto alle presidenziali del 2004 quando votò il 60% degli aventi diritto. In totale nelle lezioni più costose della storia (spesi 1,6 miliardi di dollari) hanno votato oltre 130 milioni di americani. 
Il Corriere torna sulla questione razziale con un’intervista alla scrittrice nera premio nobel Toni Morrison: «Con Obama il bianco e il nero non contano: reclamiamo uniti la nostra America». E ancora: «La mia storia o quella di Barack non sarebbero possibili in Europa: lì, lui sarebbe ancora in attesa delle cittadinanza».

Repubblica cauta titola: “America, Obama in testa”. È però una cautela scaramantica. Delle 15 dedicate alle elezioni statunitensi, segnaliamo: Marco Contini, “È l’ora del sogno di Martin Luther King” (pagina 4):  «Nei momenti più importanti, si va in chiesa. Watch and pray, guarda e prega, così si chiamano questi appuntamenti. E ieri, 144 anni dopo l’emancipazione, i neri d’America sono tornati ancora una volta nelle loro chiese per recitare salmi, ascoltare sermoni, cantare e guardare la tv. In attesa di quello che per molti è il passaggio finale di una lunga lotta di liberazione». Ad Atlanta, nella Ebenezer Baptist Church, dove è sepolto Luther King,  ieri sera sono andati due dei suoi 3 figli, Martin Luther III e Bernice per una breve funzione. Nell’aria molta attesa: «È  un momento storico qualunque cosa accada» è il mantra che senti ripetere ovunque…
Federico Rampini, “La svolta di Wall Street «Obama può salvare i mercati in crisi»”. Molto interessante il punto di vista delle Borse che già ieri puntavano sul democratico. I futures elettorali (considerati assai più affidabili dei sondaggi) hanno registrato un’impennata incredibile. Al di là del colore e della ovvia speranza di rimuovere ogni incertezza politica (qualunque sia l’esito, dicevano ieri in Borsa), Rampini registra gli umori: «È una favola che i repubblicani siano i migliori amici della Borsa. La storia dà indicazioni diverse. Durante gli 8 anni della presidenza Clinton l’indice azionario Standard & Poor’s 500 realizzò guadagni medi del 15%. Negli 8 anni di amministrazione Bush lo stesso indice ha perso in media il 4% l’anno»…Alexander Stille, “Tensione e lacrime per noi elettori decisi a cambiare”: è il racconto di come negli ultimi mesi si fosse «scatenata un’emozione – e una nevrosi – collettiva senza confronti in altri periodi elettorali»; «abbiamo assistito  ad un livello di partecipazione, sia concreta che emotiva, senza precedenti». Molto hanno pesato, scrive Stille, gli 8 anni di Bush e le sue scelte completamente sbagliate.

“Il mondo ha un nuovo imperatore”, titola Il Giornale. L’occhiello “Fine dell’incertezza, gli Stati uniti hanno scelto la guida per il futuro. Nella notte i sondaggi dicono: per la prima volta toccherà a un nero”. Al neopresidente Il Giornale spedisce quattro lettere. La prima è firmata da Geminello Alvi “Per uscire dai guai costruisca un asse con l’Asia” per quanto riguarda la crisi economica, Maria Giovanna Maglie “Non assecondi i piagnoni del pacifismo” sul rapporto guerra e terrorismo. Alberto Pasolini Zanelli fa un focus sulle relazioni internazionali “Occhio alla Russia (e spenga il Medio Oriente)” infine la missiva di Tullio Regge  riguarda l’ambiente e l’energia “Faccia capire che va rotto il tabù nucleare”. Alle pagine 10 e 11 cronaca dell’addio di Bush: lascia tra i fischi «Ma la storia lo riabiliterà» scrive Andrei Breitbart, giornalista conservatore sul The Washington Times. Tra le reazioni dei premier stranieri il Giornale annovera quella di Fidel Castro, 82enne, per cui «McCain era troppo vecchio» e Hugo Chavez che auspica «Volesse il cielo che ascoltasse la voce dell’Onu, revocando l’embargo a Cuba, ritiri le truppe dall’Iraq, che faccia cessare le minacce verso Iran e Venezuela».

“Referendum su Obama” è il titolo della Stampa. Anche il quotidiano torinese dedica ampio spazio alle elezioni Usa. Segnaliamo il Buongiorno di Massimo Gramellini: “No, we cant’”: «Con tutti i suoi difetti, ma la democrazia in America è una cosa meravigliosa, a differenza che altrove. Certo, i candidati vengono scelti dopo un duro apprendistato e non si candidano solo in quanto sono sicuri di vincere, come altrove…. Certo, laggiù il candidato giovane sembra proprio giovane e il candidato vecchio proprio vecchio, non come altrove, dove al vecchio crescono i capelli e il giovane fa cascare le braccia. sì con tutti i suoi difetti, ma la democrazia in America è davvero una democrazia. A differenza che altrove».
Tanta cronaca della giornata più lunga e due interviste diversamente interessanti. La prima a John Landis, il regista che vive da sempre a Los Angeles ma è nato a Chicago: “Nella sua Chicago il peggio e il meglio di tutti gli States”. Dice Landis: «Se Obama diventa presidente non sarà comunque perché è nero e non sarà per ragioni di ricchezza o classe. sarà una conferma del fatto che gil Stati Uniti stanno ancora evolvendo e che rispondono ancora all’ideale per cui ogni americano, se lo vuole davvero e ci lavora duramente, può ottenere ciò in cui spera e realizzare i suoi sogni»… L’altra è a Michael Walzer, anima critica dei liberal americani: “Con questo voto l’America è già cambiata”: «Obama è un politico post-moderno non solo perché trascende le divisioni razziali fra bianchi e  neri ma anche perché punta a superare le divisioni ideologiche fra destra e sinistra, cercando una nuova politica di sintesi… Vuole cambiare la moralità del dibattito politico e l’atmosfera partisan a Washington. è ciò che ha in mente. Ma non illudiamoci: se vi sarà un cambio, vero, incontrerà grandi resistenze»
Secondo Antionio Scurati, è un “Reality barack”, ovvero Obama come «personaggio immaginario, il prodotto perfetto della società dello spettacolo, un mito mediatico, ma è un mito di bontà, di probità, di eguaglianza, una favola bella che narra di una possibile felicità collettiva». Il sogno dell’orfano nero che va alla Casa Bianca ha contagiato  milioni di persone. «Nel caso di Obama l’immaginario non si è contrapposto al reale come il falso al vero ma ha stabilito un’integrazione onirica, come accade nei sogni, nei deliri, ma anche nei miti religiosi e magici, nei grandi film di Hollywood, nelle favole appunto»..

Non potendo sapere in tempo l’esito elettorale degli Usa il manifesto scegli un’altra chiave: “Indovina chi viene a cena” è il titolo sfondato sulla fotografia della Casa Bianca come titolo di apertura del giornale. All’interno due pagine sulla “lunga attesa della Chicago nera” con il racconto di Marco d’Eramo da South Side, il quartiere «ghetto più segregato degli Usa, dove i neri sono il 95%. Dove Obama era stato snobbato nel 2000. Ma dove questa volta la Black America è andata in massa alle urne per votare democratico. Una storica rivincita». Un altro articolo punta sull’affluenza record ai seggi «nell’America che vuole cambiare». Viene riportata anche una frase di Bill Clinton all’uscita dai seggi «Il sogno americano è ancora vivo e in buona salute». Un terzo articolo invece è puntato sulle elezioni per il Congresso e qui si osserva che «è possibile che in vista delle elezioni del 2008 (la Camera si rinnova ogni due anni), la maggioranza di Nancy Pelosi non sia solidissima (e la deputata californiana di origini italiane non è stata finora uno Speaker di polso)».

Avvenire dedica all’elezioni americane forse meno spazio di altri giornali, due pagine, più una di bilancio del governo Bush. 
A pag. 2 “Bush, presidenza dai due volti”: per l’ex presidente americano è tempo di tirare le somme. Si tenta a caldo di disegnare il quadro generale di una politica sicuramente deficitaria e dannosa per molti aspetti, ma della quale gli storici potrebbero rivalutare alcuni aspetti. La domanda che sottende il pezzo è: È stato il suo staff a trascinarlo nella disastrosa politica estera che conosciamo o è stata tutta farina del suo sacco? «Un quesito da lasciare al tempo ma la sostituzione di molti “falchi” nel suo secondo mandato fanno ritenere che il presidente abbia saputo correggere, almeno parzialmente, la linea unilateralistica che aveva caratterizzato il suo avvio».  
Anche Avvenire dedica spazio all’abilità comunicativa di Obama, che ha saputo sfruttare le nuove tecnologie parlando la stessa lingua dei giovani, quella del web: “Una campagna elettorale che ha cambiato il Paese. Da Facebook ai blog: la «valanga Internet» ha deciso” (pag. 4). La valanga di donazioni piovute dalla rete e di contributi raccolti on-line hanno permesso a Obama di condurre una campagna elettorale davvero in grande, senza ricorrere ai finanziamenti pubblici; mentre McCain che, per la sua, ha fatto ricorso ai fondi concessi  (comunque non oltre 84 milioni), avrebbe mantenuto un profilo più modesto. I blog hanno fatto la loro parte, ma non solo: molto è dipeso dal ritorno alle origini, dal dialogo reale con le persone: «Hanno riscoperto che solo il contatto faccia a faccia con gente come loro avrebbe conquistato i loro cinici e sfiduciati elettori». 

Il Sole 24 Ore spara una bella foto in prima, e il titolo è «Vince Obama, l’America volta pagina», e a pagina 3 «un presidente nero per l’America». Poi belle pagine sul «che cosa aspetta il neopresidente», con uno schema del tanti nodi irrisolti della politica estera e globale: i fronti di guerra di Iraq e Afghanistan, l’Iran e l’incognita nucleare; l’eterno duello Israele-Palestina; il rapporto con Mosca; il grande problema-opportunità rappresentato dall’Africa; l’America latina con i suoi vari Chavez e Castro. Insomma in bocca al lupo, presidente. A pag. 7 un bilancio fallimentare dell’era Bush tutto fatto di date e numeri: la disoccupazione è passata dal 4 al 6,1%, i poveri dall’11,3 al 12,5, l’inflazione dal 3,3 al 5,4, la crescita del Pil dal 34,2 al 19,6. Insomma un tracollo, e non è finita: i disastri elencati comprendono anche la politica interna (vedi l’incompetenza a fronteggiare l’uragano Katrina, o l’opposizione al protocolllo di Kyoto) ed economica (è sotto gli occhi di tutti): anche per questo Obama avrà un gran lavoro da fare.

E inoltre sui quotidiani di oggi:

Croce rossa

Corriere della Sera –. Riprendendo la Padania in edicola oggi, riporta una serie di indiscrezioni sul nuovi assetto della Croce rossa. Lo spunto per il servizio viene dall’attacco di Bossi («Giù le mani dalla Cri») al sottosegretario Gianni Letta che avrebbe già da alcune settimane individuato i nomi a cui affidare la Cri. Il commissario in pectore sarebbe l’avvocato Francesco Rocca, già capodipartimento della Cri e ora dirigente dei servizi sociali del comune di Roma. Al posto di direttore generale sarebbe destinata Francesca Basilico, già braccio destro di Maurizio Scelli. Entrambi i candidati sono schiettamente romani. Troppo per il leader del Carroccio. Tanto più che secondo il senatur i due terzi dei volontari della Cri 90 su circa 150mila sono del nord, mentre la voragine nei conti dell’ente, fra i 90 e i 100 milioni di euro, si può imputare soprattutto alla gestione delle regioni centro meridionali. 

Tremonti e la Difesa

Il Sole 24 Ore – Una pagina dedicata ai tagli che Tremonti dovrà ancora fare, e che si concentrano su un comparto delicatissimo: la Difesa. Il ministro infatti non guarderebbe in faccia a nessuno e ha in mente una sforbiciata notevole sulle forze armate, anche se – nota il Sole – non avrà vita facile e la questione è «brace accesa sotto la cenere». Che c’è in ballo? Tremonti ha pronto un Piano di razionalizzazione che dovrebbe tradursi in 1 miliardo di fondi e 30 mila soldati in meno.

Assalto alla Rai

La Repubblica – Molto spazio al raid notturno nella redazione di Chi l’ha visto?: “Neofascisti all’assalto della Rai”. Il pezzo inizia in prima e prosegue a pagina 22: “Irruzione di neofascisti alla Rai protesta l’opposizione, tace il Pdl”. Come reazione alla puntata di lunedì, in cui la conduttrice Sciarelli proponeva le immagini degli scontri di Piazza Navona, un manipolo di fascisti hanno assaltato la sede Rai e poi messo il video su Youtube. La federazione nazionale della stampa lancia l’allarme: è la prima volta che una violenta del genere colpisce la tv di Stato. «Maroni», dice il presidente Petruccioli, «mi ha promesso che troverà i responsabili».

Il manifesto – Al raid contro la Rai e la trasmissione “Chi l’ha visto?” viene dedicata pagina 5 che riporta la testatina “neofascisti” e tre frame del video mandato in onda dal programma della Sciarelli. Titolo dell’articolo “Raid a «Chi l’ha visto?» dopo la cinghiamattanza”. Forza nuova si dissocia «sia dal raid sia dalle telefonate: “noi abbiamo centinaia di utenze telefoniche intestate come movimento politico, mai faremmo una tale assurdità”», ma nell’articolo si osserva che la prima telefonata arrivata inizia con un «Questa è la segreteria di Forza nuova abbiamo visto il vostro numero in cui pubblicate foto di persone e chiedete nomi e cognomi. Noi facciamo lo stesso su di voi. Chi lavora con voi, dove abitate, nomi e cognomi». Si riportano le reazioni politiche e della Fnsi che condannano l’episodio, a parte gli «irriducibili Alessandra Mussolini e Francesco Storace. Per loro il “servizio pubblico radiotelevisivo è stato usato per istigare violenza contro i ragazzi di Blocco studentesco”».

 Edilizia romana

La Repubblica – Dalla prima a R2: “Il nuovo sacco di Roma”: ovvero le  mani dei costruttori sulle periferie. In costruzione un’area di cemento grande come dieci volte Parigi. Alberto Statera firma l’inchiesta. 25mila appartamenti, 9 milioni di metri cubi di cemento, 750 ettari di territorio. Così si moltiplicano le periferie anonime, mentre i costruttori si arricchiscono. I nomi son sempre quelli: Caltagirone, Mezzacorona. In un intreccio pericoloso fra politica e imprenditoria. Del quale fa spese la città. In appoggio intervista all’urbanista Vezio De Lucia: “I residenti calano crescono solo  le case” (e quelle a libero mercato, ovviamente).

Povertà

Il Giornale – Pag. 51: Don Rigoldi non ci sta alla “tolleranza zero verso venditori, writer e accattoni” dell’amministrazione del capoluogo lombardo  e dice: «E i poveri come faranno?» e a pag. 58  Monsignor Tettamanzi  lancia l’invito a che «le case vuote  del clero -siano destinate- anche ai poveri».

La Stampa – A pagina 17, un pezzo sull’invito del cardinale di Milano: “Ai poveri le case dei preti”. Nella giornata dedicata a san Carlo Borromeo, Tettamanzi invita il clero a restare «vicino alla gente» dato che il nostro tempo è «teatro di tante ingiustizie e d una insopportabile, scandalosa disparità di condizioni». I religiosi devono vivere con morigeratezza: «la nostra vita sia sobria ed esemplare, così che possa diventare parola forte per ricordare ai ricchi le loro responsabilità, qualora si dimenticassero dei poveri». Da qui l’idea di studiare nuove forme di utilizzo degli immobili: «tante case abitate dal clero sono oggi sovradimensionate rispetto ai bisogni reali di un prete… Possono essere diversamente utilizzate per le attività della comunità cristiana o per soccorrere i bisogni di chi è senza casa». 

Il manifestoSulla povertà che avanza a pagina 8 il manifesto commenta i dati dell’Istat per i quali il 12,8% della popolazione italiana è sotto il reddito limite. «Povero e immobile. Allarma la fotografia del paese che ci consegna l’Istat, a maggior ragione se inserita all’interno del quadro recessivo sul quale ci affacciamo», Sara Farolfi che firma l’articolo intitolato “Sette milioni di poveri” conclude «Su questa situazione socialmente esplosiva precipita oggi la crisi». Di spalla la storia di Margherita «Ero classe media ora sopravvivo», insegnante precaria e madre single che vive nell’appartamento che i genitori avevano acquistato per lei, uno per ogni figlio, vive alla Balduina e gli unici risparmi che ha in banca (8mila euro) sono un regalo dei genitori. «Certo un modo per vivere meglio ci sarebbe. Margherita potrebbe vendere il suo appartamento per comprarne uno in periferia (…) “ci ho pensato, ovviamente. Ma devo essere sincera, finché posso resisto”», nell’articolo anche la considerazione che l’appartamentino regalato dai genitori, classe media benestante, ai tre figli per loro doveva essere il trampolino di lancio, ma in realtà nessuno si è spostato in avanti.

Cure palliative

Avvenire – Pag. 12: Eugenia Roccella ha ribadito al XV congresso della Sicp, Società italiana di cure palliative, che al più presto sarà disponibile una legge nazionale. Alla camera, infatti, sta andando avanti il percorso di un ddl, presto unificato rispetto ai tre disegni di legge presentati in precedenza, che è stato volutamente separato dalla discussione sulle direttive anticipate, che invece procede al Senato. 

 

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