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Tutti i “perché no” dell’Alta velocità

di Redazione

Perché le valli francesi non si oppongono alla linea dell’Alta velocità come accade in Val di Susa?
In Francia la valle della Maurienne è molto larga e gli abitanti sono stati ben remunerati a suo tempo. La Val di Susa è in una situazione molto diversa. È larga 1.500 metri nei quali passano due statali, un’autostrada, una ferrovia a doppio binario e un elettrodotto.

Il sistema ferroviario transfrontaliero è ancora dell’epoca di Cavour; il traforo del Frejus è del 1854. Non è superato?
Ciò che c’è in comune tra la linea di Cavour e quella attuale è solo il fatto di passare per la Val di Susa. La linea “storica” è stata rinnovata e potenziata a partire dagli anni 70 del Novecento. Il traforo è in corso di adeguamento (abbassamento del piano del ferro) per consentire il passaggio di convogli merci con containers navali; i lavori sul versante italiano sono stati completati e stanno proseguendo nella parte francese.

Con l’attivazione della linea Alta capacità (che dovrebbe essere pronta per il 2018), si potrà spostare tutto il traffico merci ed internazionale sulla nuova linea, liberando dal grave carico ambientale del traffico merci la linea storica?
Il traffico merci in ferrovia in Francia non viaggia sulle linee ad Alta velocità, ma su quelle normali. Per passare su un tratto di linea a standard Alta velocità (tunnel e resto della linea in Italia) sarebbero necessarie motrici e carri speciali, diversi da quelli richiesti dalle linee normali.

Un’opera come la Tav/Ac garantirà finalmente un riequilibrio fra trasporti su ferro e quelli su gomma oggi nettamente maggioritari ma inquinanti?
Attualmente più della metà dei transiti stradali tra Italia e Francia sono interregionali ossia relativi a viaggi non superiori ai 500 chilometri. Su queste distanze la ferrovia non riesce ad essere competitiva in quanto implica due trasbordi, all’inizio e alla fine.
È vero che la linea storica ha limiti insuperabili, dovuti alle elevate pendenze ed ai raggi di curvatura della tratta Bussoleno – St. Jean de Maurienne che penalizzano l’esercizio merci?
Non è vero. Lo dimostra l’esperienza del tunnel ferroviario del Loetschberg in Svizzera, che continua ad essere in uso anche dopo l’apertura di una canna del nuovo tunnel di base: se le merci ci sono (questo è il punto), i treni passano con trazione multipla. Su quella linea (con un tunnel storico a circa 1.200 metri di quota) si adottava anche la tripla trazione con una motrice posta a metà treno.

Sulla nuova linea potranno passare anche 260 treni al giorno. È un investimento per il futuro?
Come ha spiegato l’ingegnere Angelo Tartaglia, sulla nuova Torino-Milano ad Alta velocità la capacità è di 330 treni al giorno, ma quelli che passano sono solo 18. Qualunque prevedibile sviluppo dei collegamenti lungo l’asse della Val di Susa si mantiene ben al di sotto di 226 treni al giorno. Oggi ricordiamo che i passeggeri sulla Torino – Lione sono 300, distribuiti su due treni giornalieri.

I lavori per la Tav porteranno occupazione in Val di Susa?
È vero, un incremento del numero dei posti di lavoro è prevedibile. Ma bisogna anche fare i conti con le ombre che incombono sugli appalti. Quello per realizzare la galleria geognostica di Chiomonte – che è stata al centro delle tensioni settimana scorsa (il titolare della ditta appaltatrice è stato anche ferito ad un braccio) – è stato vinto dalla Italcoge, una ditta che ha trascorsi non rassicuranti. Come riferiva il quotidiano La Repubblica nelle pagine di Torino il 19 luglio 2002, «gli imprenditori Claudio Gombia (Sirio srl), e Ferdinando Lazzaro (Italcoge), sono finiti in carcere a maggio avendo tirato in ballo il funzionario del Magistrato del Po, Adriano De Falco offrendogli (stando al capo di imputazione firmato dal gip Emanuela Gai), il primo 8.500 euro e il secondo 20mila. In cambio di tanta generosità, il funzionario assegnava a quelle ditte lavori di ripristino delle sponde fluviali a Susa».

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