Economia
Tutti i numeri della cultura
A Milano, Monza Brianza e Lodi le imprese nei settori culturali e creativi sono circa 17 mila, con 200 mila occupati e 14,6 miliardi di valore aggiunto. Sono i dati del Rapporto Federculture illustrati oggi alla presenza del Ministro per i Beni e le Attività Culturali Alberto Bonisoli e del presidente della Camera di commercio Carlo Sangalli
di Redazione
A Milano, Monza Brianza e Lodi le imprese culturali sono circa 17 mila, di cui 15 mila a Milano, con un aumento del +2,3% in un anno. E arrivano a circa 33 mila le imprese del sistema produttivo culturale e creativo milanese con 200 mila occupati, pesano quasi il 9% sul totale delle imprese e il 10% di tutti gli occupati del territorio Un settore che produce 14,6 miliardi di valore aggiunto, il 16% del totale nazionale. Il valore aggiunto prodotto dalle imprese culturali milanesi contribuisce al 10% di tutto il valore aggiunto prodotto sul territorio, più della media nazionale (6%). E la ricchezza prodotta dal settore culturale milanese, considerando il resto dell’economia attivata, supera i 40 miliardi di euro. E' quanto emerge dall’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi sui dati del registro imprese e dai dati Fondazione Symbola e Unioncamere, nel rapporto “Io sono cultura”, presentato oggi a Milano presso la Camera di Commercio.
«Investire nella cultura ha un doppio valore. Significa investire nella crescita umana della società e significa investire nelle imprese e, dunque, sostenere l’economia. A Milano il legame tra cultura e imprenditoria è molto forte. Nella nostra città il settore culturale crea il valore aggiunto più elevato (quasi il dieci per cento) e cresce maggiormente per numero di imprese. Se si considera che un milanese su dieci trova lavoro in questo settore, possiamo dire che la cultura rende più solida e radicata la crescita economica». Così Carlo Sangalli, presidente della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi ha commentato i dati del Rapporto Federculture.
Quello della cultura è un settore cardine per il nostro Paese che negli ultimi anni ha superato la crisi e sta contribuendo alla crescita in molti territori. Ma i numerosi segni “più” non devono impedire di vedere le ombre e le sfide ancora da affrontare. Luci e ombre che vengono messe a fuoco nel quattordicesimo Rapporto Federculture 2018 “Impresa Cultura” presentato oggi che, quest’anno in coincidenza con le prime fasi della nuova legislatura e del nuovo Governo, fa il punto su quanto affrontato negli anni appena passati e sottolinea i problemi irrisolti, antichi e nuovi, della gestione della cultura in Italia, riflette sulle criticità e le debolezze del sistema dell’offerta e della produzione culturale, ma individua anche gli obiettivi per il prossimo futuro delle imprese culturali e di tutti i soggetti pubblici e privati che operano nel settore.
Il filo conduttore del Rapporto sono le imprese culturali, ovvero i soggetti che gestiscono musei, beni e attività culturali con l’obiettivo di efficienza, efficacia e il fine ultimo di favorire la pubblica fruizione della cultura. E proprio fruizione e partecipazione dei cittadini alla vita culturale del Paese sono tra i principali temi sui quali richiama l’attenzione il Rapporto, evidenziando la necessità di ampliare il pubblico dei fruitori attraverso il sostegno al consumo culturale per agevolare le scelte dei giovani e delle famiglie verso l’offerta culturale. I dati raccolti nel Rapporto, infatti, da un lato indicano, per il quarto anno consecutivo dopo il crollo del 2012-2013, una crescita dei consumi culturali, con la spesa delle famiglie italiane per i servizi culturali e ricreativi – che comprende tra l’altro teatro, cinema, musei, concerti – che vale 31 miliardi di euro e aumenta del 3,1%; ma nello stesso tempo segnalano anche forti disparità nelle aree geografiche e nei contesti territoriali. La stessa spesa culturale delle famiglie che nelle regioni del Nord Italia è mediamente superiore ai 150 euro al mese, nel Sud scende intorno ai 90 euro, con gli estremi opposti del Trentino Alto Adige dove si spendono 191 euro al mese e della Sicilia
dove se ne spendono 66. Ma anche in termini di partecipazione un’analisi approfondita dei dati evidenzia delle criticità: è ancora molto alta la percentuale di italiani adulti culturalmente inattivi, 38,8%, e nei singoli ambiti l’assenza di pratica culturale raggiunge anche l’80%, è il caso del teatro, o il 90% per i concerti classici. E come per la spesa i dati più allarmanti si registrano nel Mezzogiorno, dove l’inattività
culturale riguarda 8-9 cittadini su 10.
Per questo Federculture sottolinea l’urgenza di un impegno concreto per incentivare la partecipazione dei cittadini sia sotto l’aspetto della fruizione – rendendo sempre più accessibili i luoghi della cultura anche con agevolazioni modulate su specifiche fasce di pubblico e sostenendo i consumi delle famiglie attraverso politiche di defiscalizzazione mirate – sia sotto quello dell’impegno dei cittadini stessi nel “prendersi cura” del patrimonio, intervenendo nella sua gestione.
In quest’ottica anche nel Rapporto si rinnova l’appello al nuovo Parlamento per una rapida ratifica della Convenzione di Faro che, riconoscendo l’eredità culturale tra i diritti dell’individuo, promuove una nuova visione del rapporto tra il patrimonio culturale e le comunità che lo custodiscono e ne rimarca il valore ed il potenziale quale risorsa per lo sviluppo sostenibile e per la qualità della vita, incoraggiando processi di valorizzazione e gestione partecipativi. Il valore della Convenzione è quanto mai attuale nell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale (2018) nel quale, grazie ad un’indagine Eurobarometro scopriamo che per oltre 8 europei su 10 il patrimonio culturale è molto importante sia individualmente, sia per il proprio Paese. Inoltre, per 7 europei su 10 vivere in luoghi in cui siano presenti vestigia o attività culturali contribuisce ad innalzare la qualità della vita.
Proprio nella visione di un approccio partecipativo, a tutti i livelli, al patrimonio è fondamentale il tema della gestione che nel Rapporto viene affrontato sotto diversi aspetti ma con l’impresa culturale sempre al centro quale strumento di raccordo tra tutela e valorizzazione nell’interesse pubblico della conservazione e fruizione dei beni culturali. Il Rapporto ospita una ricerca commissionata da Federculture che, per la prima volta, ha analizzato i bilanci delle principali istituzioni museali del nostro Paese (fondazioni pubbliche e musei statali autonomi) al fine di evidenziarne le performance in termini di modelli di business e di sostenibilità dell’impresa culturale che ha fatto emergere, nel campione analizzato, che il modello prevalente è quello che è stato definito "commerciale”, applicato dalla maggioranza dei musei analizzati che si reggono quasi esclusivamente sui ricavi commerciali, mentre i contributi pubblici incidono marginalmente (con un
significativo grado di autofinanziamento che oscilla tra il 62 e il 75 per cento). Risultati che dimostrano che è possibile fare impresa con efficacia anche nella gestione di beni e attività culturali e che sostengono la necessità di avere una normativa specifica per le imprese culturali e creative; di misurare correttamente i livelli di qualità dei musei e delle imprese culturali (dai bilanci ai servizi) anche per l’individuazione di risorse per il sostegno di questo comparto così rilevante per l’economia del nostro Paese. Le sfide aperte in questo campo sono molte a partire anche da un sempre maggiore coinvolgimento dei privati che, grazie a strumenti come Art bonus, sta crescendo. Ma anche questi strumenti sottolinea Federculture vanno ampliati e incentivati il più possibile in tutto il Paese poiché i dati ci
dicono che se è vero che le erogazioni da Art bonus hanno raggiunto e superato i 264 milioni di euro, è anche vero che per oltre l’80% questi finanziamenti sono concentrati nel Nord del Paese. L’impegno per la crescita del settore culturale deve, dunque, essere congiunto e condiviso in tutti i livelli di responsabilità istituzionale, pubblica e privata.
«Le sfide della contemporaneità, dell’innovazione tecnologica e digitale, la sfida della competizione internazionale richiedono un Paese più reattivo anche in ambito culturale – commenta il Presidente di Federculture, Andrea Cancellato –. Ci vuole una squadra, una Nazione che sia consapevole dei mezzi che ha, che li sappia riconoscere e li sappia usare (bene), che voglia credere nelle sue potenzialità. Le imprese culturali sono a disposizione, assumendosi per prime le responsabilità che gli competono, chiedendo agli interlocutori, dal Governo agli Enti Locali, dalle Imprese all’opinione pubblica, di fare altrettanto perché grazie alla cultura possiamo contrastare marginalità, povertà, analfabetismi e rendere migliore il nostro Paese, più accogliente e inclusivo, più forte nello scenario internazionale, più adeguato per affrontare le sfide che abbiamo di fronte. Lo faremo con spirito costruttivo, per partecipare alla costruzione di un’Italia che sia all’altezza della sua Storia, con cittadini di prima e di nuova generazione forti, istruiti e colti».
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