Formazione

Tutti i corsi del MIT liberi nella rete

Il Massachusetts Institute of Technology ha deciso di rendere accessibili sul web, e gratis, tutte le lezioni. Sono impazziti o hanno ragione loro? Di certo, l'Italia è lontana

di Carlotta Jesi

Per la legge della domanda e dell’offerta, è una pazzia. E forse anche per quella del buonsenso. Ma nel campus del Massachusetts Institute of Technology, il centro di eccellenza tecnologica più famoso del mondo, il 4 aprile nessuno si è stupito quando il rettore Charles Vest ha annunciato di voler lanciare gratuitamente su Internet tutto il materiale dei 2000 corsi offerti dal suo ateneo.
Proprio il giorno in cui il governo italiano ha approvato la nuova legge sull’editoria, gli studenti del Mit, che insieme pagano 26 milioni di dollari l’anno per il materiale che verrà presto regalato sul web, hanno dato una bella lezione a chi cerca di imbavagliare Internet dichiarando la decisione del loro rettore giusta e in perfetto “stile Mit”. Ossia innovativa e originale. Come i tratti distintivi di quest’università, che lo scienziato Barton Rogers ha fondato nel 1861 per dare all’America un centro di eccellenza in cui insegnamento, ricerca e risoluzione di problemi concreti procedessero di pari passo.
È passato oltre un secolo da allora, e il progetto di “open course” presentato il 4 aprile è il risultato dell’incontro fra la cultura che si respira da sempre al Mit e Internet. Charles Vest lo ha spiegato chiaramente all’Herald Tribune: «La nostra università ha sempre sostenuto che la conoscenza è un diritto di tutti. Per questo ci siamo battuti per l’open source, l’utilizzo di software liberi e gratuiti su cui non esiste il copyright. E, per questo, ora lanciamo l’open course: per i prossimi dieci anni i libri, il contenuto delle lezioni, e i testi degli esami relativi ai nostri corsi saranno a disposizione di tutti gli studenti e professori del mondo sul nostro sito Internet www.mit.edu». Costo totale dell’operazione: 100 milioni di dollari. Più gli svariati miliardi cui il Massachusetts Institute of Technology rinuncia, divulgando gratuitamente in rete il materiale didattico che il mondo gli invidia.
Proprio mentre l’industria e molti altri grandi atenei stanno investendo sulla formazione a distanza via web, che i dirigenti del Mit siano improvvisamente impazziti? Difficile. L’università ha chiuso il 1999 con un miliardo e 300 milioni di dollari di fatturato. Forse, più che miopi, i suoi dirigenti sono ancora una volta più avanti degli altri. Dalla condivisione della conoscenza, dopo tutto, hanno già tratto grandi guadagni negli anni Sessanta, quando per primi introdussero nei corsi di laurea lo studio dei computer e dell’intelligenza artificiale e, invece di imporre il copyright sul contenuto delle lezioni, invitarono gli studenti a portare i loro appunti nelle altre università d’America e anche sul mercato. Creando così lavoro per i cervelloni che formavano nelle loro aule.
Che questo progetto di open course sia mosso da considerazioni simili? Sì, ha confermato il professor Vest durante la conferenza stampa di presentazione del progetto: «Far circolare le informazioni è molto più utile che tenerle bloccate o segrete. Prendiamo il movimento del software libero, per esempio: ha stimolato la curiosità e il mercato molto più dei sistemi operativi chiusi. Con la conoscenza sarà la stessa cosa. La stiamo stimolando senza svendere il vero valore della nostra università: e cioè l’atmosfera unica che si crea con l’interazione continua fra studenti e insegnanti».
Il confronto diretto con i professori del Mit è, infatti, l’unica cosa che gli internauti non troveranno sul sito Internet dedicato agli open course che l’università sta costruendo: una porta d’accesso al sapere che sarà probabilmente divisa in grandi aree tematiche corrispondenti alle materie insegnate, per facilitare la ricerca del corso desiderato e lo scaricamento sul proprio computer del materiale didattico relativo. Lezioni, testi degli esami e appunti degli studenti saranno disponibili in quasi tutti i formati, assicurano per il momento dal sito del Mit www.mit.edu i responsabili del progetto OpenCourse.
A volerlo ascoltare, insomma, il messaggio che arriva dal campus di Cambridge, Massachusetts, è forte e chiaro: sostenere la libertà di Internet, e con essa il libero accesso a tecnologie e infrastrutture, non va contro le leggi del mercato. Una provocazione da hacker più che da studiosi plurilaureati? Forse, ma da hacker etici e illuminati. Come quelli che, negli anni Sessanta, proprio nell’Artificial Intelligence Laboratory del Mit stilarono i principi dell’etica hacker: l’accesso ai computer deve essere illimitato e completo, tutta l’informazione deve essere libera, i computer possono cambiare la vita in meglio. Non è strano? Su questi principi il Massachusetts Institute of Technology e l’America hanno costruito il progresso; noi, invece, processi alle streghe e leggi incomprensibili.
Info:www.mit.edu

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