Volontariato

Tutti i cattivi affari di Capitalia. Chi di Parmalat ferisce

Il gruppo bancario, coinvolto nella caduta libera dell’azienda di Tanzi e nel crac Cirio, da tre anni è anche ai vertici della classifica delle cosiddette banche armate.

di Benedetta Verrini

Non di solo latte, si potrebbe dire in questi giorni pensando a Capitalia. L?importante gruppo bancario, nella bufera per il crac Cirio e per l?affaire Parmalat, risulta essere anche tra i più coinvolti nel commercio delle armi. Di Capitalia fa parte, prima di tutto, la Banca di Roma. Lo storico istituto, che faceva parte dell?Iri, ha un fortissimo legame con l?industria bellica italiana e risulta da tempo nell?elenco delle cd. Banche armate. I dati del Tesoro Nell?ultima relazione del ministero del Tesoro, prevista dalla legge 185/1990 e pubblicata nell?aprile 2003, proprio Banca di Roma è risultata la terza nella classifica degli istituti che appoggiano le industrie delle armi attraverso i loro servizi finanziari (sostanzialmente, ricezione di bonifici dai Paesi acquirenti, ma anche apertura di linee di credito e altri servizi). L?istituto romano ha chiesto al Tesoro autorizzazioni, per concludere le operazioni riguardanti materiali d?armamento, per un importo pari a 98,4 milioni di euro (il 13,4% del totale della movimentazione del 2002). L?hanno preceduta, in classifica, il Banco Bilbao Vizcaya (con autorizzazioni per 218 milioni di euro) e la Banca nazionale del lavoro (con 137,7 milioni di euro). Protagonista assoluto Se nel 2002 è arrivato solo terzo, nel 2000 e nel 2001 Capitalia è stato protagonista assoluto. Nel 2000 attraverso la controllata Banco di Sicilia, che aveva ottenuto una sola autorizzazione per un affare da 264 milioni di euro (una commessa di Agusta-Finmeccanica per 30 elicotteri A109 al Sudafrica, che da sola rappresentava il 30% di tutte le esportazioni di quell?anno). Sommando a questa le autorizzazioni ottenute, sempre in quell?anno, dalla Banca di Roma (pari a 128,5 milioni di euro), Capitalia aveva complessivamente totalizzato 392,5 milioni di euro di importi autorizzati, precedendo altri colossi come il Gruppo Banca Intesa (233,2 milioni di euro complessivi, derivanti in gran parte dalla Commerciale italiana), Unicredit (116,2 milioni di euro, quasi tutti del Credito Italiano: dopo l?annuncio dell?uscita dal business delle armi, il gruppo sta infatti smaltendo vecchie commesse), Bnl (87,8 milioni di euro) ed altri. Partner arabi e asiatici Non di solo latte, dunque. Capitalia è rimasto in pole position nella relazione sulle armi anche l?anno successivo, il 2001. E sempre per effetto di un?acquisizione: nel maggio del 2002 è entrata nel gruppo Bipop Carire. Che, guarda caso, era in cima alla top delle ?banche armate? 2001. Bipop aveva infatti appoggiato la maggior commessa dell?anno: una fornitura di 20 elicotteri A109 Agusta-Finmeccanica alla Svezia, per un valore di 128 milioni di euro. L?importo autorizzato a Bipop Carire era, nello specifico, per 118 milioni di euro che, sommati a quelli di Banca di Roma (71 milioni di euro) e Banco di Sicilia (1 milione di euro, più 41 solo segnalati dall?autorizzazione dell?anno precedente), portava il gruppo Capitalia a coprire un terzo di tutte le operazioni bancarie relative all?export di armi dell?anno: 190 su 610 milioni di euro. Con quali Paesi stranieri committenti intrattiene le migliori relazioni? Restando alla Relazione 2003, Banca di Roma ha ottenuto il maggior numero di autorizzazioni per commesse d?armi con Kuwait, Egitto, Taiwan, Singapore. Non di solo latte, insomma. Il risparmio responsabile non abita qui.


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