Politica

Tutti i casi del dopo voto

Numerosi gli approfondimenti di analisi del voto amministrativo. La panoramica dei giornali oggi in edicola

di Stefano Arduini

Il dopo amministrative tiene banco sui quotidiani di oggi. Interessanti in particolare le numerose analisi territoriali. Da Sassuolo a Milano, passando per Padova e Prato.



“Veneto, Milano e la lotta ai clandestini. La Lega ora detta le condizioni al Pdl” titola il CORRIERE DELLA SERA a pag 11 aprendo i servizi dedicati all’analisi del voto amministrativo. Galan, governatore del Veneto: «Se la Lega vuole contarsi fino in fondo, benissimo: contiamoci. Vedremo per davvero cosa fa il Carroccio quando corre da solo. Io, di questo gioco sono stufo marcio. Raso». Formigoni, parigrado in Lombardia: «Se qualcuno vuole scommettere punti sull’uno fisso». Ovvero – spiega il CORRIERE – su lui stesso. Sul tavolo ci sono «tutte le presidenze del Nord-nazione che vanno a scadenza l’anno venturo. E la Lega ne pretende addirittura tre». Spiega Calderoli: «Abbiamo un quarto dei voti della coalizione, un terzo dei voti del Pdl. Quindi se l’anno prossimo si vota in tredici regioni, ne vogliamo noi almeno tre del nord». Il quotidiano milanese punta la lente anche sul risultato di Prato passato al Pdl dopo 63 anni di sinistra: “Prima mossa di Cenni: «Ora a Prato lotta contro i cinesi abusivi»”. Un ribaltone storico che il centro toscano condivide con l’ex feudo rosso Sassuolo (“La Sassuolo dell’era del Pdl: aiuti a chi assume gli italiani”). A Milano occhi puntati invece su “le pasionarie di Pd e Lega: «Noi ascoltiamo la gente»”. Il riferimento è a Daniela Gasparini, per la terza volta sindaco di Cinisello Balsamo («In città conosce tutti per nome e si ferma per strada a raccogliere la cartaccia gettata a terra», dice Penati) e Marina Romanò, primo cittadino di Cesano Maderno («per vincere serve una lunga militanza nel partito, esperienze amministrative, conoscenza del territorio»). Infine dalla prima con rimando a pag 17, “Deserto rosso dal Ticino a Trieste”, Dario Di Vico analizzata il tradimento della sinistra da parte di artigiani e coop: «Lombardia e Nondest che producono il 34% del Pil diventano zona no left».

LA REPUBBLICA alle ricadute del voto dedica tre pagine, dalla 9 alla 11. Si comincia con Milano: “Nord, la Lega esulta e assedia la Moratti”. «Siamo determinanti, vogliamo di più», dicono i colonnelli bossiani. Si parla dell’oggi avendo in mente le future elezioni regionali: oltre la presidenza del Veneto vorrebbero quella della Lombardia. Il Pdl , scrive Rodolfo Sala, tenta come può di respingere gli assalti. Il vicesindaco De Corato, ad esempio: «Non si capisce l’attacco della Lega che spara a zero in modo del tutto ingiustificato sul sindaco e sulla giunta comunale di cui peraltro fa parte». Il neo presidente Podestà a parole difende la Moratti («si è molto spesa in campagna elettorale») ma il primo appuntamento lo prende con il plenipotenziario della Lega a Milano, Matteo Salvini (che gli chiede 3 assessorati, la vicepresidenza della giunta e la presidenza del consiglio provinciale). In appoggio intervista a Galan: “Chiedano pure cento poltrone ma da soli non vincono niente”. Nel titolo il succo dell’intervista, cui aggiungeremmo una breve citazione come summa di eleganza: «Preferirei di gran lunga impegnarmi di qui alle elezioni regionali a proseguire l’azione di buon governo. E anche ad annientare le sacche di resistenza del centrosinistra in qualche roccaforte che gli è rimasta nel Veneto». Segue una pagina doppia sul Pd dopo le elezioni: “Franceschini e Bersani decisi nessun rinvio del congresso”. Sarà in ottobre. Prodi sostiene che è una buona notizia, mentre Anna Finocchiaro propone una terza via: il governo è in crisi, l’economia non va, occupiamoci del paese invece che perdere tre mesi in una discussione nominalistica. Massimo Cacciari intervistato da Carlo Brambilla sostiene invece che si vada subito a discutere di nuovi candidati e di nuove idee. La nostra generazione ha fallito, afferma, si faccia da parte.

Bel reportage sul SOLE24ORE sulla Lega che parte in prima pagina e sfonda all’interno: Marco Alfieri racconta il voto del Nord. «Il Carroccio cresce un’altra volta nelle tradizionali zone bianche pedemontane», scrive, «Sfonda in Piemonte, penetra nell’ex quadrilatero ulivista Pavia-Lodi-Cremona-Mantova, si insinua nella rossissima Toscana, esonda sulla via Emilia». Ma più interessante, continua, è «capire la nuova Lega laburista uscita dal voto», la sua «capacità egemonica sul territorio al tempo della grande crisi globale: imprenditori e lavoratori insieme: il vecchio sogno di Walter Veltroni». All’interno, “L’urna premia la Lega dei produttori”: ancora si sottolinea con forza che il partito di Bossi miete successi trasversali, diventando di fatto una sorte di «sindacato del territorio» (incisiva definizione). Esempio simbolico? A Mirafiori come alla Iveco di Brescia spuntano le cellule di sindacalisti leghisti a fare concorrenza alla Cgil. In taglio medio, “A Prato decide il fattore Cina”, ovvero perché il Pd ha perso la città toscana: qui vivono 18mila cinesi regolari e almeno altri 35mila irregolari che lavorano giorno e notte a nero. «Votavo Pci, come tanti qui a Prato», dice un “uomo della strada”, l’edicolante della piazza centrale intervistato dal SOLE, «ma poi mi sono trovato l’abitazione circondata da officine fuori regola gestite da cinesi, e quando mi sono rivolto al Comune per far rispettare la legge mi sono sentito di dire che avevo atteggiamenti razzisti». Era il 1992, e da allora l’edicolante vota Lega.

Nelle pagine di politica LA STAMPA analizza alcuni profili dei vincitori e i contesti nei quali è avvenuta la sfida elettorale. In primo piano tre casi: Bologna, Prato e Alba. Il quotidiano dedica ampio spazio al neosindaco di Bologna Flavio del Bono, fedelissimo dell’ex premier Romano Prodi, che ha vinto con una coalizione d’ispirazione ulivista: «Dopo 10 anni, la verità è che Prodi è tornato a casa a tutti gli effetti. Anche a Palazzo d’Accursio» scrive l’inviato de LA STAMPA.
A Prato Roberto Cenni è sindaco di centrodestra dopo 63 giunte di sinistra. A pesare è stata la presenza della comunità cinese. A Prato in sette anni si sono persi 15 mila posti di lavoro, quasi tutti nel tessile, «cinquemila aziende hanno chiuso» scrive l’inviato de LA STAMPA «la crisi, la globalizzazione, sì, ma – sostiene la destra -soprattutto la concorrenza sleale di cinquemila, sommerse, imprese cinesi». In campagna elettorale il centrodestra ha cavalcato anche il malcontento per la legge del presidente della regione Toscana Martini che riconosce i diritti sociali degli immigrati. «La legge regionale di Martini» dice il neosindaco «che mette in cinesi in graduatoria per tutti i servizi sociali, col solo requisito di stare sul territorio, è stata per loro (i cittadini italiani di Prato) la mazzata definitiva».
“Il sindaco di periferia che ha sbancato i notabili” è il titolo di un ritratto del nuovo sindaco di Alba Maurizio Marello: «43 anni, cattolico del Partito democratico, nato nel quartiere popolare Musotto, condomini e vecchie cascine sul limitare delle colline» scrive l’inviato de LA STAMPA. Ha sfiorato il 58% e nessuno degli assessori uscenti del centrodestra è stato rieletto in consiglio comunale. «La nostra forza è stata ripartire dal basso, tornare fra la gente, ascoltare i loro problemi e parlare di cose concrete» spiega il neosindaco, una stori da dirigente delle Acli, militante popolare e poi della Margherita. Marello non è un outsider, anche se la sua candidatura è partita dal basso e non dai vertici nazionali: «I partiti, il loro essere una scuola di buona amministrazione e uno strumento per trasmettere valori sono l’unica via d’uscita alla crisi della politica» dice. «Sarò vecchio, ma i personalismi e i personaggi salvifici non mi hanno mai convinto».

Il dopo voto è analizzato da IL MANIFESTO con un articolo che prende l’avvio in prima e prosegue nelle due pagine interne dedicate al tema. Matteo Bartocci nell’analisi osserva, sotto il titolo “La sconfitta dei due partiti”, «Un terremoto che ridisegna da Nord a Sud la geografia del potere politico locale e seppellisce definitivamente la suggestione che i due partiti maggiori, Pd e Pdl, possano essere autosufficienti dalle altre forze come la Lega, l’Udc e l’Idv e sì, persino, la sinistra (…) È una Caporetto che di fatto spazza via quasi completamente il Pd e i suoi alleati dal Lombardo Veneto e fa sparire la vecchia Quercia con la sua “millenaria” tradizione di amministratori locali. Nella “sfide simbolo” di queste amministrative tutti i candidati vincenti sono o di provenienza cattolica (Renzi, Saitta, Delbono) o “fenomeni atipici” (Emiliano). Al ballottaggio sulla scheda ci sono le persone, non i partiti (….) Debole il Pd. Ma debole anche il Pdl». Quattro le indicazioni di fondo: i partiti leggeri non esistono più come dimostra la vittoria della Lega; il Carroccio ha vinto e acquista una rendita di posizione che farà valere nelle prossime sfide regionali; l’astensione ai ballottaggi sanziona i candidati sgraditi e il Pd dove vince non vince mai senza la sinistra «Il caso Penati insegna». Infine Pd e Pdl «non sono autosufficienti e, visto il fallimento del referendum, mai lo saranno». Un altro articolo analizza la posizione della Lega nel Lombardo Veneto. «Con la Lega si vince. E non solo: “la” Lega vince. Purtroppo. (…). Il dato è incontrovertibile: dove il Carroccio si è impegnato “a fondo” nella campagna elettorale, il centrodestra ha stravinto, anche in luoghi più o meno “ostili”. Dove l’appoggio leghista è stato “tiepido”, invece no. Vedasi la provincia di Torino. (…) A differenza della provincia di Venezia dove la Lega si giocava una partita che andava ben oltre la semplice conquista della presidenza. (…) Discorso a parte merita la Provincia di Milano: qui il candidato pidiellino Guido Podestà non è mai piaciuto molto al Carroccio (…) E non è un caso che il primo commento del Senatur dopo la soffertissima vittoria meneghina sia stato proprio “è merito nostro. A Milano non ha perso nessuno, ma il candidato di Berlusconi, nonostante fosse quasi uno sconosciuto, è stato votato dalla gente perché era sui manifesti insieme a me e al premier”». L’articolo si conclude con uno sguardo al futuro e alle pretese leghiste su tre regioni: Veneto, Piemonte e Lombardia. «La Lega non ha mai nascosto il desiderio di vedere un leghista al Pirellone. A quel punto ci sarebbe da “ricompensare” un personaggio “ingombrante” come Roberto Formigoni. Che ieri scommetteva secco sulla sua riconferma. Ma, con una Lega a forza nove come quella uscita dalle urne, nulla è certo. A meno che, a fare da “agnello sacrificale”, non sia il sindaco milanese Letizia Moratti, sempre più invisa al Carroccio».

IL GIORNALE dedica all’analisi “territoriale” del voto le pagine da 8 a 11, che in qualche modo servono a suffragare il titolo sulla fotonotizia di prima (“Deliri dopo il voto. Se questo è il vincitore, con Franceschini con la faccia scura”). Si apre con un’analisi di Peppino Caldarola (ex direttore dell’Unità) “La Margherita divora i Ds: il Pd si sveglia democristiano”: «Alle amministrative trionfano i bianchi Renzi e Delbono. Sconfitti gli ex Pci. Nel partito il malessere è sempre più forte». Poi focus su una serie di roccaforti di sinistra conquistate dal centrodestra:  Sassuolo (“E il figlio del ceramista cancellò l’era bulgara”), Orvieto (“Il manager abbatte il muro”), Prato (“Tessile, crisi, cinesi. Così dopo 63 anni la sinistra perde Prato”). Poi il caso della Provincia di Milano, con il commento di Michele Brambilla che parte dalla prima: “Ecco perché a Milano il centrodestra trionfa (anche se fa il Tafazzi)”. Scrive Brambilla: «La vittoria è stata esigua: forse la più esigua fra tutte quelle conseguite dal centrodestra in queste amministrative». Però, secondo Brambilla, bisogna tener conto del fatto che «la provincia di Milano è storicamente una provincia di sinistra. O meglio, molto più di sinistra che di destra». E che con il distacco di Monza e Brianza il Pdl ha perso un grosso serbatoio di voti: «Se dunque il centrodestra ha strappato una provincia tradizionalmente difficile, e l’ha strappata senza più l’enorme serbatoio di voti di Monza e Brianza; se ha vinto nonostante il non proprio travolgente entusiasmo (diciamo così) di An e Lega per il candidato Guido Podestà; se ha vinto nonostante un assenteismo da week end estivo presumibilmente più penalizzante per i suoi elettori che non per quelli del centrosinistra; se ha vinto contro un candidato obiettivamente forte e capace come Penati; se insomma le cose sono andate così – e sono andate così – forse il caso Milano va guardato con occhi diversi da quelli dei Candido della sinistra e dei Tafazzi della destra». La panoramica si chiude con Mogliano Veneto (dove Giovanni Azzolini è passato dal centrosinistra alla Lega e ha vinto) e con Cremona (altra roccaforte del centrosinistra espugnata), con un’intervista al nuovo sindaco Pdl Oreste Perri, ex campione mondiale di canoa.

A parte un editoriale di Sergio Soave in seconda pagina dedicato e alla debacle referendaria (la tesi: «Forse sono proprio i referendari di professione, dediti al tecnicismo politico e non all’agitazione di temi realmente legati all’interesse generale, i primi responsabili del decadimento di un istituto di democrazia diretta , del quel hanno abusato fino a renderlo ostico a una larghissima maggioranza di italiani. Con l’effetto paradossale, che si è verificato in quest’occasione, di non lucrare partecipazione dall’abbinamento con altre consultazioni, ma al contrario di distogliere una quota di elettori anche da queste»), AVVENIRE dedica alle elezioni la pagina 9: “Voto amministrativo a due facce”. Eccetto un’infografica che mostra come cambia la geografia del potere locale con due piantine dell’Italia, la mappa prima del voto e la mappa dopo il voto, quello che segue è un’analisi del voto più che una riflessione sulle ricadute territoriali. Secondo Angelo Picariello, il centrodestra «ha le sue brave ragioni per felicitarsi», ma «il centrosinistra, limitandosi ai ballottaggi, ha le sue ragioni per consolarsi. Infatti la gran parte delle “perdite” era stata subita al primo turno, e allora, ai punti, si può dire che al secondo turno ha vinto il centrosinistra». Che però, guardando al dato di partenza, incassa nel complesso una netta sconfitta, che ha le proporzioni delle cifre espresse dal premier a fine elezioni. Con un nota bene: «al ballottaggio, il centrodestra vince quasi sempre per un soffio, ma dove perde, perde in molti casi di brutto. E in molti casi risulta decisiva l’Udc». Soprattutto alle provinciali Venezia, a beneficio del Pdl, come anche ad Alessandria e alle comunali di Cremona, Crotone e Prato. A beneficio del Pd, alle provinciali di Torino, Rieti, Brindisi e Taranto, e alle comunali di Bari, Foggia e Potenza. Poi, nelle pagine di Milano un pezzo sul neo presidente: “Podestà punta sulla sicurezza”. Giunte itineranti sul territorio, cospicua presenza femminile nella squadra, confronto col Carroccio per capire le loro richieste (oggi l’incontro con Salvini) e dialogo con l’Udc, questi i punti salienti del suo esordio.


L’analisi del voto di ITALIA OGGI  è a pagina sette nell’articolo «Un Pd federalista per il Nord»  articolo di Emilio Gioventù, che intervista Massimo Calearo. Il deputato analizza le ragioni del voto ed individua le problematiche da risolvere, al nord «dobbiamo assolutamente spostarci al centro e puntare sulle persone, sul partito del fare, sulle proposte, sulla vicinanza a quella profonda crisi economica che vivremo da settembre in avanti». Per Calearo è il momento di smetterla di filosoffeggiare e concentrarsi sui problemi degli italiani, dimenticando anche il gossip su Berlusconi che non interessa a nessuno. 


 
 
E inoltre sui giornali di oggi:

GOOGLE
CORRIERE DELLA SERA –  A Milano è in corso il processo contro Google, a causa di un filmato caricato sul motore di ricerca in cui un minore disabile veniva insultato da quattro compagni di scuola in un istituto tecnico torinese: sono quattro i dirigenti di Google accusati in concorso di diffamazione e violazione della privacy. Il processo è seguito (a distanza, perché Google non ha acconsentito a rendere pubbliche le udienze) dai corrispondenti del New York Times, Wall Street Journal e France Press


IRAN
LA REPUBBLICA – La condanna di Obama «Enormi dubbi sul voto»”. «Condanno con forza queste azioni inique», ha detto il presidente Usa mentre la situazione in Iran sta aggravandosi (rottura con la Gran Bretagna, dissidi fra ayatollah, Teheran presidiata da guardie armate). E ancora: «Gli Stati Uniti e la comunità internazionale sono sconvolti e indignati per le minacce, le violenze e gli arresti degli ultimi giorni…. Rispettiamo la sovranità della Repubblica islamica… Ma una parte considerevole della società iraniana considera queste elezioni illegittime… Abbiamo dovuto sopportare le brucianti immagini di una donna sanguinante e morente lungo la strada. Una perdita dolorosa che tuttavia ci insegna qualcosa: coloro che lottano per la giustizia sono sempre dalla parte giusta della storia».

LA STAMPA – “Obama alza la voce: Violati i diritti umani”. Il corrispondente da New York fa la cronaca della conferenza stampa del presidente Usa ieri alla Casa Bianca, «mirata» scrive «a recapitare messaggi espliciti alla Repubblica Islamica, ai manifestanti e anche al pubblico americano». «Se volete il rispetto della comunità internazionale» ha detto Obama rivolgendosi ai leader iraniani «dovete prima dimostrare di rispettare il vostro popolo». Ha parlato di «choc e indignazione» degli Usa e della comunità internazionale di fronte alle «minacce, le percosse e le detenzioni», ha ricordato la giovane Neda uccisa di fianco al padre durante la manifestazione e ha respinto le accuse di inteferenza: «il governo iraniano accusa la Cia di orchestrare i disordini. Sono accuse false, assurde». «Il popolo iraniano è in grado di parlare da solo».


ECONOMIA
LA REPUBBLICA – “Evasione fiscale da record nel 2009 già nascosti 13 miliardi”. Dopo la crisi globale è boom dei reati finanziari. Rispetto allo scorso anno l’incremento dell’evasione è del 10% (in tutto sarebbero 230 i miliardi dell’evasione, il 16% del Pil). Cresce anche la fuga dai versamenti Iva. I risultati consegnati ieri dalla Guardia di Finanza.  A pesare sul recupero dell’evasione c’è anche l’abolizione di alcune norme come la cancellazione dell’elenco clienti-fornitori e della  tracciabilità dei compensi professionali: porterà una inevitabile caduta di gettito. In appoggio intervista al tributarista Victor Uckmar: “Hanno abbassato la guardia su tracciabilità e studi di settore”.

SOLE24ORE – “Intesa san Paolo lancia il maxi-polo assicurativo”: nasce una compagnia con 8 miliardi di raccolta premi riunificando le varie società ereditate dalle recenti aggregazioni. La decisione ieri a Torino, presa dal duo Bazoli-Salza, che porterà alla creazione di una sola compagnia assicurativa al servizio degli sportelli bancari del gruppo e a una compagnia vita al servizio dei promotori finanziari di Banca Fideuram. E l’Antitrust che dice? Si prenderà qualche mese per decidere.


G8
LA STAMPA – “Bill Gates chiede un maggiore impegno per l’Africa”. Fotonotizia nella pagina sul G8 che ritrae l’ex fondatore della Microsoft con Gianni Letta. Gates ha incontrato Berlusconi per discutere gli investimenti in salute e sviluppo globale e del prossimo vertice de L’Aquila. “Bertolaso: il G8 a prova di terremoto” è il titolo dell’articolo di apertura. Il capo della protezione civile garantisce la sicurezza degli edifici che ospiteranno il G8: la Scuola della guardia di finanza dell’Aquila e  il complesso di Coppito, alla periferia del capoluogo abruzzese, dove dormiranno tutti i capi di stato e di governo che parteciperanno al vertice, anche Obama ha comunicato l’amministrazione Usa. Per lui è stato allestito un campo da basket, «considerato che è una sua passione».

IL MANIFESTO
– «Noi non ci saremo» è il titolo dell’articolo che à notizia del fatto che dall’estero non ci sarà nessuna mobilitazione anti G8, ed è la prima volta dal 1984. «Non si preoccupino il ministro Maroni e il capo della polizia Manganelli. Nessuna “orda no-global” si appresta a valicare i patri confini in vista del G8 dell’Aquila. E certo non perché gli attivisti anti-globalizzazione d’oltralpe siano terrorizzati dai controlli frontalieri rimessi in piedi grazie alla sospensione del trattato di Schengen che scatterà nei prossimi giorni. “Sarà un anti-G8 tutto italiano”: questa l’impressione che rimbalza da Parigi, a Berlino, a Londra tra quei gruppi di attivisti che in passato hanno partecipato in massa alle mobilitazioni (…) I grandi gruppi organizzati che negli anni passati avevano organizzato pullman e treni per portare sostenitori alle proteste hanno già dato tutti forfait (…) A tenersi alla larga dalle proteste contro il G8 saranno pure i contingenti nazionali di Attac, che dal 1998 in poi non avevano mancato una protesta globale sul territorio (….)». L’articolo si conclude: «Ma dietro la prudenza e il rispetto per le decisioni prese nelle assemblee degli ultimi giorni si avverte l’incredulità per quanto poco sia rimasto del movimento anti-globalizzazione ad appena otto anni da Genova, se non le lacerazioni aperte tra le diverse anime del movimento in Italia e le ferite mai rimarginate di quegli attivisti internazionale che, passati per la “macelleria” della Diaz e di Bolzaneto, si sono ripromessi di non rimettere mai più piede in Italia».


BIOETICA
AVVENIRE – “Fine vita, si riparte alla Camera. Sacconi: da settimana prossima esame in commissione. L’alimentazione resta un sostegno vitale non disponibile”. Un’intervista al ministro, in cui auspica tempi brevi per il sì definitivo alla norma. E ai medici ricorda che non potranno applicare in modo automatico le dat. A Francesco Riccardi che gli chiede se questa sia davvero una priorità data la crisi che corre, Sacconi risponde: «Le società occidentali hanno necessità di ridare “peso” ai valori, a partire da quello della vita. Se non saremo capaci di ridare il giusto primato alla tutela della vita e rimettere al centro la persona, non usciremo neppure dalla crisi… Quelli della vita e dello sviluppo economico sono temi molto più collegati di quanto non si pensi». Inevitabile, poi, la domanda sulle cure palliative e la mancanza di copertura della legge: «Non è così», ha detto il ministro. «Per le cure palliative ci sono 100 milioni. La discussione si è bloccata su circa 3 milioni relativi alla creazione della rete degli operatori. Ma è una questione che attiene all’efficienza del sistema. Non a caso nelle regioni efficienti le cure palliative si fanno già, nelle altre a mancare non sono i fondi…». 


DEMOGRAFIA
AVVENIRE – “Città un po’ più vuote. E cresce la provincia”. Uno spaccato del nuovo Belpaese che raggiunge ormai quota 60 milioni di abitanti: nel bilancio demografico nazionale è sempre cruciale l’apporto delle famiglie straniere, ma cresce la natalità anche fra le coppie italiane. Insieme alla propensione alla mobilità. Si registra una grande fuga dalle sei metropoli italiane con più di 500mila abitanti (10.714 persone in meno) mentre cresce la popolazione nei comuni con meno di 5mila abitanti (65.794 residenti in più in un anno). C’è poi un’intervista al demografo Gian Carlo Blangiardo. Il succo è che i comportamenti riproduttivi degli stranieri col tempo tendono ad avvicinarsi a quelli degli italiani: non saranno loro a «riempire le nostre culle vuote», per invertire la tendenza demografica in calo occorrono politiche sociali più efficaci.


BERLUSCONEIDE
ITALIA OGGI – Il quotidiano economico prende posizione con il titolo d’apertura “L’inchiesta che non c’è” seguito dall’editoriale di Franco Bechis che sottolinea come tutta la vicenda non sia altro che «cronaca rosa». Duro attacco a Repubblica e al suo direttore Ezio Mauro che per Bechis «saranno convinti di aver pubblicato da un mese a questa parte la madre di tutte le inchieste. Ma i risultati sono lì a dire il contrario» e ancora, dopo l’unico vero colpo giornalistico targato Corriere con l’intervista alla D’Addario Bechis rinacara «con tutti i cani da tartufo che Mauro ha a disposizione ci si aspettava di meglio». In conclusione per il direttore Berlusconi non pensava ad altro che a riuscire a conquistare la ragazza con uno sguardo. Nulla di più.


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