Politica

Tutti gli amici di Gino Strada, il preferito dei vip

Ha amici anche nel Polo, e Formigoni è un suo sostenitore. Teatri, stadi e case discografiche sono piene di suoi fan. Ecco quali, e perché

di Ettore Colombo

Lella Costa gira con un fazzoletto bianco legato alla bicicletta. Milly Moratti lo porta come un foulard, i ragazzi alternativi a mo? di bandana. La regina dei salotti milanesi Lina Sotis organizza serate pro Emergency, il giovane senatore dei Verdi (e alfiere del mondo no global) Francesco Martone si sposa e la lista nozze la fa chiedendo di donare soldi a Emergency. Via Internet sono settimane che gira nelle caselle di posta di mezz?Italia la campagna di Emergency ?Uno straccio di pace?. Sarà un vezzo, sarà una moda, servirà a lavarsi la coscienza, ma certo è che gli amici di Emergency sono molti, tanti di loro hanno bei nomi e ci credono. Il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni sosterrà con cento milioni il progetto del centro medico di Emergency nel Panshir, il consigliere comunale di Milano (partito Forza Italia) Giovanni Terzi ha proposto Strada per l?Ambrogino d?oro, massima onoreficenza cittadina, nel centrosinistra non c?è un partito politico che non simpatizzi per lui. Certo, quelli a favore della guerra un po? meno, quelli contro ben di più. Nell?area dei no global, poi, per Emergency c?è una sorta di venerazione. La stessa cosa non si può dire per quanto riguarda il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi che, a Camere riunite, ha definito Gino Strada «un medico integgerrimo, ma dalle idee confuse». Strada gli ha risposto dalla sua ?comoda amaca?, come la chiama lui stesso, con vista sulla valle del Panshir, dove si trovava fino a pochi giorni fa (ora è a Kabul): «Non mi sento americano più di quanto non mi sento afghano». Punto. Gino Strada da lì comunica attraverso un telefono satellitare, un sito Internet e un bollettino dell?associazione che si chiama così, Emergency. Ma il logo dell?associazione, la ?E? rossa chiusa da un cerchio, in Italia è dappertutto: sul frigorifero della trasmissione della Gialappa?s Band, Mai dire Grande Fratello, in onda su Italia Uno, la rete Mediaset di tendenza, come sulle campagne pubblicitarie del Manifesto, al cui ufficio pubblicità spiegano: «Quest?anno chi si abbona al giornale aiuta Emergency a costruire un ambulatorio in Sierra Leone». Poi ci sono Elio e le storie tese che, come altri, nel loro tour raccoglieranno fondi per Emergency, anche se in campo musicale insuperabile resta il successo del trio Jovanotti-Liga-Pelù che, più che una canzone, scrissero un inno contro la guerra, Il mio nome è mai più: mezzo milione di copie e il ricavato a Emergency. Allora si trattava della guerra in Kosovo ed Emergency prese una posizione dura sia contro la guerra della Nato che contro i metodi con i quali venivano spesi i soldi della Missione Arcobaleno. In quel caso a irritarsi fu D?Alema, oggi è Berlusconi. Ma il ruolo d?ospite d?onore al Maurizio Costanzo show, Strada l?ha mantenuto, come quello ai talk show di Vespa e Santoro. Ma da dove nasce la forza comunicativa di Emergency? E come ha sfondato? Lella Costa, in teatro con Precise parole e, naturalmente, banchetto di Emergency nel foyer, è un?amica di famiglia: di Gino, della moglie Teresa Sarti, presidente di Emergency, della figlia Cecilia. Ricorda Lella: «Vidi Gino parlare in televisione, tanti anni fa, e ne rimasi folgorata. Nel 1996 decisi che una parte dei proventi del mio spettacolo di allora, che non a caso si chiamava Stanca di guerra, sarebbero andati a Emergency. Da allora, sto con loro e ne sono fiera. L?anno scorso usai un pezzo del mio spettacolo per introdurre il videodocumentario di Emergency Jung: si tratta di Come fanno a dormire e si chiede come fanno a dormire quelli che fabbricano le mine anti uomo o che sganciano le bombe a grappolo». Se chiedi a Lella Costa perché Emergency ha avuto tanta fortuna, la risposta è di una semplicità disarmante: «Perché loro le cose le fanno davvero. Gino è rigidissimo: non vuole visionari o fanatici della pace, ma persone preparate, medici specializzati». Maso Notarianni, 35 anni, giornalista, è appena tornato dal Panshir, dove ha lavorato con una grande firma del giornalismo italiano, il corrispondente di guerra de La Stampa, Giulietto Chiesa e una grande firma della satira, Vauro, il vignettista del Manifesto, altri due amici per la pelle di Emergency (loro il libro, da poco pubblicato dalla Guerini, Afghanistan anno zero, prefazione di Strada e diritti pro Emergency). Ora sta dando una mano a Teresa e Cecilia Strada, a Ketty e a Giovanna, per migliorare il sito dell?associazione (www.emergency.it) e aggiunge: «Perché ti stupisci? È proprio questo che vince, di Emergency, la cultura del fare. Gli altri parlano, Emergency fa. Eccolo, il segreto del successo». Certo è che Emergency, di fatto, fa anche politica e non perché simpatizza per questo o quel partito (ma fan di Strada è Fausto Bertinotti, che dice: «In Emergency c?è un moderno principio di civiltà umana e un senso del valore della vita che è la testimonianza pratica della superiorità della pace e della solidarietà contro la guerra e il liberismo»), ma perché rifiuta di piegare l?aiuto umanitario a fini militari o ideologici. Inoltre, Emergency piace e ha sfondato perché ha riunito al bar, come dice Gino Strada nel suo libro Pappagalli verdi, quattro amici che contano: da Moni Ovadia a Dario Fo, da Carlo Feltrinelli a Massimo Moratti, da Candido Cannavò a Gianni Mura, da Zuzzurro e Gaspare ad Aldo, Giovanni e Giacomo, dal giro di Smemoranda allo Zelig, da Ricky Gianco ad, appunto, Jovanotti, Ligabue e Piero Pelù, dall?Inter (con relativo appello firmato da mezzo mondo dello sport), al Milan. Nel senso della squadra, non certo del presidente.


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