Welfare
Tutti giù per terra, inizia la terapia
Trecento bambini con gravi disabilità l'anno, di cui il 70% con disturbi del neurosviluppo. Per lavorare con loro, il reparto di Neuropsicomotricità dell'Età Evolutiva del Centro Don Gnocchi S. Maria della Pace di Roma ha scelto il DIRFloortime. Tra le attività innovatove, anche la lettura ad alta voce: «Così evitiamo “la catastrofe precoce", perché gli effetti di questa deprivazione di stimoli sono permanenti sullo sviluppo del sistema nervoso centrale»
Tutti giù per terra, inizia la seduta di terapia. Nel reparto di Neuropsicomotricità dell’età evolutiva del Centro Don Gnocchi S. Maria della Pace di Roma, è normale trovare il terapista, il bambino e il genitore tutti sdraiati su un tappeto. È il metodo “DIRFloortime”, alla lettera “terapia sul pavimento”, adottato dal Centro per il trattamento dei bambini con spettro autistico: «Il pavimento fornisce all’adulto la possibilità di posizionarsi all’altezza dello sguardo del bambino e questo favorisce la sintonizzazione emotiva, lo scambio ludico e la comunicazione. L’approccio prevede il confronto costante con i genitori e la loro presenza alle sedute di trattamento, in modo da supportare la famiglia nella lettura di comportamenti del bambino e nella interazione con lui», spiega Laura Iuvone, neuropsichiatra infantile, responsabile del servizio. Da pochissimi giorni il reparto – fiore all’occhiello del Centro di S. Maria della Pace, con circa 300 bambini con gravi disabilità seguiti ogni anno, di cui il 70% per disturbi del neurosviluppo, spettro autistico in primis – ha una nuova collocazione fisica, con tutti i servizi pediatrici riuniti in un unico edificio immerso nel verde, con ambienti a misura di bambino.
Il Modello DIRFloortime, spiega la dottoressa Iuvone, nasce negli anni ‘70 e si fonda su tre pilastri: «Le componenti principali sono racchiuse nell’acronimo DIR. D come Developmental, dice che il metodo è basato sullo sviluppo del bambino e rispetta le tappe evolutive umane, I come Individual Differences cioè che riconosce l’importanza delle differenze individuali che distinguono una persona dall’altra e non offre interventi uguali per tutti, R per Relationship based. Il costrutto di base è quello di fornire basi solide per la costruzione di competenze via via più evolute: si parte dal profilo individuale del bambino, dal modo in cui il bambino si approccia all’ambiente circostante, si fa una valutazione delle sue competenze e delle sue difficoltà e si costruisce una ipotesi di intervento che coinvolge medici, psicologi, terapisti della riabilitazione e del linguaggio. Le neuroscienze ci hanno dato negli ultimi anni elementi importantissimi su come i bambini costruiscono competenze nello scambio con gli adulti, ovviamente tramite il gioco».
Tutta la Fondazione Don Gnocchi ha adottato questo modello, con un grande investimento formativo sugli operatori. Un’altra caratteristica del DIR è che richiede la partecipazione attiva dei genitori: «La loro presenza in trattamento è fondamentale anche per loro, per decifrare meglio i segnali comunicativi del figlio. Per un bambino con disturbo dello spettro autistico non è facilissimo manifestare bisogni desideri, pensieri , è l’adulto che inizialmente deve essere pronto a decifrare segnali e dare risposta, solo sulla base di questa dinamica si può costruire la comunicazione», continua Iuvone.
Stare a tappeto è fondamentale per agganciare lo sguardo del bambino, soprattutto per i più piccoli: «È più difficile agganciare lo sguardo se si è a due altezze diverse e allo stesso tempo stare sul tappeto esplicita la necessità di usare il gioco motorio come partenza per itenezioni più evolute: partiamo da un interesse che il bambino manifesta, che può essere anche frammentario, e da lì costruiamo azioni che siano dotate di significato più chiaro. Un altro esempio è l’ostruzione giocosa: in un gioco in cui il bambino tende a isolarsi, interveniamo ponendo un piccolo ostacolo alla sua attività, che aiuta il bambino a scoprire l'interazione e a rimuovere o superare l’ostacolo. Incoraggiamo i genitori a passare anche a casa del tempo a tappeto. Molti bambini arrivano qui piccolissimi, il 75% dei nostri pazienti è in età prescolare, spesso arrivano con una diagnosi freschissima e i genitori sono molto provati dalla comunicazione della diagnosi. A volte è difficile per loro costruire con il figlio una relazione in cui ci sia fiducia nelle competenze del bambino, per questo investiamo molto sull’accoglienza: se non crediamo tutti davvero che il bambino ha delle competenze, è difficile investirci».
Molti bambini arrivano qui piccolissimi, il 75% dei nostri pazienti è in età prescolare, spesso arrivano con una diagnosi freschissima e i genitori sono molto provati dalla comunicazione della diagnosi. A volte è difficile per loro costruire con il figlio una relazione in cui ci sia fiducia nelle competenze del bambino, per questo investiamo molto sull’accoglienza: se non crediamo tutti davvero che il bambino ha delle competenze, è difficile investirci
Laura Iuvone, neuropsichiatra infantile, responsabile del reparto di NPI del Centro Don Gnocchi Santa Maria della Pace di Roma
Accanto ai bambini con disturbi del neurosviluppo, i pazienti del reparto del Centro Don Gnocchi S. Maria della Pace di Roma presentano disturbi del linguaggio e dell’apprendimento, paralisi cerebrali infantile, disabilità intellettive, gravi disturbi della comunicazione, disturbi sensoriali: «Abbiamo maturato una solida esperienza nei bambini affetti da ipoacusia ai quali possiamo offrire anche modalità di intervento integrate con la lingua dei segni», racconta la dottoressa Iuvone. La lingua dei Segni, infatti, arricchirà da quest’anno il progetto “Le.Pre. – Leggimi presto, leggimi con”, selezionato dal Mibac, che vede la Fondazione Don Gnocchi come capofila: è un progetto che porta la lettura ad alta voce in contesti dove ci sono situazioni di rischio neuro evolutivo, arrivando ora anche a bambini con sordità.
È un’attività che dal 2015 si affianca ai servizi più tradizionali di neuropsicomotricità, logopedia e psicomotricità e la dottoressa Iuvone ne è «particolarmente orgogliosa». La lettura ad alta voce già durante la gravidanza e dalla nascita – spiega – «è molto importante per migliorare lo sviluppo affettivo, linguistico e cognitivo del bambino, c’è una letteratura enorme sui benefici che comporta. La ricerca descritta nel libro “La catastrofe precoce” racconta benissimo come solo nei primi due anni di vita i bambini a cui vengono abitualmente letti libri hanno ascoltato 30 milioni di parole in più di quelli a cui non vengono letti libri. Noi però nel nostro lavoro quotidiano vedevamo quanto fosse difficile per i genitori dei nostri bambini proporre un'esperienza di lettura come prassi quotidiana bella, importante per la famiglia. È difficile leggere un libro ad un bambino che non ti guarda negli occhi, che non sta fermo… Era il 2015, decidemmo di tentare questa esperienza perché eravamo convinti della bontà dei benefici, così ci collegammo con le biblioteche di Roma, facendo formazione ai genitori e laboratori di lettura qui nel nostro Centro. I risultati sono stati sorprendenti, per la partecipazione, con almeno 50 famiglie coinvolte, per gradimento ma anche per come vedemmo modificarsi alcuni parametri: c’erano genitori che non avevamo mai letto un libro ai loro bambini, alla fine il 90% dei genitori si sentiva pronto a farlo e moltissimi già lo usavano nei momenti critici, ad esempio per mettere a dormire il figlio». Sulla base di quell’esperienza, nel 2018 e poi nei 2020 il Centro Don Gnocchi Santa Maria della pace di Roma ha partecipato, in partnership con altre realtà, ai bandi “Leggimi 0-6” 2018 e 2020, emanati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC), introducendo nei progetti delle azioni specifiche sui bambini con difficoltà.
“La catastrofe precoce” racconta benissimo come solo nei primi due anni di vita i bambini a cui vengono abitualmente letti libri hanno ascoltato 30 milioni di parole in più di quelli a cui non vengono letti libri. Noi però nel nostro lavoro quotidiano vediamo quanto sia difficile per i genitori dei nostri bambini proporre un'esperienza di lettura come prassi quotidiana bella, importante per la famiglia. Da qui i progetti, che portiamo avanti dal 2015
«C’è un un lavoro bellissimo di una italiana che fa la risonanza magnetica funzionale a neonati di un giorno che ascoltano la voce della mamma in cuffia che legge una storia. Il loro cervello si accende nelle aree che serviranno poi a loro per parlare. Ascoltare storie è una ginnastica per il linguaggio. Se i bambini non vengono sollecitati in queste aree… ne risentono. La lettura ad alta voce è uno dei più potenti strumenti che abbiamo a disposizione. Abbiamo portato la lettura ad alta voce nei Centri di riabilitazione per bambini, nei consultori, addirittura nei reparti di terapia intensiva neonatale, con le mamme che leggevano ad alta voce accanto all'incubatrice. Adesso andremo a fare lettura ad alta voce all’Istituto Magarotto, faremo lettura mista vocale e in Lis», racconta la dottoressa.
Leggere ad alta voce per evitare “la catastrofe precoce", perché gli effetti di questa deprivazione di stimoli sono permanenti sullo sviluppo del sistema nervoso centrale.
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