Probabilmente uno degli indicatori del livello di civiltà di un Paese è dato anche dalla fiducia Stato-cittadino quando si tratta di pagare le tasse. Emblematico in tal senso il caso degli Stati Uniti, dove una donazione in contanti, autodichiarata, posta nelle mani di un sacrestano, in una chiesa qualunque, è sufficiente a far scattare un beneficio fiscale… c’è una bella differenza con l’esperienza italiana!Ein Europa? Come siamo messi? Tranne Albania, Bulgaria, Finlandia (ma in questo Paese tutte le lotterie statali devolvono l’introito alle organizzazioni non profit), Norvegia (anche se il 1° luglio 2010 è iniziata la discussione in Parlamento), Russia e Serbia, in tutti gli altri è prevista una normativa ad hoc a vantaggio dei donatori delle organizzazioni non profit.
Ma avere dei benefici fiscali è una cosa, avere una legge «onepercent», cioè una legge che permetta di indirizzare una parte delle tasse che si pagano direttamente ad un’organizzazione non profit (il cosiddetto 5 per mille italiano) è un’altra cosa. Ma ben 12 Paesi lo hanno previsto in Europa: vediamone qualcuno in una veloce carrellata.
Forse lo «onepercent» più complesso è quello della Gran Bretagna. È previsto all’interno dello schema più ampio chiamato «Gift Aid». Non è possibile spiegarlo interamente perché è molto complesso, ma in sintesi succede che un donatore può rivendicare dallo Stato fino a 28 centesimi di sterlina donata. E se non le rivendica non avrà il beneficio fiscale. È a questo punto che entrano in campo le organizzazioni non profit e ricordano al donatore di rivendicare quei soldi, e magari di dar loro quei 28 centesimi. In pratica ogni donatore può donare 1 sterlina e farsi recapitare a casa 28 centesimi di rimborso dallo Stato, oppure chiedere allo Stato di devolvere quei 28 centesimi a una organizzazione non profit di sua scelta. Può capitare persino che un donatore doni a un’organizzazione non profit 1 sterlina e che poi doni i 28 centesimi ad un’altra organizzazione a sua scelta. Molto simile a quello britannico è il sistema dell’Irlanda anche se quest’ultimo è migliore perché è ancora più semplice: anche qui se uno dona 10 euro può poi chiedere di averne 2,5 indietro dallo Stato. Non è proprio un «onepercent» classico, ma si tratta comunque della devoluzione delle proprie tasse a chi si vuole nella massima libertà.
Altri «onepercent» europei: in Estonia è possibile destinare l’1% della propria tassazione personale; in Lituania si può destinare il 2%, in Repubblica Ceca e in Polonia l’1% ; in Portogallo lo 0,5% (la stessa percentuale Italiana), in Romania il 2% e in Ungheria (la prima, nel 1996, a istituire questo meccanismo) l’1% .Ma in Europa ci sono casi ancora più interessanti. Ad esempio, ci sono leggi «one percent» che permettono di devolvere oltre che alle persone fisiche anche alle persone giuridiche, cioè alle imprese.
Se si va in Slovacchia. infatti, ogni persona fisica e ogni impresa (sì, avete capito bene, ogni impresa) può far indirizzare il 2% della propria tassazione ad una organizzazione non profit. In Slovenia la percentuale è più bassa (solo lo 0,5%), ma il meccanismo è lo stesso: lo possono fare sia le persone fisiche che le imprese.
Ma la caratteristica ancora più interessante di questi due casi è che ogni contribuente può spezzettare su più organizzazioni non profit la propria devoluzione. E così in Slovacchia uno può fare tutte le parti che vuole a patto che ogni parte sia di almeno 3 euro (ad esempio: se il proprio 2% è pari a 30 euro si può dare 3 euro a 10 organizzazioni, oppure 6 euro a 5 organizzazioni, ecc). In Slovenia, ogni contribuente può scegliere al massimo 5 organizzazioni e donare a ciascuna di esse lo 0,1% della propria devoluzione (ma ognuno può anche dare tutto a una sola organizzazione).
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.