Sostenibilità

Tutte le contraddizioni della crisi economica Ecco qualche previsione per il futuro dei consumi

Parliamone

di Redazione

di Gustavo Ghidini*
I fatti che dallo scenario economico generale si proiettano sull’attitudine e i comportamenti dei cittadini-consumatori si riassumono in alcuni indicatori, alcuni dei quali tendono decisamente al brutto, altri inducono a un ragionato ottimismo. Fra i primi ricordo: le previsioni sull’andamento del Pil 2009 (Italia -2%), i dati sulla contrazione dei  consumi (alimentari -3,5%, abbigliamento -10%, elettrodomestici -9%, automobili -42,6%), la quintuplicazione, nel 2008 e a inizio 2009, del ricorso alla cassa integrazione, il forte sentimento sociale di pessimismo, ai massimi dal 2000 (62%), il più alto livello, in Europa, del cosiddetto indice di vulnerabilità finanziaria: 39. Fra i secondi, il permanere di un basso livello di indebitamento delle famiglie italiane (15% rispetto al reddito disponibile, a fronte di una media Ue del 35%). Dall’altro, un calo non trascurabile, a fine 2008, del numero di famiglie che dichiara di non arrivare alla fine del mese (dal 21 al 15%). Terzo, la tenuta o crescita di alcuni consumi: ad esempio, vi è stato un boom a Natale, di viaggi ed elettronica di consumo (cellulari e iPod), mentre le spese per benessere e salute (spa, centri benessere, ecc.) sono cresciute, nell’horribilis 2008, del 20%. L’apparente paradosso si scioglie riconoscendo che, almeno per ora, la crisi è piuttosto finanziaria che economica. E che essa è anche, forse anzi primariamente – e sempre per ora – soprattutto di natura psicologica: radicata nella sensazione che il benessere e i risparmi davvero possano azzerarsi. Da qui l’emergere di uno stato di stress sociale e ansia collettiva che porta a privilegiare i consumi nei quali più si identifica una situazione di gratificazione personale: la vacanza, l’ascolto della musica, la cura del corpo… Peraltro, psicologia delle masse a parte, la diminuzione (sempre per ora) del numero delle famiglie che non ce la fa a giungere alla fine del mese è figlia della incipiente deflazione che raffredda i prezzi (soprattutto) dei beni di “largo e popolare consumo”. Ma attenzione: si stima che il fenomeno durerà sino al 2010 o poco oltre. Dopo, appena riprenderà un pur timido sviluppo, l’entità della moneta stampata per finanziare gli interventi pubblici messi in cantiere per arginare la crisi occupazionale presenterà il conto, e scatenerà una progressiva violenta fiammata inflazionistica. Insomma, si preannuncia un marasma che culmina drammaticamente nel progressivo peggioramento della condizione degli anziani a bassissimo reddito, titolari di pensioni “minime”, ovvero dei giovani parcheggiati in cerca di un impiego che non viene. In assenza di adeguati ammortizzatori sociali, si dovrebbe quanto meno incidere per razionalizzare/accorciare la catena distributiva, nido di inefficienze e parassitismi che ricadono sui consumatori. Ma questo non è alla portata di una classe politica solidalmente bipartisan nel non disturbare “le categorie”.

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