Non profit

«Tutta una messa in scena»

«La manifestazione per il boss era organizzata dai suoi familiari». Intervista a Vicenzo Linarello (Goel)

di Lorenzo Alvaro

Le immagini di una folla che acclamava il boss Giovanni Tegano arrestato a Reggio Calabria hanno fatto il giro d’Italia e del mondo e hanno choccato tutti. Una reazione incredibile da più voci indicate come inaccettabile. L’indicazione che quelle grida e quegli applausi danno è di una popolazione, quella calabrese, schierata contro lo Stato e con la mafia, che difende i “picciotti” e inneggia (urlavano “uomo di pace”) per i propri padrini. Ma è veramente così? Vita.it ha raggiunto al telefono Vincenzo Linarello, presidente del Consorzio Sociale Goel, che da anni si batte contro ‘ndrangheta e massonerie deviate.

Vita. Come si spiega la reazione della gente?
Vincenzo Linarello. Io francamente minimizzerei l’accaduto. Questo perchè credo fossero persone strettamente legate al boss in questione, non a caso lì e non a caso davanti alle telecamere. Una messa in scena.

Vita. Un siparietto prevedibile dunque?
Linarello. Certamente. La sensazione che ho io è che la gente comune, non necessariamente chi gravita intorno al mondo del non-profit, comincia ad essere fiduciosa. Sta nascendo una cauta speranza. Cauta perchè non ci si vuole illudere. Ma tutti i successi che la magistratura e le forze dell’ordine stanno ottenendo, con mezzi e organici ridicoli, sono eccezionali. La gente sta cominciando a credere possibile un’inversione di tendenza.

Vita. A Reggio Calabria c’è stata una manifestazione della società civile in sostegno alla magistratura, avete partecipato?
Linarello. No non abbiamo partecipato. Ovviamente plaudiamo a questa e a tutte le iniziative di questo genere. Torno a sottolineare che quella gente vicina al boss era ed è una minoranza. Detto questo, anche se minoranza, rappresenta per noi una grande sfida. Noi, gente per bene, alternativa maggioritaria alla mafia, dobbiamo riuscire ad essere così attrattivi da far in modo che non accada più nulla di simile. Anche nei confronti di quelle famiglie invischiate  in  fatti di ‘ndrangheta. È una sfida grossa fatta di alternative, lavoro e servizi di qualità.

Vita. È stata più volte urlata la frase “uomo di pace”. Ha un significato?
Linarello. Io non so cosa voglia dire. So però che la Chiesa calabrese è tenuta ad una nuova pastorale che chiarifichi alcuni concetti. Non possiamo più tollerare che l’aspetto etico come quello morale vengano relegati alla sfera intima e personale. Bisogna tornare a dire in Calabria chiaramente ciò che è peccato anche dal punto di vista sociale, economico e del rapporto con il pubblico. Dobbiamo sottolineare che chi ruba allo Stato ruba alla collettività. Serve mettere in moto una nuova morale sociale che porti ad evitare equivoci rispetto ad alcuni concetti.

Vita. Si può azzardare un paragone e prendere spunto dalla battaglia contro Cosa Nostra condotta in Sicilia?
Linarello. No purtroppo. La ‘ndrangheta è molto diversa da Cosa Nostra. È più insidiosa. Perchè è più radicata  nei gangli sociali, è fondata sui legami parentali e familiari. Non solo Cosa Nostra era collusa con la politica, la ‘ndrangheta è nello Stato. La strategia vincente non è relegata alle manifestazioni popolari. La mossa vincente a mio parere è la delegittimazione. Noi dobbiamo svergognarli sui loro punti di forza. I mafiosi credono di dare risposte alla gente. Dobbiamo diventare competitivi offrendo lavoro, sviluppo e servizi dimostrando che tutte le loro offerte sono frutti malati e precari. Non ci si deve dimenticare che il 90% della ricchezza della ‘ndrangheta è in mano a un 10% di potenti. Tutti gli altri entrano straccioni e straccioni rimangono. Sono quelli che vengono uccisi, finiscono in carcere o spariscono. Senza strade alternative in Calabria non si vince e non si vincerà mai.  

Vita. Parole forti. Dire certe cose da calabrese in Calabria può essere poco salutare. Ha paura?
Linarello. Credo che oggi sia più rischioso in questa regione parlare di massonerie deviate. Qui la paura è una compagna condivisa. Il commerciante dall’altra parte della strada, pur non dicendo queste cose, ha più paura di me. L’importante è affrontarla a viso aperto, insieme, senza subirla. Questa è la mossa vincente. Infatti oggi la ‘ndrangheta non spinge più sul terrore perchè non paga più. Usa altri mezzi per la maggior parte collegati alla sfera pubblica come la diffamazione.    


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