Famiglia
tutori e avvocati: finalmente più ordine
Le Camere minorili fanno il punto sulla legge 149/01
Parla di “situazione in divenire” la seconda indagine dell’Unione Camere minorili sull’applicazione della legge 149/2001, dedicata all’adozione e all’affidamento dei minori. Le prassi dei Tribunali minorili continuano a essere difformi. Recentissima, però, una sentenza della Cassazione che stabilisce paletti sulla figura del tutore.
Ben 25 dei 29 Tribunali per i minorenni d’Italia hanno risposto alla nuova indagine sull’applicazione della legge 149 condotta dagli avvocati dell’Unione Camere minorili. «La ricerca ha preso le mosse dalla constatazione che la legge, pur contenendo alcuni principi all’avanguardia, presenta numerose lacune che ne rendono difficile l’applicazione tra i Tribunali e a volte anche all’interno di un singolo Tribunale», spiega Grazia Cesaro, avvocato responsabile del settore civile per l’Unione Camere minorili e curatrice dell’indagine.
Di cosa si tratta? La legge 149/2001 ha introdotto la necessità del rappresentante legale del minore fin dall’inizio del procedimento di adottabilità (prima era nominato solo in caso di opposizione) e nei giudizi de potestate, ossia quel gran numero di cause relative a maltrattamenti, conflittualità tra genitori, ecc. «Per questo secondo gruppo di processi», prosegue la Cesaro, «la maggioranza dei Tribunali sceglie di nominare un curatore del minore quando c’è conflitto d’interessi tra il minore e i suoi genitori». Il curatore, che può anche non essere un avvocato, ha la responsabilità di nominarne uno che rappresenti il minore nel procedimento.
Molto più eterogenea è la situazione nei procedimenti di adottabilità, in cui il conflitto con i genitori biologici è considerato in re ipsa: «Qui le scelte dei tribunali si dividono tra la nomina dell’avvocato del minore o di un curatore», precisa la Cesaro, «e la presenza di un tutore che già rappresenta il minore in seguito al decadimento della potestà genitoriale, e che di solito è un ente pubblico».
Proprio su questa difformità di prassi e dubbi interpretativi, si era aperto un conflitto tra Tribunale per i minorenni di Milano e Corte d’Appello di Milano, chiarito da una sentenza della Cassazione del 17 febbraio 2010, la n. 3804. La divergenza riguardava la figura del tutore e il suo dovere di nomina dell’avvocato del minore. Secondo la Corte d’Appello esiste un conflitto d’interessi anche solo potenziale tra lo stesso tutore e il minore, e dunque doveva essere il giudice a provvedere alla nomina dell’avvocato del minore. Per questo vizio di forma di nomina dell’avvocato del minore, negli ultimi due anni i giudici di secondo grado hanno accolto tutti i ricorsi fatti contro le dichiarazioni di adottabilità del Tribunale minorile (e la conseguenza pratica è stata che i minori sono rimasti in attesa nelle comunità di accoglienza, anziché poter essere accolti in una nuova famiglia). Ora la Corte di Cassazione ha stabilito che non sussiste conflitto di interessi presunto tra minore e tutore (che quasi sempre è il Comune di residenza) e che dunque è il tutore, se nominato, a effettuare la nomina dell’avvocato.
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