Economia
Turismo etico nel nome di Peppino Impastato
“Addio Pizzo Travel” propone ai visitatori italiani e stranieri escursioni nei luoghi-simbolo della mafia e incontri coi protagonisti che lottano contro la criminalità organizzata
L'emendamento passato ieri in Parlamento consentirà di restituire più velocemente alla collettività i beni confiscati alle mafie. Attraverso il turismo etico, molti visitatori italiani e stranieri potranno vedere coi propri occhi i frutti del lavoro di Libera.
Tra le realtà che in Sicilia si muovono in questo senso c'è Addio Pizzo Travel, progetto nato a Palermo nel 2009 come costola di Addio Pizzo -Movimento che si propone una “rivoluzione culturale” contro tutte le mafie.
A un certo momento Dario Riccabono, tra i fondatori del Comitato, ha capito che quello spirito di lotta poteva venire esteso anche al settore turistico. Ecco dunque l’intuizione del “turismo al 100% pizzo-free”: i visitatori hanno l’opportunità di conoscere le bellezze dell’isola appoggiandosi a strutture ricettive, ristoranti, ditte che hanno detto no al ricatto della criminalità organizzata, rifiutandosi di pagare.
Ne abbiamo parlato con Dario, protagonista insieme ad altri quattro colleghi –Francesca, Edoardo, Chiara e Enza- di questa idea di successo, che si ispira all’insegnamento di Peppino Impastato (nella foto)
Cosa vi ha spinto a puntare sul turismo responsabiile?
«Veniamo dall’esperienza consimile di Addio Pizzo, che abbiamo contribuito a far crescere a partire dal 2004».
Qual è lo scopo per cui è nato il Movimento Addio Pizzo?
«Nasce dallo slogan “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”. Attorno a questa frase si è riunita una generazione di ragazzi, che ha provato a cambiare la città partendo dall’assunto che chiunque può essere complice della mafia. Nel momento in cui acquisti un prodotto dai commercianti che pagano il pizzo, indirettamente stai creando un circuito di omertà. Quindi l’idea che ci animava –e ci anima tuttora- è questa: essere consumatori attenti e convincere quante più persone possibile a fare altrettanto. In sé la nostra azione non è straordinaria, nessuno di noi ha fatto qualcosa di eroico. Semplicemente abbiamo cercato di applicare il consumo critico alla lotta alla mafia»
E il passaggio da Addio Pizzo a Addio Pizzo Travel come avviene?
«In qualche modo dovevamo provare a inventarci un lavoro, alcuni di noi hanno avuto la tentazione di trasferirsi all’estero e mollare il Movimento. Siamo molto soddisfatti di questa scelta che abbiamo fatto. Nel nostro piccolo ci sforziamo di seguire l’insegnamento di Peppino Impastato, che suggeriva di “educare la gente alla bellezza”
Chi sono i vostri clienti?
«Veniamo cercati soprattutto dalle scuole italiane e straniere, perché quello che proponiamo è anche un percorso di educazione civica. Vendiamo moltissimo la passeggiata a Palermo: molte persone abituate a fare dei viaggi individuali decidono di trascorrere la giornata con noi»
Qual è l’elemento che colpisce maggiormente i vostri ospiti?
«Rimangono molto colpiti dalla possibilità di visitare i luoghi-simbolo della mafia: Capaci ad esempio, che per me ha un significato particolare perché avevo tredici anni quando l’autostrada mi saltò davanti agli occhi; Corleone, nell'agriturismo sorto sui terreni confiscati alla mafia. Poi gli incontri coi protagonisti della Resistenza alla criminalità organizzata: la tappa a Cinisi, alla pizzeria gestita dalla famiglia Impastato».
Proponete un’alternativa, insomma
«Sì, i nostri clienti sono persone mature interessate a vedere coi propri occhi luoghi di cui hanno sentito parlare solo attraverso i media. La nostra è una risposta ai “Mafia-tour”, autentica indecenza che risponde al bisogno di certi turisti che desiderano visitare i luoghi del Padrino e incontrare il mafioso con la lupara»
Qual è la vostra più grande soddisfazione?
«Vedere che la gente torna più volte, con amici diversi. C’è una docente di lingua italiana per adulti in Germania che quasi ogni anno porta anziani tedeschi: si è creata una tale confidenza che ci hanno invitato anche da loro».
Prima di iniziare questa avventura, eravate già dentro il turismo?
«Io ho una laurea in Marketing e ho fatto una tesi proprio sugli agriturismi confiscati alla mafia; poi un master a Venezia su Economia e gestione del turismo. Ho coinvolto altri due amici: Francesca lavorava per Addio pizzo con le scuole; Edoardo era un accompagnatore cicloturistico, ora è il nostro esperto d’informatica. Nessuno di noi aveva grande esperienza nel settore, però c’era il know how dell’impegno civile»
Da quali paesi stranieri arrivano i turisti?
«Soprattutto dalla Germania, ma anche da Francia e Gran Bretagna. Sono passati da noi anche argentini e statunitensi»
Avete dei nemici?
«La mafia non ci calcola. Abbiamo una certa visibilità quindi un gesto contro di noi sarebbe controproducente. Poi, tutto sommato, dal punto di vista economico i commercianti coinvolti nelle nostre cose sono una minoranza. Inoltre, proprio grazie alle denunce dei negozianti che seguiamo, Cosa Nostra in alcuni quartieri di Palermo sta vivendo una situazione di disagio, ci sono stati molti arresti. Ci ha fatto piacere però sapere che i mafiosi sanno chi siamo e alcuni di loro ci temono. Dalle intercettazioni sono emerse dichiarazioni di pentiti: non andavano a chiedere il pizzo ai commercianti di Addio pizzo perché avevano paura di essere denunciati»
Sembra, insomma, che riusciate a resistere bene alla crisi generale
«Siamo molto piccoli, di nicchia, però nel 2012 abbiamo raddoppiato il fatturato rispetto al 2010, nonostante la crisi. Ho letto che nel 2012 c’è stato un calo del 70% dei viaggi d’istruzione. Ciò nonostante, noi siamo cresciuti».
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