Natalità

Turchia, un calcio ai diritti delle donne: vietati i parti cesarei elettivi

La controversa decisione del governo Erdoğan di limitare gli interventi alle sole urgenze negli ospedali pubblici solleva un'ondata di critiche da parte dell'opposizione e dei movimenti femministi

di Francesco Crippa

La Turchia ha vietato i parti cesarei elettivi nelle cliniche private. Una decisione motivata ufficialmente con la necessità di contrastare il crollo della natalità, ma che per molti è solo una mossa autoritaria che colpisce la libertà di scelta delle donne.

Una legge con radici profonde 

Pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 19 aprile, si tratta di una legge che affonda le proprie radici in oltre dieci anni di propaganda. Già nel 2012, infatti, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, allora primo ministro, aveva dichiarato che i parti cesarei (assieme all’aborto) fossero uno strumento che impediva la crescita della popolazione. Nel luglio dello stesso anno era stata varata una legge per limitarli, dando il via libera solo per quei casi in cui fosse riconosciuta una necessità medica e multando i medici che praticavano i cesarei elettivi. L’efficacia del provvedimento è stata marginale: la Turchia è ancora il primo Paese Ocse per numero di casi, che secondo il World Population Review sono 584 su mille (dati 2021). Come fa notare il governo, è un dato ben oltre il 50%, laddove l’Organizzazione mondiale della sanità consiglia una media non superiore al 15%.

Ora, però, lo stop è pressoché totale: si potrà dar vita a un bambino con un parto cesareo solo negli ospedali pubblici e solo in condizioni di necessità e urgenza. Alla base di questa politica c’è l’idea, priva di supporto scientifico, secondo cui i cesarei, dal momento che richiedono per la mamma un tempo di recupero maggiore rispetto a un parto vaginale, ridurrebbero il tasso di fertilità (che nel 2023 era 1.51), impattando di conseguenza in maniera negativa sulla curva demografica del Paese.

La propaganda del regime

La nuova legge è stata preceduta da una campagna mediatica che si è appoggiata anche su uno dei pilastri della propaganda di Erdoğan: il calcio. Il 13 aprile, infatti, prima del match contro il Fenerbahçe i giocatori del Sivasspor sono scesi in campo con uno striscione recitante «Doğal doğum doğaldır», che tradotto è «Il parto naturale è quello naturale». Più in basso, la scritta «A meno che non sia necessario per motivi medici, il taglio cesareo non è un parto naturale». 

Il governo, ovviamente, ha approvato questa presa di posizione. «Una delle nostre squadre di calcio è scesa in campo con uno striscione a sostegno di una campagna di sensibilizzazione del ministero della Salute. Non c’erano insulti, critiche o mancanze di rispetto a nessuno, niente che offendesse le donne. Perché vi dà fastidio che il nostro ministero incoraggi il parto naturale?», ha detto Erdoğan, che ha aggiunto: «Il calo demografico della Turchia è una minaccia molto più grave di una guerra».

Giù le mani dal corpo delle donne: la protesta di opposizioni e femministe

Per le opposizioni e i movimenti femministi si tratta però di un’uscita irricevibile. «Come se il Paese non avesse altri problemi, i calciatori uomini dicono alle donne come partorire», ha scritto Gökçe Gökçen, la vicepresidente del principale partito d’opposizione, il Partito Popolare Repubblicano. «Non interferite con gli affari delle donne con la vostra ignoranza. Tenete le mani lontane dai corpi delle donne».

«Il divieto del parto cesareo è il passo prima del divieto di aborto», ha scritto su Facebook Women’s Coalition, ong che riunisce le organizzazioni che mirano ad aumentare la partecipazione sociale e politica delle donne e a stabilire una politica basata sulla giustizia e sull’uguaglianza. La nuova legge, infatti, viene vista come un veicolo per limitare i diritti di autodeterminazione delle donne, costringendole a conformarsi a una visione tradizionalista della società che, tra l’altro, il governo ha rilanciato apertamente nei giorni scorsi.

«Se non avete figli, non siete una famiglia, siete solo marito e moglie», ha detto il ministro della Salute Kemal Memişoğlu riguardo al tasso di fertilità. Lo stesso Erdoğan, nel 2016, aveva definito «incomplete» le donne che decidono di non aver figli. Nella testa del presidente, l’emancipazione femminile è qualcosa che minaccia i valori della famiglia tradizionale. È anche per questo che ha dichiarato il 2025 l’«anno della famiglia», implementando diverse iniziative per incentivare le nascite e riaffermare una visione conservatrice dei ruoli di genere. 

In apertura: un cartello con la scritta «Non avere paura, grida» viene sollevato durante una manifestazione in un campus universitario di Ankara a marzo 2025 (foto di Ismail Efe via Unsplash)

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