ll Partito popolare europeo (Ppe) ha chiesto oggi ad Istanbul che Ankara riconosca lo status giuridico delle altre religioni in Turchia e che promuova una riforma del pensiero islamico che escluda il conflitto tra le civilta’. ‘
‘La prova che la liberta’ religiosa sia divenuta parte integrante della societa’ turca esige che il governo turco riconosca lo status giuridico delle chiese in Turchia”, affermano, nella bozza di dichiarazione finale, i partecipanti alla nona conferenza annuale sul dialogo tra la chiesa ortodossa ed il Ppe, in corso da ieri a Istanbul. ”Ottemperare a questa condizione richiede per la prima volta una riforma del pensiero islamico, una riforma che serva da esempio per la umma (la comunita’ islamica mondiale) altrove nel mondo, al fine di evitare un conflitto tra le civilta”’, continua la stessa bozza.
Nel corso dei due giorni della conferenza i partecipanti (aderenti per lo piu’ ai partiti cristiano democratici europei) hanno discusso sugli ulteriori passi che la Turchia deve compiere in merito alle modalita’ di realizzazione della liberta’ religiosa in Turchia, anche in rapporto al suo negoziato di adesione all’Ue, cominciato ai primi di ottobre.
In particolare i parlamentari europei del Ppe hanno chiesto che la Turchia consenta la ”rapida riapertura” del seminario ortodosso di Hebelyada, chiuso dal 1971, perche’ Ankara non riconosce il titolo di patriarca ecumenico al Patriarca di Costantinopoli attenendosi alla lettera del trattato di Losanna che prescrive che il ”Patriarcato di Fanar” dovrebbe attendere solo alle necessita’ di culto dei greco ortodossi residenti in Turchia.
Attualmente vivono in Turchia circa 3000 cittadini di religione greco-ortodossa, concentrati a Istanbul ed il patriarcato ha piu’ volte lamentato ostacoli posti dalle autorita’ turche alle sue attivita’ religiose. Il relatore sulla Turchia al Parlamento europeo di Strasburgo, Camiel Eurlings, ha sottolineato ”gli scarsi progressi” compiuti dalla Turchia in merito all’applicazione della liberta’ religiosa ed ha citato in proposito anche il caso degli aleviti, seguaci di una religione di origine musulmana sciita, ma dai riti e credenze molto differenti da quelli di tutti gli altri musulmani i quali, pur rappresentando circa un quinto della popolazione turca, non sono riconosciuti dallo stato turco come comunita’ religiosa.
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