Formazione

Turchia, nuova rotta degli immigrati africani verso l’Europa

Lo rivela un reportage pubblicato dal quotidiano francese Le Monde

di Joshua Massarenti

“Alassane, Innocent, Blaise (“capo del villaggio”), Bakari e gli altri sono stipati attorno a un televisore ipnotizzati da una partita di calcio spagnolo”. Comincia così un reportage di Le Monde che narra la storia di dieci giovani africani giunti dalla Costa d’Avorio, dal Camerun, dalla Guinea e dal Senegal, tutti con età compresa fra i 20 e i 35 anni e costretti a sopravvivere in una bettola da 15 m2 situato a Tarbalassi, un dei ghetti di Istanbul, la capitale della Turchia. Già, la Turchia. Secondo Le Monde, il paese alla frontiera tra Europa e Medioriente sarebbe l’ultima terra di conquista dei candidati africani all’emigrazione clandestina prima di approdare nel Vecchio continente. “Come questi dieci avventurieri, sono tra 3mila e 5mila migranti, giunti da tutta l’Africa, sbarcati a Istanbul nell’attesa di un ipotetico passaggio verso lo spazio Schengen” scrive Le Monde. “La Grecia è appena a due ore. “Mi hanno fregato” tempesta Bakary. Mi avevano detto che arrivato qui, non avevo altro da fare che prendere la metro per andare in Francia o in Italia”. Di Bakary si ricorderà un’ingenuità senza confine della quale hanno saputo approfittare trafficanti di clandestini pronti ormai a mettere la Turchia nella lista dei paesi di transito per l’Europa. “Il visto è meno costoso e più facile da ottenere che il sesamo per l’Europa”. Ma soprattutto la Turchia è meno sorvegliata rispetto a Mauritania e Marocco dove agli occhi di Alassane “ci sono troppi controlli”. Secondo la polizia turca, nel 2003 sarebbero stati arrestati 56mila clandestini, mentre per l’Ufficio di migrazioni internazionali ne stima oltre 300mila. Africani, ma non solo. Decine di migliaia di cinesi, afghani e iraniani attraversano la Turchia per sbarcare il lunario europeo. Una volta sbarcati a Istanbul, gli africani decidono di agguantare l’Europa via mare: “la costa egenea è a due passi di una moltitudine di isolotti greci (Chios, Samos, Lesbos). I convogli si organizzano sin dalla primavera, ma i naufragi sono frequenti. Altri decidono di passare via terra”. E allora si deve attraversare il fiume Evros e campi coperti da mine seminate dalla Turchia durante l’invasione a nord di Cipro nel 1974. Blaise, il Burkinabé, ci ha provato sette volte. “Adesso rimango qui (in Turchia, ndr) e farò di tutto per farcela”. Ma questa è un’altra storia, anche se l’inferno è il medesimo…


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