Politica
Turbamento nel Paese di Berlusconi
Napolitano e il mondo cattolico premono sul premier
Il turbamento sintetizzato dal presidente della Repubblica e l’imbarazzo crescente del mondo cattolico sono il corollario di un’altra giornata politica caratterizzata dalla vicenda personale e giudiziaria di Berlusconi, con il continuo flusso di rivelazioni legate alle intercettazioni telefoniche. I giornali continuano a dedicare pagine e pagine al caso Ruby, anche in una giornata in cui un altro militare italiano trova la morte in Afghanistan.
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“Berlusconi reagisce: non mi dimetto” titola il CORRIERE DELLA SERA, a centro pagina, dedicando la foto notizia e una falsa apertura alla morte dell’alpino Luca Sanna. Lo sfoglio del quotidiano di via Solferino d’altronde non lascia dubbi sulla scelta del tema del giorno: servizi e commenti su Berlusconi da pagina 2 a pagina 11. La sintesi della giornata nel “lead” a corredo del titolo in prima pagina: “Berlusconi risponde alle accuse sulle notti di Arcore e il caso Ruby: «Dimettermi? Siete matti? Non ci penso proprio». E aggiunge: «Sono sereno. Mi sto divertendo». Il presidente del Consiglio ieri ha avuto un colloquio al Quirinale con Napolitano che ha detto: «Nel Paese c’è turbamento, occorre fare subito chiarezza». Di fronte alla contestazione di «gravi ipotesi di reato», sostiene il Capo dello Stato, va tutelata la dignità delle istituzioni. Dagli ambienti cattolici intanto affiorano malumori e disagio: preoccupati per l’Italia”. Spiccano, oltre alla consueta serie di pezzi di approfondimento e di retroscena, con nuovi piccanti e squallidi dettagli contenuti nelle intercettazioni telefoniche, i commenti di Aldo Cazzullo (“Ragazze, il falò delle vanità”), a pagina 11, e di Pierluigi Battista: “La corte degli avidi al bancomat di Arcore”, a pagina 5, oltre a un nuovo ragionamento di Piero Ostellino, stavolta più critico: “L’immagine del Paese e la dignità delle istituzioni”. Un passo di Cazzullo, dopo aver descritto “L’Italia dei format tv nelle notti di Arcore”: “Certo, questa non è l’Italia. Non è la logica dei milioni e milioni di italiani, tra cui moltissimi elettori di Berlusconi, che credono invece nello studio, nel lavoro, nel sacrificio. Ma l’Italia è anche questa. Non è un paese incorrotto governato da un alieno, come non sono aliene queste povere ragazze da settemila euro a notte. E’ un paese dove il padre di Miss Torino, alla domanda se la figlia abbia una relazione con un uomo di cinquant’anni più anziano, non si inalbera come vorrebbe la tradizione e forse anche la buona creanza, ma sospira: «Magari!»”. E così Pierluigi Battista: “Hanno trovato l’isola del tesoro. La cornucopia. La cassaforte sempre disponibile. Lo sportello da cui attingere senza remore. Una cresta collettiva. Un vortice di pagamenti, regali, doni, con un giro di persone che ha intravisto la «meraviglia» di cui ripetutamente, come incantato da una visione da Paese dei Balocchi, parla Lele Mora. Anche bonifici. Dicitura: «Bonifico o/c Silvio Berlusconi in favore di Alessandra Sorcinelli – prestito infruttifero ». O assegni circolari. Come nei colloqui intercettati: «Se facessimo dei circolari le andrebbero bene oppure…? ». «Benissimo anche quelli». Allora «busta chiusa a ritirare», «Mi fai un regalo, un regalissimo ». Il denaro come, secondo Marx, «equivalente universale». Un modo dotto di dire che, nella modernità, tutto ha un prezzo. Secondo Georg Simmel il denaro è il simbolo della riduzione dei valori qualitativi in valori quantitativi.” Infine Piero Ostellino, molto attento alle garanzie dei cittadini coinvolti, donne comprese: “Mi chiedo, però, contemporaneamente, come ne usciranno le istituzioni quale sia l’esito della vicenda in sede giudiziaria. Nel caso in cui le accuse di natura penale si rivelassero fondate, le conseguenze, per il capo del governo, sarebbero devastanti. Ma anche nel caso in cui le accuse si rivelassero infondate, le conseguenze sarebbero inquietanti. Su Berlusconi peserebbe pur sempre il giudizio politico e morale; sulla magistratura, l’interrogativo se spetti ad essa sollevare, con le proprie inchieste, questioni politiche e morali. Se al capo del governo è legittimo chiedere di fare il proprio mestiere in modo dignitoso per l’istituzione che rappresenta, alla magistratura è lecito chiedere di restare all’interno delle proprie funzioni, che non sono né politiche né morali”. Sul piano delle indagini spicca il pezzo dell’informatissima Fiorenza Sarzanini, che apre pagina 11: “Anche a Roma le «case» per le ragazze”. Leggiamo: “È un «giro» di ragazze che si passano la voce e spesso vengono esortate a coinvolgere le amiche. Un «giro » che appare ormai fuori controllo. Anche perché il metodo di cessione degli appartamenti alle giovani che partecipano alle feste organizzate dal presidente del Consiglio già sperimentato alla «Dimora Olgettina» di Milano Due, viene utilizzato anche a Roma. L’elenco cambia, uguali appaiono i modi scelti per ripagarle, con case messe a disposizione nella capitale. E si scopre che spesso vengono accettate donne, molte straniere, delle quali non si conosce neanche il cognome. Gli atti della Procura di Milano confermano la vulnerabilità del sistema di sicurezza che deve proteggere il presidente Silvio Berlusconi.”
LA REPUBBLICA titola: “Napolitano: Berlusconi deve chiarire” e nel sommario riferisce: “Il premier: dimettermi? Siete matti, mi diverto. Il giornale dei vescovi: vicenda sconvolgente”. Seguono molte pagine (10) dedicate all’inchiesta, alle reazioni e ai commenti. Giornata intensa per il premier cui piace scherzare ma il cui sorriso appare sempre più tirato. Ieri è salito al Colle e ha avuto un colloquio molto teso con il Capo dello Stato, preoccupato per il clima turbato del Paese. «Naturalmente la strategia difensiva è affar tuo e dei tuoi avvocati, potete scegliere la strada che preferite, ma scegliete: quello che non si può è andare avanti nell’incertezza, nell’indecisione» avrebbe detto Napolitano a Berlusconi secondo il retroscena firmato da Bei e Rosso. Il premier secondo loro è convinto della persecuzione, che non ci sono reati ed è preoccupato perché è stato indirettamente intercettato per un anno: «hanno in mano le mie telefonate e volete che, al momento opportuno, non le passeranno ai giornali». Un incubo insomma. Al quale risponde facendo buon viso: «Con Bertone e Bagnasco il rapporto resta solido, loro sanno bene che sono io l’argine contro il ritorno dei laicisti». Sarà, ma nella pagina seguente Giovanna Casadio (“I vescovi: «una storia sconvolgente»”) riferisce di uno «sconcerto gravissimo» presso la Santa Sede. Come del resto appare chiaro leggendo Avvenire: «il mondo cattolico ammette lo shock e arrivano le reazioni» commenta Casadio. Toni egualmente duri su Famiglia cristiana (che parla di «un politico che ha sbagliato secolo, immaginandosi simile ai signori rinascimentali ai quali tutto era permesso»). Tempi invece si schiera con Berlusconi, definendolo «un perseguitato politico vicino alla gogna». Intervistato da Orazio La Rocca, il cardinale Elio Sgreccia spiega: «fare subito chiarezza davanti ai giudici perché il Paese non può continuare ad andare avanti in questo modo»; «non posso non restare allibito e perplesso di fronte ad accuse così gravi e ad atteggiamenti e stili di vita tanto più discutibili, dove valori come la moralità, l’etica, il rispetto della persona, a partire dalla donna e la difesa dei minori, vengono ormai ridotti ai minimi termini». Non lascia dubbi il titolo del commento del vaticanista Giancarlo Zizola: “Ora sarà più difficile il perdono del Vaticano”. «Qualcosa di più del solito vagito di perplessità freme sui media cattolici per lo tsunami che investe Berlusconi. È a rischio la sua alleanza con la Chiesa. Ma al di là della congiuntura politica, è un pezzo del regime di cristianità che si sfalda con le sue collusioni politico-religiose e lo scambio tra benedizioni gerarchiche e indulgenze perdonanti da un lato, e la riproduzione delle sicurezze concordatarie dall’altro». Di fatto, continua Zizola, «quello che sembrava il punto di forza dell’asse Berlusconi-Chiesa – le politiche sui valori della famiglia, sulla bioetica e sull’educazione cattolica – è colpito al centro».
IL GIORNALE apre naturalmente sul caso Ruby. “Gli italiani non ci cascano” il titolo a tutta pagina. L’editoriale è a cura di Nicola Porro. “Magistrati e politici, il bipolarismo che affonda l’Italia” il titolo. Il giornalista argomenta «Sono venti anni che in Italia esiste un bipolarismo perfetto. Altro che. Da una parte i governi, dall’altra i magistrati. Il presidente del Consiglio continua a parlare di magistrati comunisti. Sì, può anche darsi che alcuni di loro abbiano simpatia per la sinistra. Ma sbaglia. Ciò che li caratterizza non è il colore, ma l’assolutismo del proprio potere. Un potere non eletto dal popolo, non giudicato dal popolo, autoreferenziale, protetto dalla consuetudine repubblicana e di grande capacità propagandistica. I magistrati rappresentano un ramificato partito che è tenuto insieme dalla più giacobina delle intuizioni: la verità assoluta. Se un magistrato sbaglia è una mela marcia in un cesto profumato, se un politico ruba è la classe politica nel suo insieme che fa ribrezzo. Berlusconi, potrà scampare all’ennesima attenzione giudiziaria. Potrà elevare i suoi vizi privati a quel che sono. Potrà scardinare le costruzioni oniriche, e soprattutto giudiziarie, sullo stragismo. Ma troverà sempre una sezione del potente partito che avrà il modo di esercitare la sua obbligatoria attività di investigazione. Uno scudo formidabile per giustificare qualsiasi tipo di violazione delle libertà individuali. Il mestiere del Pm, da che mondo e mondo, è quello di sospettare. In un contesto, però, in cui un giudice restituisca un equilibrio tra le parti. Ecco, in Italia il partito dei giudici deve la forza alla sua granitica compattezza: Pm e giudici tagliano con decisione la complessità dei propri conflitti, nel comune interesse di rappresentare un potere unico e indiviso. La politica al contrario ha smarrito completamente il peso del proprio ruolo, dividendosi per guadagnare qualche rendita di posizione». Gian Maria De Francesco firma il pezzo d’apertura. «La gente se ne frega e continua a stare dalla parte di Silvio Berlusconi. Se ne frega delle inchieste guardone della Procura di Milano su Ruby e le altre. Se ne frega degli inviti congiunti di Bersani, Casini, Franceschini e finiani vari che invitano il premier a dimettersi per far posto a quel «governo dei perdenti» che inseguono con ogni espediente da quando i magistrati hanno potuto riaprire la stagione della caccia al Cavaliere. Le prime indicazioni provenienti dai sondaggi confermano che la fiducia dei cittadini nel presidente nel Consiglio non è stata scalfita dall’assalto a orologeria a Palazzo Chigi». Da voce alla parte cattolica Andrea Tornielli, il vaticanista del quotidiano nel suo “Messori: il buon politico viveur è meglio del cattivo moralista”. Dopo aver sottolineato come la Chiesa non debba entrare nel merito degli scandali anche perché «faccio notare che proprio quelli che sono sempre pronti a denunciare l’intrusione della vaticana nella politica italiana, sarebbero pronti ad applaudire che la Chiesa mettesse il naso nella moralità privata del presidente del Consiglio» Messori aggiunge, dopo aver elencato una serie di precedenti, «preferirei un politico dalla vita privata irreprensibile che fa buone leggi. Detto questo, ricordo che il peccato che più fa adirare Gesù nei vangeli è l’ipocrisia, vale a dire il presentarsi come ossequiosi e morali, ma poi avere una vita privata che va da tutt’altra parte. Il cristianesimo deve confrontarsi col mondo così com’è dunque, per rispondere alla domanda, è certamente meglio un politico puttaniere ma che fa buone leggi di un notabile cattolicissimo che poi fa leggi contrarie alla Chiesa».
Gioca con le parole il titolo de IL MANIFESTO che apre con l’immagine di Napolitano e Berlusconi seduti a fianco a una cerimonia. «Collebuone o collecattive» dove la parola “colle” è scritta in arancione come per suggerire l’idea del Colle del Quirinale. «Il Quirinale chiede di portare la prostituzione di regime “nelle sedi giudiziarie”. Berlusconi risponde di divertirsi molto e chiama gli avvocati all’attacco per evitare il giudizio. E mentre le opposizioni reclamano le dimissioni, il Vaticano confessa: “È una storia sconvolgente”» è il sommario che rinvia alle due pagine interne (la 4 e la 5) dove si conclude anche l’articolo di Michele Prospero «Il mandante di se stesso» che inizia in prima. «Con il turbamento del Quirinale comincia a calare ormai il sipario su un re nudo e sempre più solo. E per questo imprevedibile. Berlusconi esce di scena (a meno di colpi di coda, di cui pure il pittoresco personaggio è sempre capace) non solo per le misere debolezze della carne che l’hanno messo nei guai fino al collo. La fine politica del vecchio statista post-democratico dalle insane voglie si era già consumata con l’immagine dissacrante di Fini che, con il dito indice alzato, rompeva platealmente con un capo sbigottito per la sua suprema potestà violata in pubblico da un possibile delfino (…)» scrive Prospero che continua: «La notte della seconda repubblica non è calata improvvisa per la scoperta della costosa volontà di vitalismo sprigionata da un dorato corpo decrepito che scalpitava nelle segrete stanze di Arcore all’ombra di fanciulle in fiore. Non è vero che siano stati ancora una volta i magistrati a rimuovere l’ingombro di un capo scomodo e di per sé invincibile violando la dolce privacy di uno statista, come pretende un liberale un po’ confuso alla Piero Ostellino (…).L’azione giudiziaria non ha ucciso Berlusconi, ha solo reso percepibili i cattivi odori del suo inerme cadavere politico. (…) Il segreto del berlusconismo era la singolare e completa coincidenza tra la condotta irregolare dei vertici del potere e dei signori del denaro e l’immaginario profondo dei bassifondi della società. Gli ideologi del berlusconismo oltre al denaro come ideologia di se stesso sono stati non a caso Fede, Mora e Signorini, la De Filippi (…)». L’articolo di apertura a pagina 4 «Un pazzo avanti» analizza la situazione politica, registra le reazioni di Vaticano e Quirinale e osserva «(…) Al Colle non resta che prendere atto che il Cavaliere è pronto a varcare il Rubicone. Ma di sicuro tutto auspica Napolitano tranne che celebrare l’unità d’Italia a Roma il 17 marzo circondato dal bailamme sui festini a luci rosse del capo del governo del quinto paese industrializzato del mondo. Berlusconi rischia di fare la fine del premier ceco Topolanek, immortalato senza veli a Villa Certosa con alcune donne nude mai identificate. Dopo quelle foto Topolanek perse le elezioni. Il Cavaliere farà di tutto per evitare il paragone (…)» e conclude: «Sulla riva del fiume attende Giulio Tremonti, che ieri come tutti ha giurato fedeltà al capo. (…) Rischio debito per le elezioni? «I mercati contengono la democrazia. Per me è un onore comporre e rappresentare all’estero questo governo». Una dichiarazione double face, con cui Tremonti si candida a essere l’unico volto spendibile dalla destra a livello internazionale e con cui nega ostacoli di bilancio all’eventuale ritorno al voto anticipato».
IL SOLE 24 ORE, quotidiano di Confindustria, si rifà dei giorni scorsi, quando fra i giornali è sembrato fra i più “sobri” nell’affrontare il caso Ruby. E così IL SOLE 24 ORE dedica lancio in prima e tre pagine di intercettazioni (15-16-17); non manca la penna sagace di Stefano Folli e qualche titolo alla “Cronaca Vera”. Cominciamo: “Ecco tutti i pagamenti alle ragazze”. Qui si ricostruisce tutta la vicenda della spia venuta dal Sud, alias “la nipote di Mubarak”, ovvero Ruby. Dal furto in discoteca ai danni di un’amica che l’ha condotto dritto in questura, passando per la telefonata presunta o reale di B. che avrebbe fatto pressioni per liberarla e tutto quello che ne è seguito sull’onda delle intercettazioni pubblicate nei giorni scorsi. Intanto B. avverte: «Io non mi dimetto» e non contento aggiunge «e non mi presento ai giudizi». Ci mancherebbe? Eppure proprio di questo parla l’opposizione al gran completo, da Bersani a Casini: “Terzi polo e Pd uniti: i dimetta” è il titolo a pagina 16, mentre timidamente di spalla all’articolo la solita Marcegaglia che ripete ormai da mesi come un grammofono d’altri tempi: «Il Paese deve essere governato». La pagina si completa con altre due amene accuse ai danni di Mr. Verdini e sempre a lui, il Signor B.: un pentito accuserebbe il premier di essere dietro alle stragi del ’93, mentre il fiorentino doc che ha vinto un seggio sull’ottovolante berlusconiano sembra abbia emesso 300 mila euro di fatture false. Morale? Ecco che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si dice: «turbato». E aggiunge: «Urge fare chiarezza» (pagina 17). Oibò. E l’alleato così fedele e così onesto? «I nostri problemi?» rispondono in piede alla pagina i sindaci leghisti «Asili e strade, altro che Ruby!». Compatti con Silvio, insomma. Un sostegno soprattutto di testa. Dalla pancia della Lega non sale infatti e per ora nessun rigurgito celodurista del tipo “dai, che Silvio fa bene a divertirsi”. E nelle parole dei militanti non compare alcun compiacimento sulle notti in tavernetta ad Arcore. Prende invece forma una forte preoccupazione per gli effetti che il passaggio giudiziario innescatosi intorno alla vicenda di Rubyrubacuori e le sue amiche potrebbe avere per gli asili nido, la manutenzione delle strade, i centri sportivi. Tutto all’insegna del pragmatismo, del fine, diceva Macchiavelli, della rivoluzione (quella federale, ovviamente), rispondeva Mao. A mettere un po’ di serenità ci pensano i vescovi e la Curia: nel secondo giorno di rivelazioni sul nuovo caso giudiziario che investe Silvio Berlusconi, dalle gerarchie ecclesiastiche arrivano avvertimenti per un cambio di passo. Parola d’ordine: «fare chiarezza». Risponde il sciur Berlusca di spalla sempre a pagina 17: «è un processo mediatico a fini eversivi, io sereno».
Ci stavamo scordando Folli, l’editorialista di nome Stefano, immancabile: «Due punti sono chiari. Primo, le elezioni sono in concreto più vicine perché non è pensabile che la legislatura si trascini a lungo in questo stato. (…) Secondo, sarebbe grave se le elezioni si svolgessero in un clima apocalittico: come un plebiscito su Berlusconi o la battaglia finale fra politica e ordine giudiziario.»
«Tra i Pm di Milano e il Cav: Una cosa è certa, questo è l’ultimo duello: chi perde è sconfitto per sempre», è il titolo del richiamo nella prima pagina di ITALIA OGGI. Secondo la nota politica di Marco Bertoncini «Berlusconi spera di resistere q.b», mentre l’analisi di Pierluigi Magnaschi sottolinea che «l’unico appiglio per il Cav resta Bossi. Fin che dura». In un commento si sostiene che «Dopo anni di assedio giudiziario Berlusconi sta per capitolare» e il Governo «ormai è un’anatra zoppa». L’unica speranza di Berlusconi sono i sondaggi: «Il Cav s’attacca al 52,3%» è il titolo a pagina 3, dove si riporta una rilevazione di Euromedia per cui «il suo gradimento resiste». Ma il tenore dei commenti non cambia: a pagina 5 Diego Gabutti sostiene che «La privacy è un lusso che un premier non può permettersi». Si riconosce che da una parte c’è «la faccia torva e feroce di una giustizia che dà in pasto, in dettaglio, all’opinione pubblica, non i reati, ma le miserie degli indagati», dall’altra c’è «la faccia crapulona e sciagurata dello “stile di vita” berlusconiano», fatto dalla «feccia dell’avanspettacolo sociale (a cominciare da queste ragazzotte che sono pronte a tutto, che parlano soltanto di cose irriferibili e che per qualche centinaio di euro e la mezza promessa televisiva «ne fanno di ogni»)». La conclusione è che Berlusconi «è un politico da terzo mondo. Un politico da dimenticare».
AVVENIRE apre con il titolo “Napolitano: fare subito chiarezza” e sottolinea: «preoccupato auspicio (e nessuna interferenza) del Quirinale nel caso Ruby». I servizi alle pagine 8, 9 e 10 riferiscono del colloquio al Colle dopo il comunicato in cui si parla di “turbamento”. Il Cavaliere attacca, ribadisce che non si dimetterà e parla di processo mediatico eversivo. Secondo lui l’inchiesta sarà un boomerang ma si sfoga dicendo: «Uno Stato parallelo ha montato tutto questo per eliminarmi. Un incubo, temo per la mia vita». AVVENIRE registra le reazioni del mondo cattolico, compatto nel ritenere che occorre fugare ogni ombra. L’agenzia Sir è intervenuta sulle vicende che coinvolgono il presidente del Consiglio ribadendo la necessità di “arrivare presto a chiarire e così mettere dei punti fermi». Interpellato dai giornalisti, il cardinale Bagnasco, presidente della Cei ha rimandato all’editoriale di ieri del quotidiano cattolico, significativamente intitolato “Chiarezza necessaria”. Di “disorientamento” ha parlato anche il presidente dell’Azione Cattolica, Franco Miano, secondo cui «al di là degli sviluppi dell’inchiesta, emerge la centralità di una questione morale in politica e c’è un grande pericolo corruttivo». Per le Acli “Siamo davanti a un quadro avvilente”, mentre durissima è la posizione dell’associazione Papa Giovanni XXIII che parla di “indiscutibile degrado morale”. Le opposizioni all’unisono chiedono le dimissioni di Berlusconi. E Bossi, che sente aria di trappolone, avverte che «senza il federalismo si vota». Da segnalare anche l’editoriale“Desiderare l’Italia” firmato da Davide Rondoni che si chiede: «Come si fa a nutrire un desiderio di Italia, in un momento in cui troppi indicatori e molta evidenza, sembrano far cadere le braccia? Verrebbe a volte da maledirla, da voltar le spalle… Da quali voci, da quali esempi possiamo imparare il desiderio di Italia così da potere davvero servirla, riformarla?… Di certo, con tutto questo parlare e riparlare di riforme, di fisco e di Stato leggero o pesante, in questo nominare tasse comunali, regionali ecc, il cittadino rischia di perdersi… Da una testa senza desiderio non nasce nulla. E desiderare l’Italia è un’avventura per grandi uomini, non per calcolatori interessati».
LA STAMPA apre sul Quirinale “Napolitano: il Paese è turbato”. Vari i commenti. Segnalo quello di Enzo Bianchi, “La tristezza della lussuria”: «Chi è preda della lussuria è come malato di bulimia dell’altro, lo cosifica in modo reale nella prestazione sessuale o in modo virtuale nell’immaginazione. La vera perversione in atto nella lussuria è infatti quella che induce a concepire l’altro come semplice possibilità di incontro sessuale, come mera occasione di piacere erotico. (…) Il lussurioso riceve come salario del proprio vizio una tristezza e una solitudine più pesanti, alle quali pensa di riparare entrando nella spirale lussuriosa per nuove esperienze, nuovi incontri, nuovi piaceri: sì, una spirale «dia-bolica» che separa sempre di più piacere da relazione e fecondità. Per questo la disciplina interiore, anche nello spazio della sessualità, è sempre opera di libertà e, quindi, di ordine e di bellezza: è uno sforzo di umanizzazione capace di trasformare anche l’esercizio della sessualità in un’opera d’arte, in un capolavoro che corona una storia d’amore». Il Buongiorno di Gramellini “La morale dell’Uomo ragno”: « la morale dell’Uomo Ragno: a grandi poteri grandi responsabilità. Il capo di un governo eletto dal popolo non è «uno di noi». Deve essere meglio di noi o quanto meno sembrarlo. Poiché rappresenta l’immagine del proprio Paese nel mondo, è tenuto a rispettare le sacre regole dell’ipocrisia, a contenere i suoi vizi o comunque a occultarli, come fecero Kennedy, Craxi e Mitterrand. E quando viene beccato, deve chiedere scusa e mostrarsi contrito in stile Clinton, non negare l’evidenza e parlare d’altro, di rispetto della privacy (che per lui non vale) e di complotti che anche se ci fossero non scalfirebbero il nocciolo della questione: chi fa bunga bunga può governare un impero, ma non una democrazia». Federico Geremicca fa le pulci all’opposizione “Ma l’opposizione è nel pantano”: «Il «che fare dopo» è la ragione, in fondo, che non ha permesso a Pd, Terzo polo e Idv di raggiungere almeno una intesa temporanea su ipotetici governi tecnici o di responsabilità, nei mesi roventi della rottura tra Fini e Berlusconi. L’idea di sostenere insieme al presidente della Camera un simile esecutivo ha scosso e sconcertato la base del Pd quasi quanto l’ipotesi di ritrovarsi alleati in campagna elettorale con l’ex segretario del Msi (e si può ipotizzare che analoghi imbarazzi determinerebbe tra gli elettori di Fli). L’Udc di Casini, del resto, non ha problemi minori nel far digerire al proprio elettorato l’accordo con Fini da una parte e Rutelli dall’altra; e analogo discorso si potrebbe fare a proposito dei partiti di Vendola e Di Pietro e della prospettiva di patti e alleanze col Terzo polo».
E inoltre sui giornali di oggi:
AFGHANISTAN
LA REPUBBLICA – Due pagine sull’ennesimo soldato morto sul campo: il sardo Luca Sanna, caduto nel corso di un attacco nel quale è rimasto ferito in modo grave anche un suo compagno, Luca Barisonzi. Una vicenda commentata ieri da Berlusconi: è «un dolore che si ripete troppo spesso…» chissà «se vale la pena di restare per provare a portare la democrazia». Pochino da parte di un premier, penserà qualcuno. Viceversa il generale Camporini, capo di Stato maggiore della Difesa, non ha dubbi: «siamo in questo progetto e lo condividiamo».
IL MANIFESTO – Vauro dedica la sua vignetta all’uccisione dell’alpino italiano in Afghanistan. Titolo: Afghanistan e nel disegno è ritratta la morte con la sua lunghissima falce, la didascalia recita: «La fidanzata». La notizia ha un piccolo richiamo dal titolo «Divisa amica, fuoco mortale». Al tema è dedicata l’intera pagina 8 che nell’apertura ricostruisce l’uccisione di Luca Sanna. Di spalla l’analisi di Emanuele Giordana «La nuova guerra italiana nella terra bruciata Usa». Nell’articolo si osserva che tra i problemi della base avanzata in quella particolare zona è « la convivenza tra eserciti diversi, che si tratti di commilitoni europei, di compagni di strada afghani o dei riottosi colleghi americani, poco propensi a farsi dire da qualcun altro – nonostante sia chiaro che il comando è italiano – cosa si deve fare» e inoltre: «gli italiani si trovano a gestire nel Sudovest afghano una situazione in cui le tecniche militari americane, ben più invasive, hanno fatto terra bruciata e reso più difficile il lavoro ai soldati tricolori che, non a caso, hanno lasciato sul terreno cinque uomini in poco meno di due mesi».
MADE IN ITALY
AVVENIRE – Fotorichiamo in prima e la pagina 13 dedicata all’approvazione della legge anticontraffazioni dei cibi titolando “Etichette, ok alla legge, ma ora è rischio Europa”. Con la normativa approvata ieri sarà obbligatorio indicare sempre il luogo di origine degli alimenti. La Commissione europea però ha tre mesi per esaminare il provvedimento e autorizzarlo. E il ministro Galan avverte che non sarà una passeggiata: «Questa è una legge innovativa nell’Ue e combatteremo per sostenerla, portando avanti la battaglia filiera per filiera».
LA STAMPA – “L’etichetta del cibo sicuro adesso è legge”: «E ora potremo sapere tutto dei cibi che compreremo. Saremo i primi in Europa a poterlo fare. È arrivato il via libera della commissione Agricoltura della Camera in sede deliberante – e all’unanimità – alla legge sull’etichettatura. Sono stati necessari dieci anni e un iter molto complesso, ma con i sette articoli approvati ieri sapremo, per i prodotti trasformati e non, l’origine in ogni fase della produzione, dai campi agli scaffali. Potremo avere la garanzia di qualità in caso di marchi Dop o Igp, e la notizia della presenza di eventuali prodotti Ogm contenuti negli alimenti. Sarà proibito usare nelle pubblicità le immagini della Sicilia per il succo d’arancia se la materia prima arriva dal Brasile o del Golfo di Napoli se le mozzarelle arrivano dalla Germania».
SUD SUDAN
IL MANIFESTO – L’ultima pagina de IL MANIFESTO è dedicato all’autodeterminazione dei popoli il punto di partenza è il referendum in corso in sud Sudan. Nell’articolo «Il mantra dei popoli» si osserva come «Con il referendum che porterà alla secessione del Sud Sudan torna il tema spinoso e controverso delle autodeterminazioni. L’unica cosa certa è che ogni nuovo stato scoprirà nuove «minoranze» nei suoi confini». Scrive Immanuel Wallerstein: « Uno dei mantra del XX secolo è stato quello dell’autodeterminazione dei popoli, delle nazioni. Una fede da tutti condivisa, in teoria. Ma in pratica un tema spinoso e controverso. Come arrivare, infatti, a definire l’identità del soggetto che doveva governarsi da solo, del popolo, della nazione che aveva diritto all’autodeterminazione del proprio destino? Un tema su cui non si è mai arrivati a un accordo (…)».
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