Non profit

Tunisi, ultima spiaggia

Maroni e Berlusconi cercano l'accordo col nuovo governo

di Franco Bomprezzi

Oggi Berlusconi e Maroni cercano una via d’uscita diplomatica con la Tunisia del dopo Ben Alì. L’onda dei profughi tunisini infatti sta mettendo in crisi organizzativa, umanitaria e politica il nostro Paese. I giornali dedicano molte pagine al racconto di questa emergenza.

“Il piano italiano per i migranti” titola il CORRIERE DELLA SERA. Molti i servizi che partono dalla prima, dove spicca l’editoriale di Ernesto Galli Della Loggia: “Lega di lotta, non di governo”. Leggiamo un passo: “La verità è che quanto accade in questi giorni sta mostrando l’impossibilità/incapacità della Lega ad essere un vero partito di governo. Con l’ideologia leghista si può essere ottimi sindaci di Varese e perfino di Verona, ma non si riesce a governare l’Italia. Non si riesce, cioè, a pensare davvero i problemi del Paese in quanto tale (non solo nella sua interezza, ma anche nella complessità dei suoi rapporti internazionali), e tanto meno immaginarne delle soluzioni. Con l’ideologia leghista al massimo si può stare al governo, che però è cosa del tutto diversa dal governare. Si può al massimo, cioè, essere alleati gregari di una forza maggiore e occupare dei posti: ma al solo scopo, in sostanza, di chiedere mance e favori per i propri territori. Il limite della Lega è per l’appunto questo: a chiacchiere essere contro «Roma ladrona», ma poi essere condannata a comportarsi nei fatti come un tipico partito di sottogoverno”. Il titolo che apre pagina 2 conferma: “Immigrati, Berlusconi e Maroni a Tunisi. Premier preoccupato per la linea leghista”. Mentre Berlusconi incassa di domenica un primo riavvicinamento con la Francia di Sarkozy (lungo colloquio telefonico), ecco su che base oggi il premier e Maroni vanno a trattare con il nuovo governo tunisino, nelle anticipazioni raccolte da Marco Galluzzo: “Le misure che oggi Maroni e Berlusconi porteranno all’attenzione del governo provvisorio tunisino saranno aiuti economici per le piccole e medie imprese locali (sino a 75 milioni di euro), aiuti per la costruzione di un sistema radar di monitoraggio delle coste (35 milioni), azioni di sostegno alla bilancia dei pagamenti (100 milioni), finanziamenti per corsi di formazione, facilitazioni nell’ottenimento di visti multipli per i giovani tunisini che vogliono entrare nel nostro Paese, la disponibilità ad allargare la quota che spetta a Tunisi nei flussi autorizzati dal governo italiano. In circa 70 milioni di euro è stimato l’aiuto nel contrasto dei flussi migratori illegali. Sarà dunque anche una partita economica, ovviamente al rialzo, quella che si svolgerà oggi. Le autorità tunisine non hanno mai accettato nemmeno di prendere in considerazione che possano essere rimpatriati dall’Italia, qualora un’intesa venisse trovata, gruppi superiori alle 50 unità. A Roma serve di più”. Due interviste, sempre a pagina 2, aiutano a capire i termini di una trattativa difficile. Moez Simaoul, consigliere del nuovo premier tunisino Essebsi: “Ci riprenderemo i nostri figli, ma non come fossero bestiame”. E accanto Alessandra Arachi parla con il vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Mogavero, in contatto quotidiano con l’arcivescovo di Tunisi, diocesi gemellata: “La missione è complicata, disposto a fare da mediatore”. Contattato dal ministro Maroni, monsignor Mogavero si è messo a disposizione. Leggiamo un passaggio: “Dobbiamo pensare a qualcosa di straordinario. Non basta metterli sulle barche e respingerli o allestire tendopoli. (Bisogna) coinvolgere concretamente l’Europa, prima di tutto. Gli immigrati devono equamente essere distribuiti nei paesi europei: E poi fare un progetto che chiami in causa il mondo politico, imprenditoriale, il volontariato”. A pagina 3 Fiorenza Sarzanini esplora le richieste italiane, messe a punto da Maroni: “Rimpatri e coste bloccate”. Vediamo: “E se le resistenze non dovessero essere superate, il Viminale è già pronto a procedere con il piano alternativo: rilascio del permesso temporaneo di protezione umanitaria per tutti coloro che sono in Italia e che sono già stati identificati dopo l’approdo a Lampedusa. È la misura che la Lega continua però ad osteggiare. Nelle riunioni ristrette, anche quelle con Berlusconi, i vertici del Carroccio continuano a invocare i rimpatri forzosi pur sapendo che i tecnici del Viminale hanno già fatto sapere di non ritenere praticabile questa soluzione”. A pagina 5 gli sbarchi, con la notizia dei 58 morti in mare al largo della Libia. A pagina 6 interessante reportage di Marco Imarisio da Manduria: “Il capo della tendopoli «Tra di noi solo sedici sognavano l’Italia»”. Con il giornalista parla colui che viene indicato come il capo dei migranti tunisini, 42 anni, parla benissimo l’italiano: “Hamady ha fretta, come tutti gli altri. Gli pesa anche questo ruolo, perché attira diffidenza e sospetti da parte degli altri. Noi cercheremo di non ribellarci più. Ma voi dovete fidarvi. Dateci questo permesso di andare via. Non vogliamo rubare il vostro lavoro. Là dentro sognano tutti altri Paesi. Guarda qua» . Mostra una ventina di pagine riempite da un grafia minuta. Sulla prima c’è disegnata a penna una sghemba mappa dell’Europa. In tre giorni, aiutato dai mediatori culturali, il portavoce della tendopoli ha raccolto le destinazioni di trecento suoi connazionali. La meta più ambita è la Francia, la vogliono in 190. Marsiglia è il posto dove i tunisini di Manduria. hanno più parenti o amici. Poi le altre città sul Mediterraneo, come Tolone e Nizza. Naturalmente Parigi. Una decina di immigrati ha come meta Lione. Alcuni stanno cercando di raggiungere il Belgio per andare ad Anversa, dove accanto al porto c’è un quartiere interamente popolato da tunisini. Poi la Germania, con le aree urbane della Ruhr, Colonia, Bonn e Dusseldorf indicate come approdo. Ultima nella lista dei desideri viene Londra. La tendopoli di Manduria. è solo un collo di bottiglia dal quale sono obbligati a passare”.

“Profughi, vertice Italia – Francia” è questo il titolo di apertura scelto da REPUBBLICA che in prima pagina riassume tutti i temi sul tappeto dal viaggio a Tunisi di Berlusconi alla rivolta di Lampedusa, alla fuga dalla tendopoli di Manduria per arriva all’ultima strage in mare: 70 morti. I servizi sono distribuiti dalla pagina 4 alla pagina 9, all’interno delle quali si segnala il reportage su “Quei 500 morti nel cimitero d’acqua” che in prima esordisce: «Se non li vedono gonfi d’acqua e trascinati dalle onde, li chiamano “dispersi”. Mai partiti e mai arrivati. Non hanno una faccia, non hanno un nome, neanche li segnano da qualche parte (…)” il reportage firmato da Attilio Bolzoni e Francesco Viviano prosegue poi alle pagine 6 e 7, dove si trova anche una piantina che segnala come dal 1988 a oggi sono oltre 15mila le persone morte cercando di arrivare in Europa.  A pagina 4, invece in taglio basso si fa un affondo sul confine franco-italiano di Ventimiglia “lite fra polizie al confine agenti extra per controllare i gendarmi”. Si legge: «(…) Gli italiani ritengono che i colleghi francesi spesso non rispettino le procedure della riammissione: le norme transalpine stabiliscono che il clandestino trovato sul territorio francese che si ritiene proveniente dall’Italia (…) deve essere “trattato” (…) e riconsegnato alla nostra polizia entro quattro ore (…) Invece accede che, scadute le quattro ore, la pratica venga archiviata e il tunisino riportato oltre frontiera e letteralmente scaricato in mezzo alla strada, in barba all’obbligo di consegna formale ai nostri agenti (…)». A pagina 9, infine, viene presentato il viaggio diplomatico di Berlusconi a Tunisi “pronti 150 milioni” titola LA REPUBBLICA «Stoppare l’esodo, lo “tsunami umano”, come lo definisce. E convincere il governo tunisino ad accettare i rimpatri collettivi (…) Ma prima del vertice con Parigi, oggi Berlusconi spera soprattutto di portare a casa un accordo (stavolta scritto) da Tunisi (…)». L’articolo si conclude: «Il capogruppo Ppe Mario Mauro lavora per ottenere già nel dibattito di oggi a Strasburgo il riconoscimento della “straordinarietà” del flusso e l’estensione della direttiva sull’immigrazione del 2001. Obiettivo il riconoscimento temporaneo (un anno) agli immigrati dello status simile ai rifugiati. Ma di “protezione temporanea” Maroni non ne vuol parlare. Anche per questo, al rientro da Tunisi, il Cavaliere terrà uno dei caminetti del lunedì con Bossi e i suoi».

«Emergenza immigrati, presto il vertice Cav-Sarkò» è il richiamo in prima pagina de IL GIORNALE. All’interno si riferisce del discorso di Berlusconi a Riva del Garda. Scrive Gabriele Villa: «Berlusconi si sta prodigando con impegno senza pari, per far fronte ad un’emergenza senza pari, lo dimostra anche la telefonata che ha ricevuto ieri dal presidente francese, Nicolas Sarkozy. Nel colloquio protrattosi a lungo, con toni particolarmente cordiali, i due leader hanno deciso di vedersi quanto prima in un vertice dedicato all’emergenza migratoria, che sarà allargato a ministri italiani e francesi, e di monitorare costantemente assieme la situazione. Un’altra tappa dunque, quella con Sarkozy, del giro di confronti e consultazioni internazionali che Berlusconi sta compiendo a proposito di immigrazione clandestina». Per Il Giornale il Governo affronta il problema mentre «il grimaldello dei profughi» è «artatamente usato dalla sinistra per tentare ancora una volta di scardinare il portone di Palazzo Chigi». All’emergenza è dedicato anche l’editoriale di Magdi Cristiano Allam: «Serve un ministro ad hoc» è il titolo. Rivela Allam: «Il primo dicembre del 2005 incontrai Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli offrendogli la mia disponibilità ad assumere la responsabilità di un nuovo dicastero, che denominai ministero dell’Integrazione, dell’Identità nazionale e della Cittadinanza. Al capo del governo la proposta piacque e manifestò subito la volontà di attuarla, ma si scontrò con il veto posto dall’allora ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu». Per Allam la proposta è ancora valida: «La costituzione di questo nuovo ministero è più che mai urgente sia per consolidare il nostro fronte interno, facendo primeggiare una concezione dell’identità nazionale e della cittadinanza che ci unifichi e ci renda credibili e rispettabili, sia per fronteggiare con serietà e rigore la sfida più grave che incombe sul nostro popolo e sulla nostra civiltà».

“Frattini: 150 milioni alla Tunisia”. LA STAMPA riprende in prima pagina un’intervista al ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha annunciato una «linea di credito di 150 milioni di euro» a favore della Tunisia, «per aiutare i giovani a sviluppare microcredito, artigianato, commercio, piccole attività che allevino la disoccupazione arrivata al 30%». Nell’intervista LA STAMPA chiede a Frattini perché non viene applicato il permesso temporaneo previsto dall’articolo 20 della Bossi-Fini, per i tunisini che sbarcano in Italia: «Perché prima dobbiamo chiudere il rubinetto» risponde Frattini. «Se lo annunciassimo adesso l’Italia diventerebbe il corridoio per Parigi, Londra, Berlino», «Dall’Europa vogliamo solidarietà, e dunque all’Europa diamo solidarietà». Tra Italia e Tunisia è stato stipulato un accordo nel ’98 durante il governo Prodi: l’Italia ha fornito aiuti alla Tunisia per una cifra attorno ai 150 miliardi di lire in tre anni sotto forma di crediti all’industria. Da segnalare a pagina 5 l’intervista al governatore toscano Enrico Rossi: “Così ho convinto Maroni a bocciare la tendopoli”: «Ha vinto la solidarietà e la forza del volontariato» dice Rossi. All’ipotesi del ministero dell’intero di allestire una gigantesca tendopoli, la Toscana ha opposto l’accoglienza diffusa in 12 siti. Fondamentale è stato il terzo settore: «Oltre ai sindaci, anche se qualcuno ha i suoi problemi, la grande risorsa della Toscana è il volontariato. Che si mette in moto da solo, senza bisogno di imposizioni e ultimatum. L’ideologia leghista è rigida, alla prova di governo non riesce a gestire l’emergenza» afferma Rossi.

E inoltre sui giornali di oggi:

L’AQUILA
CORRIERE DELLA SERA – Due pagine, 18 e 19, per anticipare l’anniversario del terremoto in Abruzzo. Paolo Foschi e Virginia Piccolillo fanno il punto: “Terremoto, i ritardi e le speranze. Ancora 37 mila in case provvisorie”.  Leggiamo: “A due anni di distanza, sono ancora 37.733 (15 mila in meno rispetto al 2010) le persone assistite. Poco meno di 23mila risiedono in alloggi Map (le famose casette), in 19 new town; circa 13 mila sono beneficiarie del contributo di autonoma sistemazione (200 euro a persona ogni mese) e 1.328 sono ancora in strutture ricettive abruzzesi e nelle caserme. In questi giorni sono tutti in fermento. Si attende l’ordinanza. L’ennesima che dovrebbe finalmente chiarire tutti i dubbi su come debbano essere i progetti da presentare all’approvazione, per aver poi i rimborsi. Da due anni la burocrazia ha infierito sugli aquilani. E se in Giappone sono bastati 6 giorni per costruire un’autostrada qui ci sono voluti in media 8-10 mesi, con punte di un anno e due mesi, per avere il via libera a ricostruire. Con l’ordinanza i 15mila della fascia E (i proprietari delle case più danneggiate) potranno presentare le richieste. Ma ad attenderle nell’ufficio comunale che deve valutare la correttezza formale delle pratiche ci sono un impiegato, spesso fuori per incombenze, e una ragazza con contratto a tempo determinato sempre in scadenza”. Interessante, a pagina 19, l’intervista al chirurgo Vincenzo Vittorini, che nel sisma ha perso moglie e figlia: “La mia vita tutta in uno scatolone”. Ecco il suo messaggio: “Vincenzo ora, assieme ad altri familiari di vittime del terremoto, ha creato la fondazione 6 Aprile per la vita. «Non solo per condividere il dolore immenso. Ma perché vorremmo che da quella notte maledetta partisse un progetto di vita. Non solo per ricordare chi non c’è più. Ma per far sì che questo Paese capisca che serve una cultura della prevenzione. Perché 309 persone morte, non sembra, ma sono tante. Sono una città. E allora noi piangiamo, perché per noi il 6 aprile è tutti i giorni, ma dobbiamo fare in modo che altri non piangano. E questo vale anche per la ricostruzione. Non deve essere una ricostruzione di belle mattonelle, ma una ricostruzione sicura»”.

NON PROFIT
IL SOLE 24 ORE – “Onlus aperte all’impresa sociale”. «Una Onlus può detenere una partecipazione, anche di controllo, in un’impresa sociale? La domanda non è di poco conto: basti pensare alle organizzazioni di volontariato sanitario o di assistenza sociale che, accanto all’impegno gratuito, hanno l’esigenza di sviluppare e organizzare i relativi servizi. Fino ad oggi la risposta del Fisco è stata negativa, per effetto della legge istitutiva delle Onlus, definite, appunto, come organizzazioni non lucrative di utilità sociale, che, in quanto tali, non possono gestire asset societari. Ora, però, l’agenzia per le Onlus apre uno spiraglio: con un atto di indirizzo approvato nella seduta del 24 marzo e che Il Sole 24 Ore pubblica oggi online, l’authority afferma che “i vincoli a cui devono soggiacere gli enti societari aventi qualifica di impresa sociale rendono la detenzione, nei medesimi soggetti, di partecipazioni di controllo da parte di una Onlus priva delle criticità che sottendono, invece, all’interpretazione prudenziale espressa dall’agenzia delle Entrate”. Disco verde, insomma, perché i paletti fissati dal decreto legislativo 155/2006 sull’impresa sociale rappresenterebbero di per sé una garanzia anti-elusione. “È una decisione importante – commenta Adriano Propersi, consigliere dell’agenzia per le Onlus ed estensore dell’atto di indirizzo – perché contribuisce a sbloccare situazioni di impasse che molti enti vivono e può avviare iniziative socialmente utili. Può, inoltre, essere l’occasione per dare concretamente sviluppo all’istituto dell’impresa sociale che, per ora, non ha avuto il successo sperato”». Commento di Carlo Mazzini “Sul raggio d’azione rimangono i dubbi”: «L’atto di indirizzo licenziato dall’agenzia per le Onlus si riferisce a una materia da tempo oggetto di contrasto con l’Amministrazione finanziaria, cambiando l’oggetto del contendere (partecipazioni rilevanti in società commerciali) con l’inserimento della variabile “impresa sociale”. Se la Onlus partecipa in un’impresa sociale, afferma l’agenzia, non dovrebbero sussistere i timori di elusione espressi dalle Entrate, in quanto l’impresa sociale ha per oggetto un’attività socialmente utile e non può distribuire l’utile, neppure indirettamente. In merito alle attività realizzabili, però, i settori di attività previsti dalla legge sull’impresa sociale sono più ampi rispetto a quelli della norma Onlus. Se la Onlus si interessa di anziani e l’impresa si interessa di turismo sostenibile, con quale legittimità la Onlus potrebbe destinare per finanziare lo start-up con i propri fondi (ottenuti da erogazioni) a favore di materie diverse da quelle per le quali ha chiesto donazioni o contributi ai privati? Si aprirebbe pertanto un problema sia in termini di affidamento alla fede pubblica, sia per possibili profili elusivi. Inoltre, confrontando nuovamente le due normative (Onlus e impresa sociale), il tema del divieto di divisione anche indiretta degli utili (assenza di lucro soggettivo) è affrontato in modo differente».

FINANZA ETICA
ITALIA OGGI – Cresce la finanza etica. Lo sostiene un pezzo a pag 23 “Finanza ed etica, nozze riuscite”. «Tra le società quotate» si legge nell’articolo «si diffonde la pratica del bilancio sociale, aumentano i fondi di investimento che si focalizzano su aziende che fanno scelte di investimento responsabili e nascono gli a tema per aiutare i piccoli risparmiatori a scegliere». Sempre secondo il pezzo «in Italia i fondi di investimento  etici presentano, soprattutto a tre e cinque anni, risultati di assoluto rilievo, che li collocano stabilmente tra i migliori rendimento della categoria. Oltretutto numerose ricerche hanno anche dimostrato che il ritorno offerto dai fondi etici nel lungo periodo è maggiore rispetto a quello offerto dai fondi tradizionali».

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.