Salute

Tumori, una rivoluzione grazie al 5 per mille

Airc lancia un bando molto innovativo. Ne parla Pier Paolo Di Fiore

di Sara De Carli

Nasce l’oncologo molecolare clinico, contemporaneamente ricercatore e medico. L’obiettivo preciso di portare la ricerca dal laboratorio al letto del paziente Quella a cui stanno lavorando è quasi una nuova creazione. Pier Paolo Di Fiore dice proprio così: «È la femmina che stiamo creando». Pari in dignità, ma diversa. Complementare e necessaria. Di Fiore ha 51 anni, è napoletano e si occupa di tumori «da quando ho l’uso della ragione, mai voluto fare nulla di diverso». Nel 1995 è reintrato in Italia, dopo 13 anni negli Usa al National Cancer Institute, per fondare l’Ifom-Istituto Firc di Oncologia molecolare. È lui che coordina per Airc-Associazione italiana per la ricerca sul cancro lo Special Programme Committee, che ha appena lanciato un bando molto speciale: l’atto di nascita dell’oncologo molecolare clinico. È questa la “femmina” di cui parla Di Fiore. Una nuova figura di oncologo, contemporanemente ricercatore e medico: per la prima volta, cioè, un bando di ricerca mette nero su bianco «l’approdo al letto del paziente», ovvero la traduzione dei risultati della ricerca in benefici reali per i malati. Nel 2015, quindi, potremo certamente disporre di almeno tre nuove terapie contro il cancro. E queste terapie, per di più, grazie alla genomica, saranno mirate, costruite ad hoc su ciascun paziente. Per questo Di Fiore non ha paura di dire che con questo bando Airc «parte una nuova era», che «cambierà faccia alla lotta al cancro».
Vita: Qual è il quadro da cui si parte?
Pier Paolo Di Fiore: L’approccio del bando Airc “Oncologia molecolare clinica-5 per mille” è in larga parte il risultato della rivoluzione genomica, che negli ultimi dieci anni ha cambiato il nostro modo di guardare ai tumori. Per fare un paragone, diciamo che prima li guardavamo ad occhio nudo, oggi li stiamo guardando con il telescopio più potente del mondo. Questo ha consentito enormi progressi nella conoscenza dei tumori e nel comprenderne le basi molecolari: dentro i laboratori di ricerca si sono fatti progressi spettacolari. Ora però l’aumento di conoscenza si deve tradurre in clinica, in un aumento di benefici per il paziente, perché quel che si aspetta la gente da noi è che i pazienti stiano meglio. Però?
Vita: Però?
Di Fiore: Però tradurre è un processo difficile.
Vita: Perché?
Di Fiore: Per due ordini di ragioni. Da un lato è una questione di tempi lunghi: per sviluppare un farmaco ci vogliono decine d’anni, quindi bisogna lavorare per accorciare i tempi. E poi è difficile perché bisogna mettere insieme due mondi che hanno linguaggi diversi, interessi diversi, modi di ragionare diversi? Che vengono da due tradizioni culturali diverse.
Vita: Il bando Airc dà esplicitamente la precedenza ai progetti che arruoleranno medici scienziati che siano contemporaneamente impegnati sia in laboratorio sia in clinica. È questa la strada?
Di Fiore: Sì. A nostro modo di vedere la traduzione dalla ricerca alla clinica, dal laboratorio al letto del paziente non si può fare con un’azione sul vocabolario, mettendo insieme i clinici e i ricercatori e cercando un linguaggio comune. Si fa crescendo una generazione di persone bilingui, che sappiano parlare come se fossero lingue madri tutti e due i linguaggi. Cioè creando dei clinici molecolari.
Vita: In questo senso il bando è l’atto di nascita di una nuova figura?
Di Fiore: Noi speriamo che lo sia. Gente che abbia contemporaneamente entrambe le specificità, che sappia ragionare con l’analiticità e il rigore del ricercatore e allo stesso tempo con la voglia e la tensione all’applicazione pratica del medico che sa stare in corsia. Qualcuno c’è già, ma quelli che non ci sono li dobbiamo formare. È la “femmina” che stiamo creando.
Vita: La genomica però cambierà anche la faccia della cura. Come funzioneranno i farmaci intelligenti?
Di Fiore: Ci sono due aspetti della questione. Noi diciamo “cancro al seno” ma in realtà questo è fatto da 10/15 malattie molecolari diverse. Tutte colpiscono il seno, ma si sono sviluppate per ragioni diverse. È un po’ come quando usiamo la parola veicolo, ma se vai a guardare bene dentro ci stanno le bici, le moto, le macchine e gli aeroplani, ognuno con le sue specificità. Quindi già dal punto di vista della malattia esiste una eterogeneità: non possiamo più parlare genericamente di cancro al seno, ma dobbiamo parlare di cancro al seno di quel tipo molecolare. Possiamo creare e usare farmaci contro quella specifica alterazione: qualcosa in questo senso sappiamo già farlo.
Vita: L’altro aspetto?
Di Fiore: Questo discorso non vale solo dal lato oggettivo della malattia, ma anche da quello soggettivo del paziente. Noi siamo 9 miliardi e ognuno di noi risponde in maniera diversa allo stesso farmaco. La genomica ci consente non solo di capire meglio la malattia, ma anche di capire come lo stesso farmaco agisce diversamente in un paziente. Noi siamo alla vigilia di un’era in cui non parleremo più di pazienti di “cancro al seno” ma lavoreremo su quel singolo paziente che ha quel preciso tipo di cancro al seno.
Vita: La vigilia però è un tempo impreciso di confine: quanto è vicina l’alba?
Di Fiore: I progressi si devono valutare malattia per malattia, e in questo caso tumore per tumore, anche per sottotipo molecolare del tumore. Non ci sarà un giorno in cui daremo l’annuncio «da oggi è in vigore la terapia personalizzata» però sempre più terapie personalizzate entreranno nella pratica clinica. Molti tumori già si giovano di questa personalizzazione, dal punto di vista della malattia: ci dobbiamo arrivare dal punto di vista del paziente.


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