XIX Giornata malato oncologico

Tumori, le richieste dei malati: subito attivazione del piano nazionale, ancora al palo

Le richieste dei pazienti, sostenute dalle società scientifiche, sono contenute nel 16° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato a Roma dalla Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia e dalle centinaia di Associazioni federate

di Nicla Panciera

Il Piano oncologico nazionale Pon 2023-2027, a distanza ormai di un anno dalla sua approvazione, non è operativo. Il documento, che dovrebbe rappresentare “la guida” istituzionale di riferimento per la strategia di controllo dei tumori in Italia, è totalmente disatteso. La denuncia forte viene in occasione della presentazione del 16° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato oggi a Roma, nell’ambito della XIX Giornata nazionale del malato oncologico di domenica 19 maggio, promossa dalla Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia Favo e dalle centinaia di Associazioni federate.

Universalismo addio

«È questo un appuntamento che, nato nel 2006, ha portato alla creazione di una grande comunità fatta di associazioni, di società scientifiche e di istituzioni» ha detto Francesco De Lorenzo, Presidente Favo. «Non possiamo nasconderci che viviamo in una condizione di grande crisi del nostro sistema sanitario, con il permanere di grosse differenze tra regioni e di disuguaglianze tra malati, dove ci sono i più abbienti, che superano i limiti e le difficoltà di accesso ai servizi ricorrendo alla spesa privata, ci sono i più vulnerabili che rinunciano a curarsi e c’è poi tutta la fascia dei protetti dai contratti di lavoro [che prevedono welfare sanitario aziendale]. Insomma, è venuto meno l’universalismo delle prestazioni, penalizzando particolarmente le persone socialmente più fragili e vulnerabili. Le diseguaglianze sono molto pronunciate in oncologia. Siamo in un momento di rischio di non ritorno per il sistema sanitario nazionale. Chiediamo, quindi, venga almeno finanziato il funzionamento delle reti oncologiche e garantirne un coordinamento nazionale che sono i modi per contrastare la crescente povertà sanitaria».

Coordinamento centrale e adeguati finanziamenti

Va, quindi, istituita la Cabina di regia nazionale per monitorare l’attuazione del Piano nazionale Pon e individuare i necessari incentivi come stimolo per le Regioni. Sono poi quattro le priorità su cui lavorare con urgenza, a partire dalle Reti Oncologiche Regionali, che devono rappresentare la prima porta di ingresso del paziente oncologico nel sistema per la sua presa in carico globale. Il modello di rete pone le basi per l’equità di accesso alle cure, la continuità assistenziale e la ricerca clinica diffusa. Ma solo in poche Regioni le Reti oncologiche sono totalmente performanti, anche in accordo con la loro organizzazione/governance di rete. Perché si raggiunga una reale efficienza in tutto il Paese, è indispensabile l’istituzione, non più procrastinabile, presso il Ministero della Salute, del Coordinamento generale delle Reti Oncologiche (Cro). «Il coordinamento centrale dovrebbe dare uniformità all’attuazione delle Reti Oncologiche Regionali, ai PDTA, alla mappatura delle carenze. Tutto ciò va nella direzione di dare pari opportunità di cura ai malati oncologici a prescindere da dove vivano» ha commentato Elisabetta Iannelli, segretaria Favo, evidenziando i dati della sopravvivenza, che a 5 anni raggiunge il 60%, tanto che quasi 4 milioni di cittadini vivono dopo la diagnosi. «A questi dati fortemente positivi e risultato dell’alta qualità del nostro Servizio Sanitario. Si contrappongono difficoltà sempre più crescenti che riguardano la tenuta del sistema in tutti gli ambiti della strategia di controllo dei tumori: dagli screening, con differenze di copertura che superano il 40% tra le Regioni del Nord e quelle Sud, alle difficoltà di accesso ai test di biologia molecolare, ai percorsi terapeutici, ai programmi di riabilitazione fisica e psico-sociale, alla ricerca. Da qui la richiesta di istituire quanto prima la Cabina di regia nazionale (prevista dall’art 1, comma 2, dell’Intesa Stato Regioni del 26 gennaio 2023 concernente il Pon) che monitori il Piano, ne valuti i risultati e individui i necessari incentivi per le Regioni, anche mediante un’interazione strutturata dei diversi livelli istituzionali sia a livello nazionale (Ministero della Salute, Agenas, Aifa e Iss), che regionale, con il coinvolgimento attivo del mondo professionale, delle società scientifiche e delle Associazioni dei pazienti. Le scelte fatte finora sul piano finanziario non sono certamente idonee a rispondere alle necessità di cura dei malati di cancro. Con il Decreto del Ministero della Salute dell’8 novembre 2023 si è provveduto al riparto del fondo per l’implementazione del Piano Oncologico Nazionale per il periodo 2023-2027. Alla Lombardia sono destinati poco più di 1.700.000 euro per ciascun anno, alla Basilicata circa 83.000. Si tratta di cifre a dir poco irrilevanti, del tutto insufficienti a raggiungere gli obiettivi previsti dal Piano nazionale».

Regia unica del percorso


La seconda priorità è rappresentata dalla realizzazione e diffusione dei Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (Pdta), strettamente connessi alle Reti Oncologiche Regionali, di cui rappresentano l’elemento portante e garantiscono una regia unica per l’intero percorso oncologico del paziente. «La maggiore incidenza e la possibilità di cronicizzare la malattia producono una continua crescita, anche prolungata nel tempo, dei carichi assistenziali» sottolinea Carmine Pinto, Past President della Federation of Italian Cooperative Oncology Groups Ficog. «I Pdta sono fondamentali per il funzionamento delle Reti Oncologiche Regionali e consentono di migliorare la qualità delle cure, ma nel Piano Oncologico Nazionale non è prevista nessuna indicazione sulle risorse indispensabili per coprire figure necessarie quali i clinical study coordinator, gli psiconcologi, i nutrizionisti o i fisiatri. Allo stesso modo, non vengono individuati e definiti i percorsi per la continuità e integrazione assistenziale tra ospedale e territorio».

Mancano gli specialisti

La terza priorità è costituita dalla programmazione e valorizzazione del personale del servizio sanitario: entro il 2025 è previsto un ammanco di oltre 43.000 specialisti. Dal 2000 al 2022 si sono collocati all’estero circa 140.000 medici italiani e la maggior parte è impegnata nella Ricerca clinica o di base, che non era stato per loro possibile portare avanti nel nostro Paese. «Senza i professionisti cadono i capisaldi del sistema universalistico: equità e uniformità di accesso alla prevenzione, cura e riabilitazione» afferma Paola Varese, Presidente del Comitato Scientifico di Favo. «Dobbiamo partire dalle carenze e criticità attuali che, se non colmate, rischiano di far mancare medici e infermieri nei prossimi dieci anni».

Rete nazionale tumori rari

Infine, è necessario attivare la Rete Nazionale Tumori Rari (Rntr), attivata per legge nel 2017 e i cui centri sono stati individuati nel 2023. È il momento che essa inizi a lavorare, istituzionalizzando quanto è ancora a livello volontatistico dei singoli professionisti, proprio per superare le criticità nella cura dei pazienti colpiti da queste neoplasie e, soprattutto, a razionalizzare il fenomeno della migrazione sanitaria. «Ora è necessario che la Rete Nazionale Tumori Rari possa avviare la sua operatività nelle diverse Regioni, come ha pochi giorni fa deliberato di fare Regione Lombardia, prevedendo un’implementazione progressiva del modello organizzativo previsto dall’Intesa Stato-Regioni, anche con la partecipazione attiva delle associazioni dei pazienti, nei vari gruppi dei tumori rari solidi dell’adulto» spiega Roberto Casali, che coordina la rete professionale dei tumori rari solidi dell’adulto. «Occorre però che, a livello nazionale, si definiscano indicazioni precise sulle risorse da allocare, in particolare ai centri destinati a erogare i teleconsulti, così come sulla realizzazione dei supporti informatici e di un centro-servizi della Rete».

Infine, a creare particolare preoccupazione è l’autonomia differenziata, che aumenterà le già enormi disuguaglianze di accesso ai servizi tra cittadini.

Foto del National Cancer Institute su Unsplash

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