Car-T il futuro è già qui

Tumori: campagna di Ail sulle terapie cellulari

Fare informazione autorevole e un bilancio dei traguardi ottenuti in soli cinque anni, con uno sguardo alle future applicazioni e criticità, per capire la direzione da prendere. Questo l'obiettivo dell'Associazione italiana contro le leucemie, linfomi e mieloma, con la nuova iniziativa itinerante dedicata alle innovative terapie anticancro già entrate nella pratica clinica

di Nicla Panciera

«Car-T il futuro è già qui» è la nuova campagna dell’Associazione Italiana contro Leucemie, linfomi e mieloma Ail presentata a cinque anni dall’arrivo delle terapie e che fa seguito a quella promossa nel 2021 dal titolo «Car-T destinazione futuro».

«Allora decidemmo di fare informazione con voce autorevole e credibile, sulle potenzialità, l’efficacia e i limiti di questa terapia» ha spiegato Pino Toro presidente di Ail in occasione della presentazione della campagna a Milano. «Se il viaggio nel futuro è stata la metafora che ha ispirato quella prima campagna, oggi molti pazienti sono stati trattati, all’incirca 1400, negli oltre 40 centri abilitati, un risultato eccellente. Nel fare un bilancio di quanto è stato raggiunto, guardiamo al futuro anche per capire la direzione da prendere».

A cinque anni dall’arrivo in Italia della prima terapia genica anticancro, le Car-T (dall’inglese Chimeric Antigens Receptor T-Cells), terapie avanzate basate sulla modifica e sul potenziamento dei linfociti T che in questo modo riescono a riconoscere e aggredire le cellule tumorali, sono oramai una realtà ben presente nella pratica clinica.

«Le Car-T arrivano da 25 anni di ricerca di laboratorio e rappresentano il paradigma dei risultati degli investimenti sociali e culturali. Tutti i pazienti che oggi ne beneficiano non avrebbero alternative terapeutiche» ha detto Paolo Corradini, direttore dell’ematologia dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano e presidente della Società italiana di ematologia Sie, puntualizzando come le centinaia di milioni di investimenti «non siano stati tanto di laboratorio, per imparare a modificare geneticamente il linfocita e far sì che riconoscesse il tumore. L’aspetto critico e intelligente è aver investito sul capitale umano che ha reso possibile lo sviluppo, quello stesso capitale umano che non viene valorizzato ma viene perso. Oggi siamo di fronte a dei dati consolidati e possiamo anche guardare alle realtà degli altri paesi, per prendere spunto dalle buone pratiche lì adottate e iniziare a guardare ai risultati a lungo termine».

Le Car-T sono un motivo di speranza per i pazienti dopo tanti fallimenti, ma è «trattamento che inserisce un paradigma diverso rispetto all’usuale somministrazione di un farmaco» ha puntualizzato Piera Angelillo dell’ematologia e trapianto di Midollo dell’Ospedale San Raffaele di Milano. «Si tratta letteralmente di un patient journey, dalla candidabilità al prelievo delle cellule alla loro reinfusione ci sono tante fasi che avvengono in luoghi distinti, sono condotte da team diversi e in modo sequenziale interdipendente e orchestrato. Il viaggio del paziente è molto lungo, può durare 15 anni, le complicanze potendo avvenire anni dopo il trattamento». Inizialmente, infatti, ci si concentrava sugli effetti immediati, come la sindrome da rilascio delle citochine e gli episodi di tossicità neurologica, ma il follow up di lungo periodo ha evidenziato altri rischo come quello di infezioni e di secondi tumori. «L’utilizzo in clinica ci ha dato un’immagine realistica, l’accento iniziale sulle tossicità acute si è spostato anche alle conseguenze a medio e lungo termine, ora lavoriamo per prevenirle, anche in pazienti con fattori di rischio particolare. È quindi necessaria la registrazione prospettica degli eventi critici».

La terapia con Car-T cells che sta dando un avvenire ai tanti bambini affetti da tumori del sangue, talvolta refrattari, in primis la leucemia linfoblastica acuta. L’attività di ricerca in ambito pediatrico è intensa e ampia per riuscire a trovare terapie geniche con il miglior profilo di sicurezza, efficacia e sostenibilità. «Le Car-T possono fungere da strumento che consente di raggiungere una profonda remissione completa, anche molecolare, per garantire al trapianto migliori probabilità di successo, come bridge to transplant, per poi tradursi in guarigione» ha spiegato Adriana Balduzzi, direttrice della pediatria dell’Irccs San Gerardo di Monza. La leucemia linfoblastica acuta rappresenta il 30% dei casi di tumore negli under 18 anni. «La maggioranza dei pazienti con terapia convenzionale raggiunge la remissione e vi resta così a lungo da parlare di guarigione, ma il 15% recidiva e la recidiva in età pediatrica è il quarto tumore più frequente in questa fascia d’età». Al San Gerardo c’è una delle tre cell factory italiane. Sono poche, perché la produzione è un processo molto complesso e soprattutto costoso e difficilmente sostenibile al di fuori del contesto delle aziende farmaceutiche. «Nelle recidive refrattarie, quindi in terza linea, usiamo le Car-T. Noi usiamo il nostro prodotto accademico e anche quelli allo studio, nei contesti dei trial; abbiamo un CarT cells team di una ventina di specialisti tra ematologo clinico, intensivista, neurologo, infettivologo, biologo-medico, farmacista e abbiamo trattato 50 casi». Oltre a Monza e Roma, che fanno il maggior numero di infusioni, gli altri centri Car-T accreditati come pediatrici in Italia sono sei, presto un settimo, con Bologna.

Oggi, le strutture accreditate in Lombardia sono 10, di cui 6 a Milano: Besta, Humanitas, Ieo, Int, Niguarda, Policlinico, quindi Papa Giovanni Bergamo, San Gerardo Monza, San Matteo Pavia, Ospedali Civili Brescia. «I pazienti trattati sono stati 500, il 10% leucemie e il 90% linfomi» ha fatto sapere Giuseppe Piccolo, coordinatore trapianti Regione Lombardia. «Mi impegno a fornire presto altri dati. Infatti, torneremo su quei centri accreditati documentando una valutazione del percorso a lungo termine».

Per questo nuovo paradigma di cura per alcuni tumori del sangue, aggressivi e refrattari, sono già state ampliate le indicazioni terapeutiche ed è allo studio la sua efficacia anche per i tumori solidi e alcune malattie non oncologiche. Sono trattamenti molto costosi e non occuparsi della questione della sostenibilità per il Sistema sanitario nazionale sarebbe un errore. Conclude Corradini: «Non possiamo fare finta che il problema delle risorse non esista. Il da farsi non è solo una scelta medico-scientifica ma anche politica e sociale. Da parte nostra, bisogna lavorare alla ricerca di biomarcatori per rendere al massimo l’appropriatezza clinica del prodotto», individuando in anticipo i pazienti nei quali il trattamento funzionerà al meglio.

«Ail sostiene la ricerca che possa dare risposte ai bisogni dei pazienti. Abbiamo contribuito al finanziamento di 10 studi clinici per un totale di 700 pazienti coinvolti negli ultimi 10 anni. Dal 2020, inoltre, ci impegniamo supportando la ricerca sulle CarT all’Istituto Nazionale del Tumori dove abbiamo finanziato la psicologia clinica» ha detto Nicolò Pozzetto responsabile raccolta fondi Ail Milano, ricordando che l’imminente inaugurazione della nuova residenza per i migranti sanitari a Milano. «Sosteniamo economicamente le situazioni più fragili e adottiamo un approccio integrato alle necessità pratiche ed emotive».

Grazie al finanziamento di Ail Milano Monza e Brianza, uno studio ha indagato i bisogni dei pazienti onco-ematologici sottoposti a Car-T cells e dei caregiver: «Una moltitudine di bisogni non pienamente soddisfatti tra cui spiccano quelli esistenziali» ha spiegato Sara Alfieri, Ricercatrice psicologa della Psicologia Clinica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. «Hanno bisogno di credere che, dopo i fallimenti delle linee precedenti, questa terapia potrà andare bene; che sarà una possibilità terapeutica aggiuntiva; chiedono migliori informazioni e una comunicazione, anche infausta, purché data in modo empatico e che rispetti i loro tempi; seguono i bisogni legati all’assistenza per cui i pazienti desiderano il miglioramento dei servizi di base (supporto psicologico, visite e controlli vicini alla propria residenza) e il sostegno del mondo delle associazioni per migliorare la vita di tutti i giorni. È forte e predominante il bisogno di non sentirsi abbandonati. I caregiver dal canto loro mostrano una visione più pessimistica e hanno paura a credere che l’ennesimo tentativo di cura con Car-T possa avere un lieto fine».

La campagna «Il futuro è già qui», che ha il sostegno non condizionante di Bristol Myers Squibb, Gilead Sciences e Johnson&Johnson, dopo Milano approderà a Roma e Bologna, città che ospitano diversi centri abilitati alla somministrazione di Cart-T.

Foto di Louis Reed su Unsplash

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