Volontariato
Trucchi, presidente delle Misericordie: «Quella sulla Protezione Civile? Una riforma corale»
«Finalmente viene riconosciuto il ruolo delle numerose associazioni che concorrono all'emergenza e alla tutela del territorio», ha sottolineato il numero uno della Confederazione nazionale. L’intervista
«Siamo particolarmente soddisfatti, sono state ascoltate le richieste e le istanze delle associazioni di volontariato e si è fatto tesoro di tutti gli ultimi eventi calamitosi che hanno colpito il territorio italiano». Roberto Trucchi guida la Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia, che da subito ha elogiato il Governo per la nuova legge sulla Protezione civile. Le Misericordie sono una delle realtà che hanno partecipato alla stesura del testo.
Presidente, come si è arrivati alla riforma?
Il testo, composto da 87 pagine, raccoglie le buone abitudini acquisite negli anni. Norma e armonizza ciò che abbiamo imparato negli ultimi interventi. Interessante è il metodo voluto dal Capo dipartimento della Protezione civile: un percorso condiviso che ora evolve nella costituzione di un Osservatorio. In realtà in tutto il testo vi è, pur senza esonerare le Istituzioni dai loro compiti e responsabilità, un rafforzamento del volontariato e del Terzo settore. A livello pratico e a livello ideologico. Un volontariato che non si chiama a spot, dopo l’emergenza, ma che partecipa al sistema, nella stesura delle procedure e in attività di educazione alla popolazione. È quell’autorevole riconoscimento che abbiamo visto anche nei nove mesi di lavori per stendere la riforma.
Tra i punti qualificanti la riforma, il Governo indica la chiarezza sulla catena di comando. Ce n’era bisogno?
Sì, perché la Protezione civile è materia concorrente di diversi componenti, per esempio nell’apparato degli enti locali, tra Comune e Regione, oppure tra lo Stato centrale e la Regione, che è dotata di autonomia. Il primo responsabile rimane il sindaco, ma il nuovo testo definisce, a seconda dell’intensità, i livelli di responsabilità. Nel caso dell’alluvione di Livorno, ad esempio, il comando va al Comune e poi alla Regione, mentre un evento come il terremoto di Amatrice è da subito sotto la direzione del Dipartimento nazionale.
Il testo sottolinea l’importanza della prevenzione…
Sì, perché estende il concetto di Protezione civile come sistema. Si parla finalmente in modo preciso e strutturato di previsione dei rischi e azioni di prevenzione. Anche qui il ruolo del Terzo settore è valorizzato, pensando a un suo coinvolgimento nella formazione. Si mira a promuovere una cultura della Protezione civile, in cui la società sa proteggersi, sa costruire le abitazioni tenendo conto dei rischi; penso all’abitazione-scantinato in cui sono morte 4 persone a Livorno. Per esempio è importante che la popolazione conosca il territorio e, in caso di allerta arancione, conosca le norme di comportamento a cui attenersi.
Altre modifiche riguardano i tempi. Perché sono importanti?
I tempi dell’emergenza diventano più lunghi. In particolare si introduce il concetto di mobilitazione nazionale: finora, per attivare risorse (uomini e mezzi di soccorso) dal Dipartimento nazionale, occorreva la proclamazione dello Stato di emergenza. Con un esempio concreto: si prevede che pioverà tanto ma, finché il fiume non esonderà, non si possono mobilitare uomini e mezzi. Con il nuovo testo la Protezione civile si potrà muovere in anticipo. Era necessario: gli “angeli del fango” di Genova hanno mostrato una grande manifestazione di civiltà, ma hanno anche evidenziato il ritardo delle Istituzioni.
Perché questo testo prosegue l’evoluzione del concetto di Protezione civile?
Lo si capisce guardando alla storia della risposta alle emergenze: negli anni Ottanta, la Protezione civile era una funzione assolta da altri corpi, come l’esercito, adattando quindi risorse che ordinariamente facevano altro. Poi il sistema si è specializzato: le forze armate continuano a parteciparvi ma all’interno di un regime con sue specificità, in cui le diverse componenti portano le loro peculiarità. Infine l’attuale passaggio: il sistema Protezione civile non solo corre in soccorso, ma affida responsabilità e previene. Adesso il sindaco ha il vincolo di predisporre un piano di Protezione civile e, solo se l’ha fatto, può attuare un piano urbanistico. In sostanza, può costruire una strada in una zona solo se, prima, è stata definita sicura. Non dovrebbero più sorgere case in zone alluvionabili, perché il piano di Protezione civile è diventato predominante sulle altre pianificazioni.
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