Non profit

Troppi sprechi si può cambiare

Il Parlamento negli ultimi due anni ha votato due leggi a favore della distribuzione di cibi ancora commesitibili alle persone povere (di Michele Boato).

di Redazione

Anche quest?anno abbiamo archiviato le feste di Natale. Forse un po? meno ricche, perché con i prezzi che ci sono ci sentiamo tutti un po? più poveri. Ma sono colpita dallo spreco di cibo che avviene sulle nostre tavole. Non è un discorso moralistico, ma fa male al cuore dover buttare tanta roba ancora buona. Senza contare le eccedenze dei supermercati, in questo periodo pieni zeppi di prodotti. Ma è possibile che non si possa fare proprio niente? Formichina57 (email) Ogni anno in Italia viene buttato nella spazzatura oltre il 10% del pane e della pasta messa sulla tavola delle famiglie e ancora commestibile, cui si aggiunge il 15% della carne. Insieme fanno circa un milione e mezzo di tonnellate di cibo sprecato. Si tratta del 5% dei 30 milioni circa di tonnellate di Rsu (rifiuti solidi urbani) prodotti ogni anno in Italia, che, divisi per i 57 milioni di abitanti, equivalgono, in media, a 26 chili di cibo buttato via ogni anno da ciascuno di noi (poco meno di un etto al giorno). Con questo cibo si potrebbero sfamare oltre tre milioni di persone, con più di un chilo a testa al giorno. Si tratta perciò di uno scandalo dal punto di vista morale; ma è anche un enorme spreco economico, pari a circa 5.500 milioni di euro. Le cause sono più di una. Innanzitutto c?è una spesa settimanale eccessiva, soprattutto quella fatta dalle famiglie a reddito medio – alto, ai super o ipermercati: in 10 anni la spesa media nazionale è aumentata di 32 kg a testa all?anno; inoltre la qualità dei cibi è diventata, spesso, più scadente, come il pane immangiabile già la mattina dopo l?acquisto, mentre quello di grano duro o integrale resta(va) fresco per giorni; c?è poi la verdura e altri cibi venduti dopo essere stati congelati nei frigoriferi dei grossisti, che marciscono subito e, infine, un tipo di cucina ?usa e getta? che non riutilizza le parti cucinate ma non consumate. Ci sono poi gli scarti che avvengono nei negozi stessi. È stato calcolato che un ipermercato ha una media di 170 tonnellate di alimenti ancora commestibili scartati ogni anno, pari a circa mezza tonnellata al giorno. Solo in questo segmento di mercato, sono circa 350mila tonnellate l?anno. I fast food buttano cibi commestibili a 20-30 minuti dalla cottura, perché perdono in immagine; i bar, a sera, buttano i cornetti invenduti (che potrebbero regalare ai mendicanti). Sono invece in controtendenza gli ospedali, che riducono gli scarti per i tagli dei finanziamenti e le caserme per la riduzione del numero di militari. L?Italia non è ai vertici dello spreco alimentare, c?è chi fa peggio di noi. Una ricerca conclusa nel 2002 dal ministero dell?Agricoltura americano ha scoperto che il 25% della produzione alimentare Usa finisce ogni giorno nella spazzatura; a questa percentuale si aggiunge la parte di cibo distrutta deliberatamente nella fase pre mercato. A questa realtà di spreco si contrappone un dato reso pubblico dall?Onu nel 2000: ogni sera, 820 milioni di persone vanno a letto affamate, non essendo riuscite ad alimentarsi “in modo da mantenere lo stesso peso e fare un po? di attività”. Negli ultimi due anni il Parlamento italiano ha votato due leggi che facilitano l?attività delle associazioni che intendono distribuire tra i più poveri i cibi ancora commestibili che verrebbero gettati. Nell?agosto 2002 è stata approvata la legge 179 che toglie dalla lista dei rifiuti le eccedenze provenienti dalle cucine di mense e ristoranti, se sono destinate a strutture di ricovero di animali d?affezione. Ciò facilita il compito degli amici degli animali che prima trovavano mille impedimenti a portare in canili o gattili gli avanzi delle grandi cucine. Un?altra legge positiva è la 155 del luglio 2003, detta del Buon samaritano, con cui si facilita l?attività delle onlus che ritirano cibi deperibili, cucinati e non consumati, in ristoranti o mense, per portarli gratis nelle tavole dei poveri. Da gennaio 2003 è in corso a Bologna un?esperienza che dimostra quanto si potrebbe fare con il cibo che ora viene buttato: l?associazione Last Minute Market onlus preleva ogni giorno da un ipermercato le eccedenze di alimenti freschi (pane, pasta, frutta, verdura, carne, latte e latticini) e le distribuisce a sette associazioni che agiscono nel raggio di un chilometro, e con esse forniscono un pranzo a 150 persone. Quanto non destinabile all?alimentazione umana è distribuito ad associazioni che curano animali abbandonati. Tra gli aspetti positivi dell?iniziativa c?è anche un risparmio per l?azienda che per quegli scarti non sostiene alcun costo di smaltimento: è l?1,5% del fatturato. Sarebbe il caso di moltiplicare iniziative del genere.

Michele Boato

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.