Famiglia
Troppi pochi adulti sono capaci di dire: Pronto!
Patricia Coppola - Telefono Azzurro
da fare” l’ha portata a mettersi in ascolto delle migliaia di bambini soli e bisognosi d’Italia. E,
cornetta alla mano, ha imparato che…A un certo momento – era il 2005 – Patricia Coppola ha scelto il telefono. «Quando è nata la prima figlia ho smesso di lavorare e ho iniziato a fare la mamma. Poi sono arrivate le due gemelle e quindi la mia scelta è diventata sempre più convinta. Un giorno, le bambine frequentavano le elementari, mi sono accorta di avere più tempo a disposizione». È stato così che Patricia ha deciso di uscire dall’orticello: «Mi sentivo un po’ egoriferita: mio marito, i miei figli, la mia casa…».
Cosa ha pensato?
Che fosse un imperativo morale dedicare un po’ di tempo a me stessa, e nel decidere come impegnare questo tempo ho pensato che non ci fosse cosa migliore che rivolgerlo agli altri. Mi sono messa a navigare su internet e sono capitata sul sito di Telefono Azzurro. Non ne sapevo gran che, al di fuori di quello che sanno tutti. Beh, mi ha catturato immediatamente.
Perché?
Sostenere i bambini di oggi significa aiutarli a diventare adulti migliori domani, ascoltarli li aiuta a diventare adulti che ascoltano. E di adulti migliori c’è bisogno. Mi sono messa in contatto con l’associazione senza nessuna velleità particolare. Alla persona che mi fece il colloquio, dissi: «Non ho l’ambizione di fare a psicologa al telefono, se avete bisogno di qualcuno anche solo per imbustare le lettere, eccomi».
E cercavano qualcuno per imbustare?
Mi hanno detto che avrebbero fatto una valutazione per capire come potesse essere indirizzata la mia disponibilità. Oltre al servizio di risposta telefonica, si poteva ad esempio seguire un ragazzo singolarmente. Un progetto molto interessante, ma io ero libera solo fino a metà pomeriggio. Così, ci siamo orientati al servizio telefonico. Ho fatto un corso di formazione e poi ho iniziato stando lì ad ascoltare una volontaria con parecchia esperienza. Si è immediatamente instaurato un rapporto di estrema fiducia.
Quanto tempo dedica ogni settimana?
Dipende, un turno di 2 o 4 ore. Negli anni però questo servizio è cambiato. Inizialmente facevo in pratica da filtro: ricevevo le chiamate e le passavo, nel caso, alle operatrici. Adesso invece noi volontari siamo stati formati per gestire alcune tipologie di telefonate, per una consulenza leggera. Da quando c’è questo nuovo servizio, il turno è più lungo.
Un salto di qualità…
Sì, impegnativo anche. Però con grandi soddisfazioni. Quando si prende una telefonata di una bambina che all’inizio porta come problematica quella di sentirsi sola, di annoiarsi e ha la voce triste e poi, dopo trenta minuti, senti dalla voce che si sente meglio, che è stata felice di parlare…
Se la chiamata preannuncia un caso grave, che fa?
La passo alle psicologhe. Non è il mio lavoro. Certo, mi è capitato che una telefonata partisse con una dichiarazione di solitudine e poi venisse fuori una problematica più grave… In quei casi passo la mano immediatamente.
Contenta di aver scelto Telefono Azzurro?
È stata un’ottima scelta. Ho incontrato persone fantastiche, dalle quali mi sento aiutata e gratificata. Poi c’è la soddisfazione che ricevi dai bambini. Una volta mi è capitato di ricevere la chiamata di un bambino che esordì così: «Volevo fare gli auguri a Telefono Azzurro». Mi alzai e quasi gridando comunicai alle altre volontarie il suo messaggio.
Cosa apprezza di più?
Il fatto che questo impegno ti dà una spinta incredibile. Sapere che ciò che fai può rendere più sereni dei bambini che magari tanto sereni non sono, ti dà una carica enorme. Non c’è come venire a contatto con problemi veri, per rendersi conto che si è dei privilegiati. Anche se non è che tutti i bimbi che chiamano raccontino casi drammatici da telegiornale.
Che idea si è fatta in questi anni degli adulti?
Se ne sentono tante. Adulti non adeguati, che non hanno a cuore il benessere dei propri figli, distratti presi da mille altri problemi. Comunque, la mia idea sulle famiglie italiane non è cambiata. Non è che prima pensassi a famiglie solo fantastiche e poi mi sia accorta che non lo sono.
Cos’ha imparato da questa attività, che ha poi portato nella sua quotidianità familiare?
L’ascolto che pratico nel corso del servizio e per il quale sono stata formata, viene definito “attivo”, nel senso che valorizza l’altro. Ti insegna ad esempio a fare le domande non per suggerire le risposte, ma per aiutare il bambino a trovarle dentro di sé. È chiaro, è uno strumento che posso usare nel rapporto con le mie figlie.
Un ascolto che valorizza.
Telefono Azzurro non è dispensatore di verità o di consigli. Lo scopo è che l’interlocutore, anche se è solo un bambino o un adolescente ancora fragile, arrivi da solo alla soluzione.
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