Sostenibilità
Troppi lupi vittime di bracconaggio
Oltre il 40% degli esemplari ucciso da armi da fuoco, con lacci o avvelenato. Dati diffusi da Parco della Majella e Legambiente che rilanciano i "Ris dei lupi": squadre specializzate per analizzare i decessi e contrastare l'illegalità
Oltre 100 lupi morti per cause non naturali nel triennio 2013-2015. A rendere noti i dai sono il Parco Nazionale della Majella e Legambiente a due anni dalla conclusione del progetto Life Wolfnet. Precisamente si tratta di 115 esemplari: oltre il 40% è stato ucciso: con armi da fuoco (24,3%), avvelenato (10,5%) o torturato con i lacci (6 %). Inoltre, il 45,6% è stato investito lungo le strade, mentre per il 13,2 i motivi della morte sono incerti. Meno dell’1% dei lupi è morto per aggressione da parte di altri canidi.
I lupi che sono tornati a vivere nei nostri territori sono stati bersaglio di gravi atti di bracconaggio, una vera e propria persecuzione – sottolinea una nota congiunta di Legambiente e Parco della Majella – alimentata da castelli di false credenze e pregiudizi, a danno di una specie importantissima della nostra fauna selvatica, che invece proprio grazie alle azioni di tutela portate avanti nei Parchi dagli anni ’70 ad oggi sta uscendo dal rischio di estinzione.
Il progetto Life Wolfnet fra le varie azioni di tutela del lupo aveva lo scopo di rilanciare le attività dei “R.I.S dei lupi: squadre specializzate composte da veterinari, biologi e forestali capaci di analizzare i casi di decesso di lupi, così da stabilirne con certezza le cause, avere maggiori elementi per accertare i colpevoli e mettere in campo le necessarie azioni di contrasto.
Tra le regioni guida di questa classifica la Toscana con 22 lupi uccisi negli ultimi tre anni (ben 10 per arma da fuoco), seguono il Piemonte e l’Abruzzo con 18 casi ciascuno, sebbene va evidenziato che per il Piemonte si tratta soprattutto di incidenti stradali.
«È importante evidenziare che le cause di decesso dei lupi, se si escludono quelle accidentali come gli investimenti stradali, sono riconducibili ad azioni illegali e di bracconaggio, reati punibili per legge, tanto più inaccettabili se si considerano gli sforzi fatti nel nostro Paese dal sistema dei Parchi e delle aree protette nel campo della ricerca e della conservazione per consentire che questo predatore, essenziale per ristabilire gli equilibri naturali, ritornasse a popolare i nostri territori. Non è raro, inoltre, che in alcune zone i lupi siano stati uccisi dai bocconi avvelenati rilasciati nelle tartufaie, una pratica barbara per colpire i cani dei competitori che stermina senza distinzione anche la fauna selvatica, lupi compresi. È perciò quanto mai urgente mettere in campo tutte le contromisure necessarie per fermare questo fenomeno e ridurre il conflitto tra presenza del lupo e attività umane», afferma Antonio Nicoletti responsabile Parchi di Legambiente. «I Parchi aderenti al Progetto Wolfnet 2.0 hanno rilanciato una strategia condivisa sulla gestione del lupo, già scritta nella “Carta di Sulmona”, documento sottoscritto due anni fa dai più importanti enti gestori d’Italia nel quale si delineano le priorità per favorire una giusta convivenza tra lupo e attività antropiche, con gli opportuni adattamenti territoriali, ma senza mai allontanarsi dalla conoscenza tecnico-scientifica, che è la base per l’attuazione delle migliori pratiche di gestione che, nel nostro Paese, in alcuni casi, abbiamo saputo elaborare ed esportare».
Per Franco Iezzi, presidente del Parco della Majella, il primo passo fondamentale «è quello di mettere in campo un’azione trasparenza capace di migliorare la conoscenza sulla reale diffusione ed espansione del lupo in Italia, cominciando a smantellare leggende ancora molto diffuse e radicate, soprattutto nei territori dove il conflitto con l’uomo è più aspro, che ancor oggi insinuano che il lupo sia stato reintrodotto con rilasci di esemplari nelle aree protette. Il lupo non è mai stato reintrodotto, il ripopolamento è avvenuto per cause “naturali”, perché se ne è vietata la caccia e i parchi ne hanno tutelato la presenza».
«Tra le cause di mortalità dei lupi, una delle più diffuse, ma anche difficili da affrontare, dal punto di vista delle indagini forensi è la morte provocata da arma da fuoco», commenta Simone Angelucci, veterinario del Parco della Majella. «Da pochi giorni si è concluso un corso di formazione per gruppi operativi specialistici, quelli che abbiamo chiamato i “Ris dei lupi”. Si è trattato di una formazione specialistica in armi da fuoco, balistica e fauna selvatica che ha visto la partecipazione di circa 100 addetti ai lavori, tra agenti del Corpo Forestale dello Stato, veterinari e biologi dei cinque Parchi Nazionali partner del progetto Wolfnet 2.0, finanziato dal ministero dell’Ambiente e svoltosi anche con la collaborazione del Centro di Referenza per la Medicina Forense Veterinaria di Grosseto. I Ris della fauna selvatica hanno intrapreso ora un percorso specialistico per una delle cause di mortalità illegale del lupo che rappresenta, almeno potenzialmente, una minaccia diretta, o almeno espressamente rivolta alla persecuzione della specie».
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