Famiglia
Troppi esami. E la gravidanza diventa un salasso
Visite aggiuntive, ginecologo privato, optional "sanitari": così la cicogna diventa un aggravio per il bilancio familiare
di Redazione
La cicogna costa cara agli italiani, anche prima del suo arrivo. Nei nove mesi che precedono la nascita, infatti, lievitano le spese sanitarie, nonostante la gratuita’ delle prestazioni garantite dal Ssn che offre alle future mamme l’assistenza di base, considerata piu’ che sufficiente dagli esperti. Colpa delle troppe ecografie (solo il 15% delle gestanti si attiene alle tre previste dal Ssn, secondo dati Iss) e di esami ‘aggiuntivi’ prescritti. Prestazioni oggi ‘gravate’ anche dal ticket di 10 euro sulla ricetta, con risparmi piu’ limitati o addirittura nulli persino quando si sceglie il pubblico. A far salire i costi anche la tendenza a scegliere il ginecologo privato, preferito dal 75% delle donne. Senza contare i tanti optional ‘sanitari’ che il mercato propone: dalle vitamine (in media 13-14 euro al mese) alle creme anti-smagliature (dai 20 ai 40 euro a confezione); dai ritrovati anti-nausea non farmacologici (15 euro il ‘braccialetto’ per la acupressione) fino alle soluzioni per lavare le verdure crude (in media 14 euro al litro) contro i rischi di contaminazioni biologiche. Le donne cominciano a spendere gia’ prima del concepimento, se non sono abbastanza informate: molte non sanno che gli esami preconcezionali sono gratuiti ne’ sono in grado di chiedere spiegazioni quando il medico prevede esami aggiuntivi non previsti dal Ssn. Non e’ gratuito, invece, il test di gravidanza che si acquista in farmacia o al supermercato (dai 9 ai 15 euro e piu’), ne’ il dosaggio delle BetaHcg, in genere prescritto per confermare la gravidanza, che nel pubblico, con il ticket di 10 euro a ricetta, puo’ costare di piu’ che nel privato (28 euro a pagamento, 29.10 – cioe’ 19,10 + 10 – con ricetta, dato rilevato in strutture convenzionate di Roma).
Non e’ gratuito, invece, il test di gravidanza che si acquista in farmacia o al supermercato (dai 9 ai 15 euro e piu’), ne’ il dosaggio delle BetaHcg, in genere prescritto per confermare la gravidanza, che nel pubblico, con il ticket di 10 euro a ricetta, puo’ costare di piu’ che nel privato (28 euro a pagamento, 29.10 – cioe’ 19,10 + 10 – con ricetta, dato rilevato in strutture convenzionate di Roma). Costano care anche le ecografie in piu’ (in media 80 euro nel privato, circa 46 euro con il ticket), le visite mensili dal ginecologo privato (70-100 euro in media ). Molto salato, poi, il conto per gli esami genetici. Un’amniocentesi – per le donne con meno di 35 anni per le quali non e’ prevista la gratuita’ o per chi decide di rivolgersi al privato – costa da 500 euro fino a oltre mille euro per ‘pacchetti’ in cui sono previste ricerche genetiche piu’ approfondite (non sempre utili, secondo gli esperti). Ma rivolgersi al privato, in alcune aree d’Italia, e’ una necessita’ per questi esami, da eseguire in date precise. In particolare, per l’amniocentesi non sempre e’ facile riuscire a prenotare in tempo nella struttura pubblica, pur avendo diritto all’esame gratuito, viste le lunghe liste d’attesa.
Secondo l’indagine Istat su ‘Gravidanza, parto e allattamento al seno’, condotta tra il 2004 e 2005 coinvolgendo 2 milioni 736.000 donne, emerge da un lato il buon livello di assistenza per le pazienti in dolce attesa, dall’altro un ulteriore incremento della medicalizzazione della gravidanza e dell’eccessivo utilizzo delle prestazioni diagnostiche. Infatti, mentre il protocollo nazionale raccomanda tre ecografie in caso di gravidanze fisiologiche, ben il 78,8% delle donne ne ha fatte di piu’, con un ulteriore incremento rispetto al dato gia’ elevato del 1999-2000 (75,3%). Aumenta anche la percentuale di donne che ha fatto almeno 7 ecografie (dal 23,8% nel 1999-2000 al 29,0% nel 2004-2005). E sono soprattutto le future mamme seguite da ginecologi privati (inclusi quelli che lavorano anche in ospedale) a fare piu’ di 3 ecografie nel corso della gravidanza (circa 81,7%). Molto elevato, poi, il numero di donne che si sottopone a piu’ di 6 ecografie nel Sud e nelle isole (rispettivamente 32,4% e 34,4%). La distanza tra le raccomandazioni dei protocolli nazionali e la media ”non e’ certamente spiegata dalla piccola quota di gravidanze con disturbi gravi (22,7%) – precisa il rapporto Istat – Il dato infatti e’ elevato non solo per le donne che hanno avuto gravidanze difficili”. Prova ne e’ che chi ha avuto disturbi gravi durante la gestazione ha un numero medio di ecografie effettuate (6,2) non molto diverso da quello medio complessivo (5,5) e un numero di visite di poco superiore alla media (8 contro 7).
La gravidanza della italiane e’ eccessivamente ‘controllata’ con esami e visite mediche. Lo dicono i dati Istat, confermati anche da quelli dell’Istituto superiore di sanita’ (Iss) che, nel 2002, ha realizzato un’approfondita indagine conoscitiva sul ‘percorso nascita’ nella quale, tra l’altro, si rileva, oltre a una forte medicalizzazione dalla nascita, anche l’insufficiente informazione fornita alle donne da medici e istituzioni. Evidente, poi, il ricorso al ginecologo privato, scelto dal 75% delle future mamme che pero’, nella maggior parte dei casi preferiscono partorire in ospedale (90%). ”Le donne italiane – spiega Michele Grandolfo, epidemiologo direttore del reparto indagini campionarie di popolazione dell’Iss – sono purtroppo poco informate e poco sostenute nel corso della gravidanza. E sono sottoposte a molte piu’ analisi di quelle necessarie”. Un fenomeno non esente da rischi, ricorda l’esperto, in particolare per i cosiddetti ‘falsi positivi’. ”Esagerando con le analisi – spiega Grandolfo – si rischia piu’ facilmente di avere un’indicazione della presenza di un problema anche quando non c’e’: il falso positivo appunto. Si innesca cosi’ un meccanismo di azioni mediche costose e spesso dannose”.
Non sempre inoltre la medicalizzazione della gravidanza – un trend che interessa tutto il mondo occidentale – e’ indice di sicurezza .”Il taglio cesareo, come intervento chirurgico quando non e’ ‘salvavita’, aumenta – ricorda – di due volte la mortalita’ neonatale e di quattro volte la mortalita’ materna. Questo semplice dato dimostra come non sia vero, quindi, che un eccesso di misure mediche rappresenti sempre e comunque un miglioramento”. ”L’eccesso di esami – continua Grandolfo – non sempre garantisce la qualita’. Per fare un buon esame e’ necessario che ci sia un buon apparecchio, piu’ recente possibile, con personale addestrato. Ma troppe ecografie sono solo il segno che oggi un ecografo si trova dappertutto, in qualsiasi studio medico, senza che ci sia un controllo sui risultati”. E l’esperto invita – per tutelare meglio la salute di mamma e bambino – a puntare sulla qualita’ piu’ che sulla quantita’. ”Se si facessero meno ecografie ci sarebbero meno attese, e sarebbe piu’ facile farle gratuitamente nel servizio pubblico”. Fondamentale, inoltre, informare e sostenere le donne che devono poter ricominciare a ”riappropriarsi del proprio corpo e della propria gravidanza. L’eccesso di medicalizzazione le esclude dalla gestione autonoma di questo particolare momento della vita: un grave errore anche dal punto di vista medico”.
Troppi esami in gravidanza? Un fenomeno reale in Italia che deve essere combattuto con una nuova cultura di sostegno alle mamme, ma anche ai medici che non sempre sono garantiti, dal punto di vista legale, dai rischi inevitabili in medicina. Lo sostiene Massimo Moscarini, presidente dell’Associazione ginecologi universitari italiani (Agui), convinto che nel nostro Paese sia necessario ”migliorare l’assistenza in gravidanza, sia dal punto di vista organizzativo sia nei rapporti tra i diversi attori del sistema”. ”In Italia – spiega Moscarini all’ADNKRONOS SALUTE – si fanno sicuramente troppi esami rispetto ad altri Stati europei. Anche se ci sono ottime linee guida condivise che indicano il numero adeguato di controlli”. Un problema legato, probabilmente, al fatto che nel nostro Paese nascono pochi bambini e l’eta’ delle madri si e’ molto elevata. ”Le donne – spiega l’esperto – hanno bisogno di rassicurazione e sostegno in questa fase della vita. Non a caso scelgono spesso il medico privato, che garantisce un rapporto diretto. Nel pubblico, purtroppo, le pazienti, anche quando l’assistenza e’ eccellente, vengono spesso lasciate sole”. C’e’ poi il problema medico-legale che spinge verso una medicina ‘difensiva’. ”Non sempre – precisa Moscarini – il magistrato e’ sufficientemente preparato per valutare le scelte del camice bianco”. E un esame in meno puo’ diventare una colpa. ”Bisognerebbe ricordare che la medicina non e’ matematica”, aggiunge. Moscarini suggerisce un”alleanza’ per migliorare l’assistenza alla gravidanza senza medicalizzarla troppo. ”Occorre lavorare a una cultura del sostegno, coinvolgendo i medici di famiglia”. Necessaria, poi, ”una maggiore organizzazione del territorio e negli ospedali”. In particolare deve crescere la qualita’ ”con una maggiore assistenza in sala parto, una migliore assistenza alberghiera, una piu’ spiccata umanizzazione”. Azioni che renderebbero il percorso dei 9 mesi piu’ agevole e rassicurante per le donne.
D’accordo con il presidente della Agui anche i medici di famiglia. ”Sostenere e informare le donne – spiega Donatella Alesso, medico di famiglia (Fimmg) a Casale Monferrato – e’ una risposta giusta contro l’eccesso di esami in gravidanza. Sono sicuramente necessarie una maggiore comunicazione e linee guida condivise tra ginecologi e medici di famiglia”. L’obiettivo e’ prevenire. ”Importante, quindi – dice Alesso – un’educazione preventiva perche’ le donne ritornino a pensare alla gravidanza come fatto fisiologico. Con un maggiore intervento dei medici di famiglia sull’informazione potremmo ridurre l’iperprescrizione e riportarla fuori dalla medicalizzazione”. Per far questo, pero’, i medici di famiglia devono essere meglio formati. ”Fino ad oggi – conclude – siamo stati esautorati dal trattare problemi di tipo ginecologico e endocrinologico. Si deve cambiare pagina”
Non ci sono solo i troppi esami medici a ‘gravare’ sul bilancio degli italiani che aspettano un bebe’. Le future mamme sono ‘sommerse’ da messaggi promozionali dei piu’ disparati prodotti per l’infanzia. Un vero e proprio ‘bombardamento’, spiega Linda Grilli, responsabile SOS Mamma – Lega Consumatori Acli Toscana. Nonostante la gratuita’ delle prestazioni mediche offerte dal Ssn ”sono tantissime le mamme che pagano esami aggiuntivi, soprattutto ecografie ed amniocentesi”, spiega, Grilli ricordando che da oltre 7 anni lo sportello ‘SOS Mamma’ e’ impegnato sul fronte del caro-bebe’. Ma c’e’ un altro punto dolente: il marketing. ”Non appena le aziende ‘scoprono’ una mamma in dolce attesa (per entrare nei loro data-base e’ sufficiente sottoscrivere la fidelity card di un negozio specializzato in puericultura o abbonarsi ad una rivista per future mamme) si mette in moto un meccanismo pubblicitario perverso, fatto di invii di opuscoli, guide all’acquisto, campioni omaggio e quant’altro. Un meccanismo – continua Linda Grilli – che, naturalmente, si intensifica ulteriormente dopo la nascita del bambino e che ha un solo obiettivo: quello di vendere il piu’ possibile, anche se l’oggetto in fondo non serve o e’ superfluo”. Contro questo fenomeno lo sportello ‘SOS Mamma’ – raggiungibile online all’indirizzo www.sosmamma.org – mette a disposizione delle future mamme ”materiale, guide e utili informazioni per aiutarle a districarsi nel mercato dei prodotti per l’infanzia, per permettere loro di scegliere in modo ragionato e consapevole, senza farsi influenzare dal marketing delle aziende”, conclude Grilli.
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