Welfare

Troppi dubbi sui vaccini: i pedagogisti possono essere una risorsa?

A gennaio la Sicilia ha bandito un avviso pubblico per il reclutamento di varie figure professionali fra cui laureati in scienze dell’educazione (formazione socio pedagogica) per svolgere attività di supporto correlate al piano vaccinale e per l’attuazione di misure di contenimento della pandemia. Un esempio da copiare

di Antonia Ragone

La pandemia di Covid-19, con le sue varianti, i nuovi contagi quotidiani e le tante vittime che ancora si contano, condizionano ancora inevitabilmente le nostre vite, mettendole duramente alla prova. Siamo immersi contemporaneamente in una emergenza sanitaria, sociale, educativa ed economica che ha reso ancora più evidente quel senso di precarietà esistenziale insita in ogni essere umano.

Il nostro Paese è impegnato su più fronti per arginare questo virus pronto ad attaccare le nostre vulnerabilità, la nostra salute, i nostri affetti distruggendo tutte le certezze costruite. Rispetto ad un anno fa abbiamo i vaccini, con la campagna vaccinale che è promessa “per rinascere come un fiore”, come recita lo slogan e permettere di ricominciare in molti settori economici, sociali. Tuttavia il piano vaccinale procede a rilento rispetto ad altri Paesi come il Regno Unito. L’Italia è indietro con le vaccinazioni per molteplici motivi ben noti, a cui si aggiunge un altro fattore molto rilevante che incide molto sull’opinione pubblica stremata da oltre un anno di “chiusura”: ovvero i no vax e la scarsa fiducia nei confronti dei vaccini per non dire proprio la paura, con informazioni distorte veicolate soprattutto dai social che finiscono per innescare reazioni negative a catena.

In questo scenario è lecito chiedersi se i professionisti dell’educazione che sono promotori di salute potrebbero rappresentare un’utile risorsa per implementare la campagna vaccinale. Il pedagogista infatti crea alleanza educativa per realizzare la promozione della salute, che è quel processo che mette in grado le persone e le comunità di avere un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla (Carta di Ottawa, 1986): proprio quello che la guerra alla pandemia ci chiede di fare, per acquisire responsabilità e consapevolezza così da arginare i nuovi contagi e quindi per far ripartire in sicurezza tutti i settori del nostro Paese.

Purtroppo ancora oggi nonostante l’approvazione della Legge di Bilancio n. 145/2018 comma 517 che riconosce tali figure come operanti nei servizi e nei presidi socio-educativi e socio-assistenziali “nonchè, al fine di conseguire risparmi di spesa, nei servizi e nei presidi socio-sanitari e della salute limitatamente agli aspetti socio-educativi” non sono presi nemmeno in considerazione per essere inseriti nell’ambito sanitario. Si aspettano ancora i decreti attuativi dell’ Art. 33 bis del Decreto legislativo 14 agosto 2020 n.104 che detta l’adozione di Misure urgenti per la definizione delle funzioni e del ruolo degli educatori socio-pedagogici nei presidi socio-sanitari e della salute.

Tuttavia, lo scorso gennaio, primi timidi spiragli di apertura del mondo sanitario alla pedagogia sono arrivati dalla Sicilia. Infatti, è stato bandito un avviso pubblico per il reclutamento di varie figure professionali fra cui laureati in scienze dell’educazione (formazione socio pedagogica) per svolgere attività di supporto correlate al piano vaccinale e per l’attuazione di misure di contenimento della pandemia. La presenza del pedagogista va incentivata soprattutto alla luce della nuova definizione di salute formulata nel 2011 dall’OMS come “la capacità di adattamento e di auto gestirsi di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive”, ponendo l’accento sulla capacità dell’uomo/persona di convivere con la malattia nelle sue varie fasi. La sua competenza mira a rendere accessibili le informazioni con lo sviluppo delle competenze strategiche e di una maggiore consapevolezza circa le scelte di salute di ogni uomo, agendo sui vari target nei contesti educativi formali, informali non formali proprio per favorire il benessere per costruire una comunità di salute. Il lavoro educativo implica un rapporto essenziale tra cura ed educazione, la cura infatti è diventata oggetto di ricerca pedagogica perché consente di riflettere sull’accadere educativo e formativo dell’essere in educazione.

La pratica educativa come pratica di cura può essere di supporto a tutte le fasi e alle attività della campagna vaccinale alla sua promozione nelle diverse fasce di età, al supporto socio emotivo, all’accoglienza degli utenti in stretta collaborazione con il personale sanitario. Questo perché una caratteristica del lavoro educativo è la flessibilità che rimanda alla capacità individuale e organizzativa di affrontare gli imprevisti, le situazioni che si modificano in corso d’opera, le risorse e i limiti che possono presentarsi, soprattutto nelle occasioni in cui l’educatore si trova da solo con il minore, e in cui è necessario sapere “agire in situazione” tempestivamente e adottare strategie anche creative e di problem solving in estemporanea.

Auspichiamo che sull’esempio della Sicilia le Regioni decidano di avvalersi del supporto dei professionisti dell’educazione nell’implementazione della campagna vaccinale e per tutte le attività di promozione ed educazione alla salute, in attesa che vengano emanate leggi che sanciscono chiaramente e definitivamente la sua presenza anche nel settore sanitario.

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