Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cittadinanza attiva

Troppa invidia nel sociale. E noi ci facciamo un festival

Un rito collettivo, autoironico, per esorcizzare uno degli ultimi tabù del meridione d’Italia. Ma anche per indagare gli effetti che l'invidia produce nelle dinamiche tra organizzazioni e istituzioni. L'ideatrice del Festival, Mariella Stella, racconta genesi e visione di Da Zero a Zero

di Mariella Stella

C’è una storia che ci raccontiamo tra amici ogni qualvolta c’è qualcuno che raggiunge un risultato importante, per cui fa parlare di sé. Descrive come il mondo intorno immediatamente cominci a cercare motivi per spiegare che quel successo è immeritato e che nasconde molto di più. È la storia dello zero a zero. 

La metafora è calcistica, perfetta per noi italiani, ma il senso è universale: se io e te stiamo giocando una partita ed io segno un gol, il tuo primo pensiero non è segnarne due e dimostrare il tuo valore, ma fare di tutto per far annullare il mio gol, accusando l’arbitro di connivenza, gridando all’imbroglio o ricorrendo a vari carnet di accuse diffamatorie.

È una logica che fa sorridere, ma anche tanto male, che probabilmente vi avrà fatto dire che: «Noi no, figuriamoci se non riconosciamo un merito altrui». Ma in realtà è una dinamica che fa danni da secoli, già presente tra Greci e Romani (Aristotele la definiva una parte inevitabile della condizione umana), definita nel Medioevo generatrice di divisioni all’interno delle comunità, riconosciuta in età moderna come strettamente connessa ai temi del consumo e dello status e in età contemporanea amplificata e alimentata dai social e dalla continua esposizione della vita di ognuno allo sguardo, spesso invidioso, degli altri. 

L’immagine coordinata del Festival dell’invidia sociale, ideata dallo studio Ego55, rappresenta delle mani che se all’apparenza segno un “ok” in realtà servono a nascondere un occhio malevolo da cui spunta una lingua biforcuta

Se l’invidia è nel sociale

Ma non è dell’invidia personale che ci si vorrebbe occupare, il focus fondamentale è sull’invidia sociale, che di “sociale” non ha solo i protagonisti ma anche le vittime. 

Un fenomeno strisciante, di cui c’è molto bisogno di parlare, che riguarda le organizzazioni del Terzo settore, le istituzioni, la cultura, la politica. È la società che si rivolta contro se stessa, una sorta di malattia autoimmune della comunità, che colpisce le cellule sane del sistema.

Per farlo è necessario riconoscere il fenomeno, guardarlo in faccia e saperne ridere. Ridere della stupidità del male per mettergli dei confini, renderlo plastico e smontarlo, come un giocattolo che non ci piace più e che magari può offrire nuove prospettive di utilizzo.

Occorre un rito collettivo di purificazione dall’invidia sociale per trasformarla magari in ammirazione o in sana competizione, o meglio: individuarne le dinamiche per passare dalla logica dello zero a zero a quella del win-win

E se tutti vincono non c’è bisogno di screditare l’altro, di smontarne i successi costruendo narrative di fallimento o di diffamazione.

 Quando giocavamo in cortile da piccoli e tutti volevano fare lo stesso gioco c’era sempre un amico che diceva, separando i più facinorosi che venivano alle mani: calma, c’è spazio per tutti!

Sì, c’è spazio per tutti ci siamo ripetuti, anche e soprattutto nella nostra Regione, in cui siamo in 500.000 in tutto e continuiamo da secoli a farci la guerra tra capoluoghi di Provincia, non riuscendo davvero a comprendere che c’è grande spazio per tutti e tutte, per idee, iniziative e sperimentazioni. Solo per una cosa non c’è più spazio: per il disfattismo e per la mediocrità, quella che spesso anima l’invidia sociale, che preferisce vedere fermo un territorio piuttosto che diventare emulazione delle cose belle, che di fatto nasconde una grande incapacità di vedere possibilità ma anche di riconoscere un valore in quel cambiamento.

Il Festival da zero a zero

Da queste riflessioni abbiamo capito che era tempo di imprimere una svolta a questo processo di autoeliminazione collettiva che si protrae da troppo tempo, spingendo ancora troppi a denigrarsi vicendevolmente, fino a preferire l’immobilismo e la crescita, anche di solo una delle due parti. Così è nato il primo Festival dell’invidia sociale Da zero a zero, che si svolgerà a Matera il 22 giugno e che avrà il suo evento di lancio a Potenza il 17 giugno. Un modo concreto per colmare le distanze invidiose dei campanili e costruire ponti di cultura e sviluppo.

Un festival partito da un’idea che ho avuto insieme ad un amico, Luca Iacovone, in occasione di un dibattito sullo spopolamento del territorio, e che ha coinvolto in una sorta di tsunami di energia 9 organizzazioni culturali (Casa Netural, Matera Letteratura, Risvolta, Amabili Confini, TAM – Tower Art Museum, Studio Antani, Generazione lucana, La Luna al Guinzaglio e Prime Minister Basilicata). Un collettivo che ha scelto di stare in piedi con fondi privati, nell’ottica di un nuovo mecenatismo della cultura, che riparte dal valore delle proposte e dei protagonisti e che mette anche le imprese al centro del dibattito culturale.

festival dell'invidia sociale
Alcuni degli organizzatori del Festival dell’invidia sociale Da Zero. Da sinistra: Luca Acito, Vanessa Vizziello, Mariateresa Cascino, Francesco Mongello, Selena Andrisani, Luca Iacovone, Mariella Stella

Il programma

Un festival serissimo, ma in cui sarà importante ridere collettivamente di un fenomeno inutile, dannoso e purtroppo anche molto italiano, che non risparmia nessun settore della vita sociale. Tra i relatori in programma ci sono sociologi, psicologi, antropologi, artisti e preti. Sarà invitato il mondo del teatro, del cinema, e un focus speciale sarà dedicato anche all’invidia nel mondo queer. Il programma completo sarà disponibile a partire dal 17 giugno sul sito del Festival.

Ce ne sarà per tutti, e soprattutto siamo sicuri che al termine dell’esperienza saremo tutti stanchi di tanta energia sprecata e avremo imparato a trasformare l’invidia in ammirazione. Il blocco degenerativo dell’invidia in motore propulsivo del territorio, perchè dall’invidia sociale si può guarire! 

Sorelle Pompadur invidia
Le Sorelle Pompadur chiuderanno il festival con uno spettacolo

Nella foto in copertina Mariella Stella, ideatrice del Festival Da zero a zero.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA