Emergenza penitenziaria

Trieste, protesta con sei feriti nel carcere stracolmo

Una manifestazione annunciata, quella di ieri sera, nel penitenziario giuliano di Coroneo, repressa con lacrimogeni e cariche della polizia. La struttura soffre da tempo un sovraffollamento pesante: 250 reclusi per 150 posti. Da un anno le associazioni, riunite ne Il Cantiere, denunciavano la criticità della situazione. Parlano i volontari

di Veronica Rossi

FOTO DI © LUCA PASQUALINI/SINTESI PRISONER IN JAIL CELL

Appesi alle sbarre delle finestre, i detenuti del carcere del Coroneo di Trieste ieri sera urlavano per far sentire il loro grido di rabbia: la difficile situazione che si vive all’interno del penitenziario, tra caldo e sovraffollamento è estremamente dura.

Nella struttura – dove sono rinchiuse 250 persone, nonostante la capienza massima sia di 150 – verso le otto di sera è scoppiata una rivolta, che ha coinvolto circa 130 tra i reclusi, che hanno bruciato suppellettili e lenzuola, aperto i rubinetti per provocare allagamenti e preso d’assalto l’infermeria.

Nel carcere sono entrati agenti in tenuta antisommossa, che, per sedare le proteste, hanno utilizzato anche dei lacrimogeni; alla fine della rivolta, sono stati sei i detenuti portati in ospedale. Si tratta della cronaca di una protesta annunciata: già da tempo, ormai, chi entra nel penitenziario sa quanto sia tesa l’atmosfera.

«Qua a Trieste siamo in una situazione estremamente critica, così come molti altri luoghi in Italia», dice Vera Pellegrino, responsabile dell’ufficio studi, formazione e promozione della Caritas diocesana del capoluogo giuliano, che entra nell’istituto per realizzare progetti con le detenute.

«C’è la questione del sovraffollamento e anche un tema di inadeguatezza strutturale; l’edificio è vecchio, può andare bene per 150 persone, non  per 250. Sappiamo che ci sono detenuti che dormono su materassi buttati a terra. Ci sono le cimici, ma a causa del sovraffollamento non si riesce a fare disinfestazioni efficaci». Una condizione di vita, ai limiti, quindi, complicata anche dalle carenze in termini di supporto.

«Manca il personale un po’ ovunque», continua Pellegrino, «nell’area educativa ma anche tra la polizia penitenziaria. L’esasperazione è evidente. Oggi il nostro vescovo, monsignor Enrico Trevisi, ha diramato un comunicato in cui – a un certo punto – dice che le persone sono in carcere perché non hanno rispettato la legge, ma talvolta questo è un controsenso, perché è lo stesso Stato a non rispettare la legge che regolamenta il carcere perché, come in questo caso, è impossibile farlo».

Difficile a starci anche se non sono più 30°

A complicare ulteriormente la situazione, il caldo eccessivo di questi giorni, in cui la colonnina di mercurio ha segnato costantemente temperature oltre i 30 gradi. «Quando entriamo vediamo quanto sia difficile stare, anche con temperature molto più basse», afferma la responsabile della Caritas, «figuriamoci in questo periodo. E non dobbiamo dimenticarci che stiamo parlando di persone vulnerabili: non a caso sentiamo spesso di suicidi in carcere, che spesso riguardano persone che vivono situazioni complicate come questa». Ma a soffrire non è solo chi sta scontando una pena: anche le guardie carcerarie, spesso, si trovano a gestire problematiche complicatissime, in una situazione di carenza di personale.

Il carcere mobilita, associazioni in Cantiere

Già da un anno, la società civile ha preso a cuore le difficili condizioni del Coroneo. «A luglio scorso, come diocesi, abbiamo costituito il “Cantiere carcere”, da un’idea del vescovo Trevisi», spiega Pellegrino, «che ha chiesto di riunire le associazioni e gli enti del Terzo settore – di origine ecclesiale ma anche civile – che svolgono o vorrebbero svolgere attività in carcere».

Oggi, il “Cantiere” riunisce 18 realtà, che si incontrano mensilmente, con lo scopo di migliorare la vita dei detenuti all’interno del carcere da un lato e di sensibilizzare la città e tutti quei soggetti che possono permettere un reinserimento più efficace al termine della pena. «Abbiamo messo insieme tanti soggetti e creato uno spazio di pensiero e di riflessione,in cui ci si può anche conoscere,perché di frequente, pur lavorando nello stesso spazio da diverso tempo,non ci si conosce», conclude Pellegrino. «Così sono nate delle sinergie e delle progettualità che hanno permesso di creare maggiori opportunità per i detenuti e migliori possibilità di sensibilizzazione».

Fanno parte di Cantiere carcere:

Acli / Associazione S. Vincenzo De’ Paoli / Azione Cattolica di Trieste / Caritas Diocesana Trieste / Centro Culturale Veritas / Centro Salute Bambino Csb onlus – Nati per Leggere / Comunità di San Martino al Campo / Comunità di Sant’Egidio / Coni – Comitato Olimpico Nazionale Italiano / Conservatorio di Musica “Giuseppe Tartini” / CoPerSamm – Conferenza Permanente per la salute mentale nel mondo “Franco Basaglia” / Crivop Organizzazione di volontariato del Penitenziario / Doc – Docenti per l’Istruzione in carcere / Garante dei diritti dei detenuti di Trieste / Servizio Diocesano di Pastorale Universitaria / Unione Arti Performative – Uap / Università della Terza Età (Lions Club Trieste Host).

Nell’immagine di repertorio, di Luca Pasqualini/Agenzia Sintesi, un particolare di vita carceraria.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.