Welfare

Trieste la più accogliente, Reggio Emilia per lavorare

Il rapporto del Cnel sugli indici di integrazione sociale degli immigrati in Italia

di Redazione

Il Friuli Venezia Giulia è la regione più accogliente d’Italia. Lo dice il rapporto il Cnel nel suo VIII Rapporto sugli indici di integrazione sociale degli stranieri in Italia. Ma nel complesso è al centro Italia che si trova il più alto indice di integrazione, con le migliori condizioni di inserimento socio-occupazionale.

Se infatti il Friuli è in cima alla classifica con un valore dell’indice di 70,6 (su scala 1 a 100), subito dopo vengono la Toscana (66,0) e l’Umbria (65,7). Seguono il Veneto (63,3), l’Emilia Romagna (63,1) e il Trentino A. A. (62,1). Nella fascia delle regioni “a medio potenziale” ci sono invece le Marche (59,9), seguite da Liguria (60,7), Lombardia (56,6), Piemonte (56,4) e Valle d’Aosta (52,2). Negli ultimi cinque posti della graduatoria si trovano le regioni del Sud Italia.

Attrattività territoriale

Per quanto riguarda l’indice di attrattività territoriale, che misura la capacità di una regione di porsi come “polo di attrazione”, al vertice figurano la Lombardia (86,2), il Veneto (79,5), l’Emilia Romagna (79), il Lazio (73,9), mentre in coda sono Campania (17,3), Calabria, (15,4), Sardegna (10,6) e Basilicata (6,5). Quanto alle province, l’indice massimo è di Prato (84,4), seguono Brescia (71,2) e Milano (70,9). Gli indicatori che costruiscono questo indice sono: l’incidenza (percentuale degli stranieri sulla popolazione residente), la densità (stranieri per kmq), ricettività migratoria (stranieri che, nel corso dell’anno, hanno spostato la propria residenza anagrafica da un Comune esterno a uno interno al territorio di riferimento), stabilità (percentuale di minori tra la popolazione straniera), appartenenza familiare (percentuale di famiglie residenti con almeno un componente straniero).

 

Inserimento sociale

Quanto all’Indice di inserimento sociale, che misura il livello di accesso degli immigrati ad alcuni beni e servizi fondamentali di welfare, le migliori condizioni si registrano in Friuli Venezia Giulia (71,6), Umbria (70,5), Marche (69,0) e Trentino Alto Adige (67,4). La situazione tra le province conferma che l’inserimento sociale degli stranieri trova condizioni migliori in contesti socio-urbanistici e amministrativi di ridotta estensione, a cominciare da Trieste (69,9) e Vicenza (69,8). Determinano questo indice indicatori di accessibilità al mercato immobiliare (% dei costi d’affitto medi annui nominali di una casa di 50 mq in zona periferica sul reddito medio annuo pro capite stimato della popolazione straniera non comunitaria), l’istruzione liceale (% di iscritti al liceo), tenuta del soggiorno stabile (% di permessi di soggiorno in vigore dopo un anno), naturalizzazione (numero medio di naturalizzati), capacità di iniziativa familiare (% di famiglie il cui capofamiglia è straniero sul totale delle famiglie con almeno un componente straniero).

Inserimento occupazionale

Infine, secondo l’Indice di inserimento occupazionale, che misura il grado e la qualità della partecipazione al mercato del lavoro, le regioni che offrono agli immigrati le migliori condizioni sono la Toscana (69,7), Emilia Romagna (69,6) e Friuli Venezia Giulia (69,5), che hanno distaccato i tradizionali maggiori poli lavorativi di Lombardia (64,5), Veneto (63,8), Lazio (63,2) e Piemonte (62,7). Quanto alle province, in testa alla rispettiva graduatoria Reggio Emilia (79,4), Prato (78,5), Trieste (74,0), Firenze (72,3), Piacenza (71,7), Milano (71,6) e Bologna (70,2). Concorrono a costruire questo indice gli indicatori di impiego della manodopera immigrata (% dei nati all’estero tra i lavoratori risultati occupati nel corso dell’anno), capacità di assorbimento del mercato lavorativo (numero medio di lavoratori nati all’estero assunti nel corso dell’anno ogni 100 che, durante lo stesso anno, hanno cessato il rapporto di lavoro), reddito (importo, in euro, del reddito medio annuo pro capite stimato della popolazione straniera di paesi esterni all’UE a 15 Stati), tenuta occupazionale femminile (% delle lavoratrici nate all’estero risultate occupate nel corso dell’anno che non hanno conosciuto cessazioni del rapporto di lavoro durante lo stesso anno), lavoro in proprio (% di titolari d’impresa stranieri sul totale dei titolari d’impresa).

 

Il Rapporto del CNEL rileva come l’imprenditoria straniera in Italia sia un fenomeno in costante crescita anche se non sempre è il frutto di spirito d’iniziativa, essendo spesso obbligato da circostanza estreme (ultimo tentativo di restare ancorati a uno status di regolarità) o dal ricatto di datori di lavoro che mascherano il rapporto dipendente con un contratto a partita Iva. In ogni caso, su un totale nazionale di 6.085.105 titolari d’impresa registrati nel 2009, quelli di cittadinanza estera erano 216.382, pari al 3,6% del totale.

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