Minori & Giustizia
Tribunale per la famiglia, il rinvio non basta
Il governo ha deciso di rimandare di un anno l’entrata in vigore del nuovo tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. Una scelta necessaria, ma non sufficiente. Servono risorse, persone, sistemi informatici o tra 12 mesi saremo allo stesso punto. Oltre a correggere gli errori di fondo della riforma. Il parere di Claudio Cottatellucci, presidente dell'Associazione italiana magistrati per i minorenni e per la famiglia
di Redazione
Il Consiglio dei ministri del 3 luglio 2024 ha prorogato di dodici mesi l’entrata in vigore del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. L’entrata in vigore della parte ordinamentale della riforma Cartabia era prevista per ottobre 2024. Il rinvio si è reso necessario per permettere l’adozione degli interventi necessari per l’effettiva operatività del medesimo. «La decisione adottata dal governo rappresenta in realtà l’unica opzione concretamente praticabile per evitare che le numerose carenze che hanno segnato sin dalla sua nascita il progetto di riforma determinino il fallimento completo della sua attuazione e, con questo, la paralisi di un settore della giurisdizione essenziale per la tutela dei diritti fondamentali della persona e la protezione dei minorenni», afferma in una nota Claudio Cottatellucci, presidente dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia.
Investire e riprogrammare
La proroga di dodici mesi, tuttavia, «in assenza di investimenti volti a colmare le lacune da tempo ampiamente evidenti, avrà come unico risultato quello di dilazionare le carenze e aggravarne gli effetti», precisa. Fra dodici mesi, in sostanza, saremo ancora allo stesso punto se non si prevederà «un ampliamento delle piante organiche delle Procure e dei Tribunali, sia per i magistrati sia per il personale amministrativo, il superamento della mancata previsione di personale per l’ufficio del processo, la dotazione e l’effettiva implementazione dei sistemi informativi». Tutto ciò costituisce per Cottatellucci una «precondizione per l’attuazione della riforma, su cui grava ad oggi la clausola di invarianza finanziaria e la mancata previsione di un incremento dell’organico, ma è un’illusione immaginare una riforma tanto impegnativa senza una valutazione preventiva di fattibilità organizzativa e senza deliberare alcun investimento in risorse umane e tecniche». Senza tutto ciò, in sostanza, «ogni rinvio è destinato solo a differirne nel tempo il fallimento».
Riforma e giustizia minorile: com’è andata finora
Sono però trascorsi ormai sedici mesi dall’attuazione di una prima parte della riforma, quella processuale: le nuove disposizioni hanno in buona misura modificato le forme del processo e, con queste, le modalità e le priorità del lavoro di magistrati ed avvocati. Qual è il bilancio? «Sono aumentati i carichi di lavoro soprattutto per l’accresciuta incidenza dei provvedimenti connotati da urgenza e di quelli che comportano gli allontanamenti dei minorenni in condizioni di rischio. L’assenza di un sistema informatico e statistico pienamente funzionante e aggiornato non consente ora di misurare l’entità degli effetti di queste modifiche, poiché gli ultimi dati ufficiali disponibili risalgono ormai ad un anno fa ma in ogni caso certo che nell’ultimo anno è aumentato il numero e la durata dei procedimenti pendenti ordinari», spiega Cottatellucci. Il dato è «preoccupante perché nella materia civile della tutela dei minori ogni procedimento richiede di essere trattato con prontezza» e la tendenza «in assenza di correttivi è destinata ad accrescersi nel periodo della proroga».
Gli errori da correggere
Al di là della necessaria proroga, conclude Aimmf, «restano alcune criticità che derivano da scelte non condivisibili rispetto all’intero impianto della riforma, che si traducono in un arretramento nel sistema delle tutele predisposte a vantaggio dei minorenni: l’abolizione della collegialità nelle decisioni riguardanti la responsabilità genitoriale, affidate ad un giudice solo; la mancanza della necessaria specializzazione dei magistrati del settore, richiesta dalla legge delega e ripetutamente disattesa dalla normazione successiva; l’estromissione dei giudici onorari – esperti in scienze umane – dai collegi civili che trattano i procedimenti sulla responsabilità genitoriale»: sono tutti «errori nell’impianto della legge delega che occorre correggere».
Foto di Fredrik Solli Wandem su Unsplash
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