Economia

Trent’anni in Cordata per seminare valori

L’anniversario della cooperativa sociale La Cordata è stato un viaggio tra passato, presente e futuro che ha chiamato a raccolta chi l'ha vista nascere e trasformarsi nel tempo con l'obiettivo di contribuire a far nascere un welfare generativo

di Anna Spena

Ad ogni presente, ed anche a chi fisicamente non lo era, per festeggiare i suoi trent’anni di attività la cooperativa sociale La Cordata ha chiesto un regalo semplice: una parola. «Le parole e quello che significano», dice il presidente e tra i soci fondatori della cooperativa, Claudio Bossi, «sono per noi un filo conduttore per raccontare quello che stiamo facendo. E non è un caso se ci chiamiamo La Cordata. Partiamo da questa parola: la corda. La corda è per lo scout lo strumento per andare in montagna. Sì, c’è un capo cordata ma siamo tutti legati tra noi. Essere legati ti dà la dimensione della sicurezza: “mi metto in cordata” così che nessuno debba rimanere solo, restare indietro. Se qualcuno inciampa sono gli altri che lo tengono. Fortissima è la dimensione del gruppo: in vetta ci arriviamo tutti, la vetta la raggiungiamo insieme».

L’elemento della corda è un simbolo dello scautismo. «Ma la corda», continua Bossi, «ti riporta anche alla dimensione della flessibilità: sa come adattarsi a tutte le circostanze ed è fatta di tanti fili; quando se ne rompe uno la corda rimane lo stesso efficace nel suo insieme. Il “sistema” continua a funzionare». I nove soci fondatori hanno scelto questo nome «perché», spiega Bossi, «la montagna rappresenta per lo scoutismo l’avven- tura, la forza, il sacrificio e la riflessione. E la corda è l’elemento essenziale, nell’essenzialità della vita scout».

La Cordata è una cooperativa sociale che opera da 30 anni sul territorio della Città metropolitana di Milano e offre servizi abitativi, di accompagnamento sociale e di ospitalità alberghiera di breve e lungo periodo. Crea e promuove relazioni tra le persone e nelle comunità locali integrando bisogni e risorse in una prospettiva generativa.

Facciamo un viaggio all’indietro e torniamo al 1989. Siamo a Milano, precisamente in via Marco Burigozzo 11. Milano non era ancora la città di oggi, ma già si iniziava a respirare l’aria che l’avrebbe resa un luogo che accoglie e inventa formule sempre nuove per dare risposte concrete a chi la abita. In quegli anni, la Curia milanese trasforma il comodato d’uso gratuito dell’immobile di via Burigozzo 11 in una donazione all’Agesci regionale lombarda. C’era una sola condizione da rispettare: il complesso doveva essere ristrutturato e successivamente impegnato nella realizzazione di un progetto educativo. La Cooperativa Sociale La Cordata è nata così. Da un patto (rispettato) e dal sogno di nove giovani capi scout che fondano quello che negli anni sarebbe diventato l’emblema di ciò che significa essere un’impresa sociale.

Sono loro infatti che nel 2005 hanno aperto Zumbini 6, nel villaggio Barona, un’esperienza straordinaria. Il Villaggio Barona, realizzato dalla Fondazione A.T. Cassoni, è infatti il primo intervento di housing sociale in Italia. All’interno del Villaggio La Cordata ha fatto di Zumbini 6 un luogo di forte investimento progettuale, organizzativo ed economico. Un laboratorio di economia sociale con nuove forme di abitare, di lavoro, di cura e di socialità. Il complesso comprende 130 posti letto distribuiti in camere doppie e sin- gole. E ci sono quattro tipologie abitative: alberghiera per le permanenze di bre- ve periodo a prezzi low-cost, un residence sociale integrato per le permanenze mensili, un pensionato integrato per studenti e soggetti deboli, e 4 appartamenti bilocali per l’accoglienza di mamme con bambini in situazione di disagio sociale.

«Lo scrittore Erri de Luca», dice Bossi durante la festa che si è tenuta lo scorso venerdì a Milano, «ci ricorda che “Oggi c’è bisogno di parole che reggano la responsabilità di quello che dicono e comportino fatti compiuti”, ed è proprio quello che vogliamo fare: far diventare le parole reali. Cercare di essere fedeli all’impresa sociale, fedeli a questa parola che non è facile».

L’altra parola importante per La Cordata è libertà. «Quella di intraprendere e perseguire la nostra missione», dice Bossi. «Ma rimanere costantemente liberi impone una fatica quotidiana».

Tre tavoli – ieri, oggi, domani – , con tanti amici de La Cordata, per raccontare com’è nato questo sogno. E sogno è proprio la parola scelta da Marco Sala, tra i fondatori e primo presidente de La Cordata, «Se chiudo gli occhi e ripenso a trent’anni fa vedo i sogni di un gruppo di amici impegnati nel sociale e nel campo dell’educazione con tanti progetti», dice Marco, Sala, presidente de La Cordata dal 1989 al 2005. «Uno in particolare: far nascere, dalla loro esperienza di educatori che credevano – e credono – che in ciascun ragazzo e ragazza ci sia sempre almeno un 5% di buono su cui costruire un progetto di vita, un’esperienza nuova che coniugasse ideali e concretezza, educazione e professione in una Milano che iniziava a capire quale rotta seguire. Io e i miei amici di viaggio eravamo tutti speranzosi in un domani migliore per noi e per i ragazzi che vivevano l’esperienza scout: da qui ebbe inizio la nostra avventura. Ma niente ci poteva preparare a quello che sarebbe successo. Se oggi apro gli occhi mi rendo conto che quei sogni sono una realtà vera, un progetto realizzato, un’esperienza consolidata e viva ben trent’anni dopo. Siamo stati capaci allora di dare vita ad un’impresa sociale che coniugasse il valore della solidarietà, costruito con un progetto educativo serio, alla solidità di un business plan economico che permettesse all’impresa di vivere con le sue gambe senza dover dipendere in tutto da supporti esterni.

Tra gli speaker dei diversi momenti anche Silvia Bertellini, presidente de La Cordata fino a settembre 2019, Guido Ciceri, direttore Generale di Sercop, azienda speciale consortile creata dai 9 Comuni del Rhodense come strumento di gestione associata per i servizi sociali, e poi ancora l’assessore alle politiche sociali ed abitative del comune di Milano Gabriele Rabaiotti, il responsabile direzione Impact di Intesa Sanpaolo Marco Morganti, il sociologo Aldo Bononi, Marco Rasconi di Fondazione Cariplo, l’imprenditore sociale Johnny Dotti, l’economista Gianpaolo Barbetta e il sociologo Flavio Zandonai.

Anche loro sono stati chiamati a portare in dono una parola. Silvia Bertellini, ad esempio, ha scelto “significato”, Ciceri “alleanza” perché «va oltre il concetto di partnership e lega le persone, ne unisce le sorti». E poi ancora “città”, “inclusione”. Aldo Bonomi ha scelto una parola emblematica “metamorfosi”. «Il mondo del sociale», dice, «sta cambiando e come voi (in riferimento a La Cordata ndr) bisogna essere una comunità aperta. E housing sociale significa proprio questo».

Sono state date in dono parole non scontate. Nuove nel mondo del sociale come “Eccedenza”. «Eccedere», spiega Johnny Dotti, «non è vivere l’eccesso che è un movimento egoista, sfondare il limite con il nostro io. Eccedere è sfondare per essere l’io di qualcuno. È un eccesso che comprende l’altro. Il mio augurio è che La Cordata ecceda in speranza, in fiducia, in condivisione». Durante l’evento, con tutte le parole donate, il maestro Oreste Sabadin, ha realizzato un’opera che le “tiene insieme” tutte.

«Le nostre radici ci proiettano nel futuro», conclude Bossi. «E in questo futuro dobbiamo crescere nella capacità di contaminarci e di contaminare. La direzione che vogliamo intraprendere ci porterà verso il superamento della barriera profit-non profit, per meglio contribuire ad “una economia generativa e al benessere multidimensionale. Le nostre radici, per essere generative di un buon futuro, ci spingeranno oltre al nostro orto di conoscenze e competenze. E per far questo da soli non basteremo. Vogliamo allargare le partnership a chi crede che il modello di sviluppo economico e sociale attuale vada riorientato superando l’approccio economico competitivo, rimanendo nell’economia di mercato, ma nella direzione di una economia collaborativa, sociale, inclusiva e quindi espansiva. Tutto ciò significherà rafforzare in questa direzione i legami con gli attori pubblici, con le imprese tradizionali, con il Terzo settore e con le comunità territoriali. Dovremo inserirci in reti diverse da quelle che abbiamo praticato. Reti che aggregano, non tanto e solo su una base giuridico-identitaria, ma su oggetti, obiettivi e modelli di sviluppo sostenibili. Per far questo dovremo perdere un po’ della nostra sovranità̀ e identità. Ora, dopo trent’anni, siamo pronti per essere generativi. E lo saremo davvero se sapremo affidare sempre più la nostra strategia di sviluppo ai giovani, perché il futuro è il loro. D’altronde La Cordata 30 anni fa è nata da un gruppo di giovani.

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