Cultura

Trent’anni dopo il governo non c’è

La commemorazione della strage che fece 85 morti e 200 feriti. Napolitano: «Si indaghi su complicità»

di Antonio Sgobba

La ferita di Bologna non si rimargina. Sono passati trent’anni dagli ottantacinque morti e dai duecento feriti della strage della stazione e oggi alla celebrazione non c’era nessun membro del Governo. «Chi non c’è ha perso un’occasione», ha detto stamattina Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione familiari delle vittime. Il ministro della difesa Ignazio La Russa aveva spiegato così l’assenza dell’esecutivo: «Cos’è successo gli altri anni? I ministri li avete fischiati. E allora avete già la risposta al perché non viene nessuno questa volta».

Dunque niente politici quest’anno sul palco della commemorazioni. E niente fischi. La manifestazione si è conclusa qualche minuto prima delle 11, l’ultimo a parlare è stato Bolognesi. «Trent’anni fa chi collocò in questa stazione una bomba voleva un massacro e lo ottenne. Grazie a chi non si è arreso ai molteplici e costanti tentativi di inquinamento e di intossicazione delle immagini e dei processi», ha detto il presidente dell’associazione familiari delle vittime; il suo dicorso è stato interrotto più volte dagli applausi.

All’arrivo nel piazzale della stazione due ragazze nate nel 1980 hanno letto i nomi delle ottantacinque vittime. Al corteo c’era la figlia di Aldo Moro, Agnese, sulla maglia una gerbera bianca, simbolo dei parenti. «Qui è presente il cuore del popolo italiano. I morti e i feriti sono nostri madri, fratelli e amici. Lo Stato italiano dovrebbe avere il coraggio di guardarci in faccia, aprire gli archivi. La storia d’Italia è complicata ed è tutta da scrivere», ha detto la figlia dello statista ucciso dalle Brigate Rosse. C’erano anche il figlio del giudice Emilo Alessandrini, ucciso dai terroristi di Prima Linea, e del magistrato Mario Amato, assassinato dai fascisti dei Nar. «Simboli di un’Italia che non si è piegata», come ha detto Bolognesi.

Erano le 10.25 di sabato 2 agosto 1980 quando la bomba esplose nella sala d’attesa della stazione di Bologna. L’orologio segna ancora quell’ora. Oggi, esattamente trent’anni dopo, la piazza ha osservato un minuto di silenzio. Dopo anni di processi la magistratura ha accertato e condannato con sentenza passata in giudicato gli esecutori materiali della strage: gli esponenti di estrema destra Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Le sentenze però non fanno chiarezza su moventi e mandanti. Sono stati condannati per i depistaggi ai danni delle indagini i membri dei servizi segreti Francesco Pazienza, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte e il capo della loggia massonica P2 Licio Gelli. «La trasmissione della memoria di quel tragico fatto e di tutti quelli che in quegli anni hanno insanguinato l’Italia non costituisce solo un doveroso omaggio alle vittime di allora, ma impegna anche i magistrati e tutte le istituzioni a contribuire con ogni ulteriore possibile sforzo a colmare persistenti lacune e ambiguità sulle trame e le complicità sottese a quel terribile episodio», ha scritto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio all’associazione dei familiari delle vittime.

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