Sostenibilità
Trent’anni dopo, alla ricerca dell’habitat che non c’è piùCon Di Caprio verso l’obiettivo seimila
di Redazione
Nel 1970 guidai un gruppo del WWF in India. Stava in quegli anni partendo la grande «Operazione Tigre» ed eravamo impegnati in questa grande sfida. Restammo tutti entusiasti e commossi nel vedere, dopo giorni di viaggio in condizioni assai difficili, la prima tigre, uno splendido esemplare, nel Parco nazionale Kanha.
Nel 2003, con un altro gruppo del WWF, tornai a visitare i parchi e le riserve di quel Paese.
E di tigri ne vedemmo molte, i territori protetti si erano ampliati e attrezzati. Una grande delusione mi colpì, però, nell’attraversare una buona parte del subcontinente.
Prima di partire, ripensando alla precedente esperienza, avevo decantato ai miei compagni di viaggio i meravigliosi spettacoli di quei paesaggi, anche fuori dalle aree protette. Ricordavo voli di pappagalli, grandi stormi di gru antigoni, scoiattoli e gazzelle nei campi ornati da boschetti e stagni con ninfee.
Nel 2003, solo trent’anni dopo, questa variegata bellezza era ormai sostituita da infiniti campi coltivati, soprattutto risaie. Pochissimi uccelli, pochi alberi e boschetti, pochi stagni. Solo gruppi stupendi di donne con i loro coloratissimi sari.
Cos’era successo? È presto detto: nel 1970 in India si contavano 530 milioni di abitanti: 167 per chilometro quadrato. Oggi sono 1.150 milioni, con una densità salita a 349 abitanti per chilometro quadrato che continua a crescere. Inesorabilmente. (F.P.)
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