Welfare

Trenta punti per restare in Italia

Via libera del CdM al permesso di soggiorno a punti

di Redazione

Il Consiglio dei Ministri ha approvato ieri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’interno, uno schema di regolamento volto a stabilire i criteri e le modalità per la sottoscrizione, contestualmente alla presentazione della richiesta del permesso di soggiorno da parte dei cittadini stranieri, di un accordo di integrazione, articolato per crediti, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno. Sul provvedimento verranno acquisiti i prescritti pareri.

Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, ha poi illustrato il Piano nazionale per l’integrazione nella sicurezza collegato all’accordo di integrazione. «Con il permesso di soggiorno a punti l’integrazione diventerà una corsa ad ostacoli che penalizzerà tutti: immigrati e italiani», ha detto il presidente del forum Immigrazione del Pd, Livia Turco. «In Canada, dove vige il permesso a punti, ci sono reali politiche di ingresso regolare e di integrazione, mentre qui in Italia le amministrazioni locali sono state abbandonate di fronte alle emergenze».

Il provvedimento approvato ieri, più noto come “permesso di soggiorno a punti”, è stato modificato rispetto alla stesura originaria in direzione più favorevole nei confronti degli immigrati: una linea sollecitata – dice il sito www.stranieriinitalia.it – da Gianni Letta. Se infatti in origine il meccanismo a punti prevedeva che all’ingresso l’immigrato partisse dalla soglia di zero punti e dovesse conquistarne una quantità sufficiente a superare la verifica con cadenza biennale, ora chi entra può godere già di un ‘bonus’ di 16 punti.

Altre modifiche sono state sollecitate dai ministri Giorgia Meloni e Mara Carfagna. In particolare, nel regolamento è prevista l’obligatorietà dell’accordo di integrazione nella fascia di età che va dai 16 ai 65 anni: saranno esentati però, grazie alla Meloni, quei giovani che hanno completato il ciclo della scuola dell’obbligo, che già di per sé rappresenta un chiaro segnale di integrazione. La Carfagna invece ha chiesto è ottenuto l’esenzione del permesso a punti per i disabili e per chi è vittima della tratta di esseri umani.

I CONTENUTI

L’accordo di integrazione dovrà essere firmato presso lo  Sportello unico per l’immigrazione o in Questura dai cittadini stranieri di età compresa tra i 16 e i 65 anni. L’obbligo scatterà solo per chi entrerà in Italia dopo l’entrata in vigore del regolamento e chiederà un permesso di soggiorno della durata di almeno un anno. 

Firmandolo ci si impegna a conseguire entro due anni una conoscenza poco più che elementare (livello A2) dell’italiano e una conoscenza “sufficiente” dei “principi fondamentali della Costituzione”, delle ”istituzioni pubbliche” e “della vita civile in Italia”. Ci si impegna poi a far frequentare ai figli la scuola dell’obbligo e si dichiara di aderire alla “Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione” del ministero dell’Interno. Per farlo, ci sarà un mini-corso gratuito e obbligatorio di “formazione civica e informazione sulla vita civile” che dura tra cinque e dieci ore. 

I punti si accumulano grazie alle conoscenze linguistiche, ai corsi frequentati e ai titoli di studio di ogni straniero, ma anche comportamenti, come la scelta del medico di base, la registrazione del contratto d’affitto e attività imprenditoriali o di volontariato. I punti si perdono in caso di condanne penali anche non definitive, misure di sicurezza personali e illeciti amministrativi e tributari.  In allegato e sul sito www.stranieriinitalia.it le schede di cosa fa perdere e cosa fa guadagnare punti.

Dopo due anni si veririfcherà il punteggio accumulato: da trenta punti in su, l’accordo si considera rispettato, da uno a ventinove si viene “rimandati” (con l’impegno a raggiungere quota trenta entro un anno), ma se i punti sono zero o meno scatta l’espulsione.

Dopo il via libera del Consiglio dei Ministri, bisognerà attendere ora i pareri di Conferenza Unificata e Consiglio di Stato, quindi l’approvazione definitiva da parte del governo e l’arrivo in Gazzetta Ufficiale.

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