Cultura

Trenta piccoli profughi sul palco di Pavarotti

Reduce dal tradimento di War Child, la charity investita da uno scandalo per tangenti, il tenore quest'anno diventa partner dell'Acnur per aiutare i rifugiati afghani in Pakistan

di Redazione

Il 29 maggio, i posti più vicini alle star costeranno 959mila lire. Ma ce ne saranno anche da 751mila, 699mila, 386mila fino alle 27mila lire di chi si accontenterà di ascoltare il Pavarotti & Friends dal prato del parco modenese intitolato alla città serba di Novi Sad. Una parata annuale degli artisti più famosi del momento che, oltre alle operazioni di marketing e alla stretta alleanza con l’Auditel, nasconde anche una ragione umanitaria. Già, perché quel logo che dai manifesti non si riesce a leggere, tanto è piccolo, e che compare un po’ defilato anche sui biglietti, rimanda all’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, cui quest’anno andrà parte del ricavato del concertone e delle vendite di video e cd.
Sono già due anni, infatti, che il tenore più pop del mondo ha deciso di non finanziare i progetti dell’associazione che aveva accompagnato la sua kermesse fin dalla nascita. Un’associazione nota, più che per le sue iniziative, per i grandi nomi dello spettacolo che vantava fra i sostenitori: c’erano Brian Eno, David Bowie, Tom Stoppard e l’attrice Juliet Stevenson a finanziare la britannica War Child. Davvero una brutta delusione per Pavarotti – oltre che una piccola ombra sulla sua immagine – scoprire dal Guardian, quattro mesi fa, che l’organizzazione cui aveva devoluto oltre 20 miliardi di lire in sette anni si era macchiata di tangenti. Il co-fondatore Bill Leeson, infatti, insieme a un suo collaboratore aveva preteso 40 mila marchi sotto banco dall’impresa che stava realizzando a Mostar, in Bosnia, l’auditorium intitolato proprio a big Luciano. Leeson, poi, pare avesse già lucrato altri 5mila marchi da un’altra azienda coinvolta nel progetto, mentre i suoi collaboratori se ne andavano un po’ troppo in giro per il mondo con i soldi per l’infanzia sfortunata. Così Pavarotti ha lasciato, e War Child Italia, estranea ai giri di soldi della consorella inglese, per non pagarne l’onta ha cambiato nome in Music for Peace, continuando a fare da fund raiser in occasione degli annuali concerti modenesi. E ha festeggiato pochi giorni fa il nuovo centro per gli orfani del Guatemala, realizzato con i tre miliardi e mezzo raccolti nel ‘99.
Nel 2000 è stato il Ciai (Centro italiano d’aiuto all’infanzia) a prendere il posto di War Child al fianco del tenore, che con la settima edizione della sua parata di voci regalò ai bambini della Cambogia case, ambulatori e una scuola di danza. Quest’anno tocca all’Acnur e ai piccoli rifugiati afghani in Pakistan: il mix di lirica e rock del Pavarotti & Friends contribuirà a due progetti, uno di assistenza sanitaria a donne e bambini dei campi profughi (che costa più di 800mila dollari), l’altro di istruzione primaria per 7mila piccoli nuovi rifugiati. Dallo scorso settembre, infatti, 170mila afghani sono fuggiti dalla loro terra per raggiungere il Pakistan del nordovest, portando a tre milioni e 700mila il numero di chi fugge dal regime dei talebani. «La prima settimana di maggio», racconta Laura Boldrini dell’Alto commissariato Onu, «abbiamo fatto un viaggio umanitario nei campi profughi del Pakistan. Con noi c’era anche Nicoletta Mantovani (compagna e manager di Pavarotti, ndr) che si è resa conto di persona di quanto sia difficile la situazione». E in quell’occasione è avvenuto anche un piccolo, temporaneo scambio: l’Acnur ha consegnato 25 tonnellate di farmaci, tende e cibo, portandosi in Italia trenta bimbi afghani, che stanno imparando a cantare per fare da coro al Pavarotti & Friends. Piccoli ambasciatori di pace che, spente le luci e i microfoni, se ne torneranno alla loro tragedia. Ma con una speranza in più: la raccolta fondi del Pavarotti & Friends, quella sì che non ha mai deluso.
Info: www.unhcr.ch

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