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Trenta morti sulla strada nel weekend: chi accompagna chi resta?

Un weekend nero sulle strade d'Italia, con 30 morti. Fra loro, 9 sono giovani e 17 sono motociclisti. Chi sostiene chi resta? I genitori, i fratelli, i compagni di classe? Queste due associazioni danno un aiuto a elaborare il dolore

di Sara De Carli

Sono 30 i morti registrati nel fine settimana sulle strade italiane secondo i dati dell’Associazione degli amici della polizia stradale. Fra questi, 17 sono motociclisti e 9 ragazzi. Si tratta al momento del numero record di vittime nei fine settimana del 2023.

«La morte di un figlio ti devasta. E ogni volta che succede a qualcun altro, rivivi quel dolore», ci diceva Carlotta Mattiello, vicepresidente di Save the Parents (leggi qui l'articolo). Save the parents è un’associazione di promozione sociale nata a Roma nel 2019, finalizzata all’accoglienza e al sostegno dei genitori che hanno perso un figlio. È la prima in Italia ad avere questa mission unica e specifica: sostenere i genitori “defigliati”, un aggettivo forse brutto ma segno di come la nostra cultura poco consideri queste persone, tanto da non avere nemmeno una parola per indicarle. Offrono percorsi di psicoterapia, fatti in gruppo. A seguirli è la professoressa Angela Guarino, esperta di psiconcologia pediatrica, responsabile scientifico dell’associazione: ha iniziato nel 2005 a seguire genitori che avevano perso un figlio per patologie oncologiche, con un progetto finanziato dalla Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio e poi a poco a poco il perimetro si è esteso. «Il bisogno è enorme, basti guardare le tabelle Istat sui morti con meno di 30 anni: per ognuno di loro ci sono dei genitori in lutto», spiega. Da poco sono stati introdotti anche dei percorsi online, per rispondere alle richieste di aiuto che arrivano dalle altre regioni d’Italia, «ma ci hanno scritto anche da Austria e Croazia», dice. Le tabelle parlano chiaro: 1.101 bambini sotto i 4 anni morti nel 2021, più altri 150 fra i 5 e i 9 anni. Tra i 15 e i 19 anni si sale a 573 decessi e altri 769 giovani sono morti tra i 20 e i 24 anni. In tutto, in un anno, sono 3.832 under30 deceduti. Per ciascuno di loro, verosimilmente, ci sono due genitori distrutti dal dolore. Così ogni anno.

Carlotta ha perso suo figlio nel 2016: aveva 21 anni ed era un rapper, Cranio Randagio, è morto a una festa di compleanno, per overdose. La presidente di Save the Parents invece, Olimpia Riccardi, ha perso il figlio Gabriele di 29 anni sulla strada: andava in ospedale a trovare la figlia nata da due giorni, era in scooter ed è stato investito da un taxi. Save the parents ha presentato un Manifesto politico per il “dopo di loro”, che vorrebero diventasse la base per una proposta di legge. Australia, Spagna e Inghilterra hanno interventi legislativi ad hoc, l'Italia ancora no. «Questi genitori hanno bisogno di essere visti e riconosciuti dalle istituzioni e dalla società, mentre oggi sono invisibili. Serve una legge che li tuteli. Lo sa che oggi chi perde un figlio ha diritto a tre giorni di congedo lavorativo? Tre giorni, come per qualsiasi altro lutto. Ma chi affronta la perdita di un figlio, per elaborare lo shock di questo lutto ha bisogno di modi e tempi adeguati», racconta la professoressa. Inoltre il lutto per la perdita di un figlio spesso ha delle ripercussioni post-traumatiche che arrivano a compromettere la salute fisica e psichica dei genitori, ripercuotendosi anche sul loro lavoro: «C’è anche un declino cognitivo conseguente al lutto, con riflessi sulla capacità di attenzione e di concentrazione. Oggi questo viene del tutto ignorato, abbiamo avuto casi di persone che si sono dimesse da posizioni di responsabilità perché non riuscivano più a fare il loro lavoro. I genitori, dopo il lutto, diventano pazienti fragili. Fragili e al momento invisibili».

E come comportarsi invece in classe, davanti a un banco che resta vuoto in seguito alla morte di uno studente? Gli insegnanti si trovano spesso in difficoltà, sia con le domande dei più piccoli che con il dolore dei più grandi, che si somma al loro. Cosa dire o non dire? In che modo? E ancora, qual è il ruolo della scuola e quello degli adulti al di fuori della famiglia? Di fronte a un evento così traumatico mancano le parole, così come i gesti da compiere. Libellule nel cuore è un progetto completamente sostenuto dalla Fondazione Maurizio Fragiacomo, che si prende cura del lutto di studenti, genitori e insegnanti, intervenendo nelle scuole di Milano e hinterland per offrire un supporto professionale, dedicato e attento, nei tempi giusti e necessari per l’adattamento alla perdita. Ne ha parlato in questo articolo Sabina Pignataro. «Se si vivono esperienze traumatiche come la morte di un amico/a diviene più necessario dire, raccontare, formulare pensieri, dare spazio alle emozioni», osserva Laura Bottari, psicologa e psicoterapeuta di Libellule nel cuore. «I primi giorni, le prime parole pronunciate, ciò che si riesce e non si riesce a condividere, rimangono a lungo nella memoria. Si ha bisogno di gesti silenziosi e di parole che toccano il cuore e la mente e di un tempo per il dolore».

I bambini e i ragazzi in lutto hanno bisogno di adulti che si mettano in gioco, che stiano accanto a loro, nella sofferenza delle domande, anche se non hanno tutte le risposte: «Adulti che testimonino che è possibile attraversare quel dolore, senza ricorrere a risposte rassicuranti, come: “passerà, pensa ad altro, fai qualcosa che ti distragga», osserva ancora Bottari. «Hanno soprattutto bisogno di sentirsi compresi nella loro confusione emotiva. Laddove i ragazzi non trovano le parole sono gli adulti che possono trovarle per loro: spesso i silenzi sono densi perché forse tutti stanno sentendo la mancanza di chi non c’è più».

FOTO DI ARCHIVIO DI © MARCO VACCA/EMBLEMA/AG.SINTESI

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