Non profit
Tremonti, finanziaria alla Bismarck
Approvata in silenzio la Legge di Stabilità, gelo tra i ministri
Trenta minuti di monologo, così Tremonti ha diretto il consiglio dei ministri, in assenza di Berlusconi, per ottenere un silenzio-assenso alla Legge di Stabilità, ossia la finanziaria. Ma i malumori dei ministri restano, e la situazione politica è molto tesa, specie dopo il blocco della riforma universitaria.
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- INFERMIERA ROMENA
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“Tremonti impone la Finanziaria” è il secco titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA. “Gelo dei ministri. Galan: niente soldi, è una tragedia” aggiunge il sommario. Le pagine 2 e 3 dedicate alla rapidissima riunione del consiglio dei ministri. Ma partiamo dalle notizie. “Passa la manovra di Tremonti. Elogio di Bossi, gelo degli altri” è il titolo che fotografa la situazione. Non a caso si chiama adesso “legge di stabilità”, e non più la vecchia finanziaria sulla quale si apriva il braccio di ferro con i vari ministri per tirare la coperta della spesa pubblica. Nessuna discussione in riunione, per esplicito invito del premier Berlusconi, assente per la convalescenza dopo l’operazione al tendine, e in procinto di partire per villa Certosa in Sardegna. “Non date pretesti per farci cadere” è il messaggio forte e chiaro che ha costretto tutti i ministri al silenzio. “Sarà come dice Tremonti, che ieri altro non si faceva che ratificare la manovra di luglio – spiega Marco Galluzzo a pagina 3 – ma c’è da aggiungere che in 30 minuti, in un clima kafkiano, è stata varata la Legge di Stabilità, senza nemmeno un dibattito. Con molti ministri a lamentarsi che i bilanci dei propri dicasteri sono al di sotto della soglia di sopravvivenza. Ad accusare il titolare dell’Economia di aver stoppato la riforma Gelmini per dare una botta politica alle possibili aspirazioni (dentro il Pdl) della collega. In alcuni casi, come accaduto per Sandro Bondi, a scegliere addirittura l’Aventino: sedia vuota in Consiglio e lettera inviata al presidente del Consiglio per spiegare le ragioni della polemica assenza. Lui, Tremonti, le definisce con i suoi incomprensioni minime, se si esclude la Gelmini i soldi che mancano all’appello sarebbero poche decine, o poche centinaia, di milioni di euro (Giorgia Meloni ne richiederebbe venti): insomma non somme grosse per il bilancio dello Stato, somme che verranno trovate con il mille-proroghe, a dicembre”. Commenta la Prestigiacomo, ministro dell’Ambiente: “Questo è l’ultimo sì a scatola chiusa”. E nella consueta nota politica di Massimo Franco, a pagina 10, parla di “lotte intestine e sospetti incrociati”. “Più passa il tempo – scrive l’editorialista di via Solferino – più si annebbia l’ipotesi del «patto di legislatura». E ogni scenario si concentra invece su quello che potrebbe succedere «dopo»: e cioè se Berlusconi dovesse cadere. Sebbene non sia scontato che succeda, ognuno tende a posizionarsi su quella prospettiva”.
LA REPUBBLICA apre con “Legge elettorale, lite Fini-Schifani” e nell’occhiello riferisce: “Il governo vara la Finanziaria, Tremonti: «Pronti alla fiducia, ora lo sviluppo». Polemiche tra i ministri, Galan: una tragedia, mancano i soldi”. Servizi all’interno. In mezz’ora il governo ha approvato all’unanimità (borbottii a parte)il disegno di legge di stabilità. La novità è che Tremonti ha annunciato per fine anno un decreto per lo sviluppo (ci sarebbero 1,7 miliardi). Se Galan parla di tragedia, Bondi ha disertato il Cdm, la Gelmini è furiosa per i tagli all’università, Bossi sta con superGiulio: «è il nostro Bismarck». Nel retroscena di Roberto Mania (“Il fronte dei ribelli da Bondi a Galan e Giulio gioca la carta delle frequenze tv”), spiega la strategia di Tremonti che ha atteso che la tensione salisse, mettere in stabilità i conti pubblici, giocare di sponda con Bruxelles e poi ricominciare a dare le carte. È lui, di fatto, che ha il pallino in mano. Come spiega con la solita rude schiettezza il Senatur: «chi tiene stretta la borsa, tiene stretto il potere: un cancelliere di ferro». Adesso pare che Tremonti voglia ricavare risorse dalla banda tv. Gli altri paesi anche europei l’hanno fatto. Da quella fonte potrebbero arrivare 2 o 3 miliardi di euro. Con questa cifra si potrebbe in parte ripianare il debito e spingere lo sviluppo. Nel suo commento Massimo Giannini parla di «Maggioranza in agonia”: «La rottura sulla legge di stabilità è devastante… i tagli lineari affondano nella carne viva della società italiana. Scuola e università pagano il conto più salato della recessione. Ma è l’intero sistema paese che, senza ossigeno, è a un passo dall’asfissia».
La finanziaria trova spazio nella prima pagina de IL GIORNALE nell’editoriale di Vittorio Feltri. «Tremonti, fuori i soldi. Sull’università rischia il governo» è il titolo. Il direttore si concentra soprattutto sulla sfida tra il superministro e la Gelmini. Per la riforma della scuola «Mariastella avrebbe meritato una medaglia», scrive Feltri. «Macchè. Ora si trova di fronte a un muro da sfondare a capocciate: Tremonti non le sgancia un centesimo per realizzare la rivoluzione universitaria». Si chiede: «Vi sembrerebbe normale che un paese, rinunciasse alle proprie università, dichiarando la soppressione per mancanza di palanche?». L’università «rappresenta l’unica speranza di sviluppo per il paese e assicura inoltre un futuro passabile ai ragazzi» e allora «vi sembra intelligente soffocarla?». Tremonti dovrebbe capire che «se uno a forza di dimagrire diventa anoressico, poi muore. Ecco, l’università a questo punto: sta tirando le cuoia». Su questo punto potrebbe cadere il governo «perché il parlamento non avrà la faccia tosta di approvare l’assassinio degli atenei». A quel punto coloro che vogliono un governo tecnico «sarebbero agevolati». A pagina 9, di spalla, si rferisce del «fronte del no»: «Quella riforma che risana i conti ma è osteggiata da studenti e baroni». Mentre l’articolo di Gian Maria De Francesco annuncia: «Voto unanime sulla finanziaria, ma è già pressing su Tremonti». E secondo «il retroscena» ora «Silvio sospetta di Giulio: perché rema contro di me?».
«Manovra e legge elettorale, regna il caos», sentenzia IL MANIFESTO nel richiamo in prima pagina che rinvia agli articoli dedicati allo scontro istituzionale tra Fini e Schifani e alla finanziaria «Galan attacca Tremonti: è una tragedia». In una pagina (la 5) che ha come titolo generale «Tagliopoli» si legge, nell’articolo intitolato «Fiducia di Tremonti contro i ministri»: «Anche le «tabelle» fanno paura e il governo è pronto a chiedere la fiducia sulla legge di stabilità (la ex legge finanziaria) e il bilancio pluriennale dello stato ai quali ieri mattina ha dato il via il consiglio dei ministri. Come aveva promesso Tremonti si tratta solo di poche tabelle che recepiscono la manovra correttiva varata in luglio. (..)» e continua: «Dietro l’ottimismo di maniera di Tremonti, all’interno del governo c’è parecchia «maretta» e la fiducia è stata proposta per stoppare ogni richiesta di modifica delle “tabelle”. I lamenti più espliciti sono stati quelli di Giancarlo Galan: il ministro dell’agricoltura sconsolato ha dichiarato: “è una tragedia: il problema è che non ci sono soldi”. E senza soldi è difficile mantenere la promessa di una fasce di sviluppo. A meno che a pagare non siano i soliti noti. Umberto Bossi, parlando con i giornalisti, ha, invece, detto di avere “massima fiducia” in Tremonti, definendolo il “cancelliere di ferro”, una specie di “Bismarck” (…)». Nella stessa pagina si parla di Università, il cui mondo si mobilita contro i tagli voluti da Tremonti, anche in un commento di Alessandro Dal Lago che inizia in prima pagina con il titolo: «Con o senza Gelmini resta il problema», osservando che: «(…) nel quadro di una politica economica punitiva e asfissiata dai problemi di bilancio, nessuno metta in dubbio l’insensata e costosa partecipazione a una guerra perduta, anzi una vera e propria escalation, mentre tutti si impegnano a strangolare quella che dovrebbe essere la fonte dell’innovazione scientifica, tecnologica e culturale, e quindi di uno sviluppo economico e sociale strategico, la dice lunga su chi ci governa e anche su buona parte dell’opposizione (…)» .
“Ora la svolta per la crescita” è il titolo di apertura de IL SOLE 24 ORE sullo stop della riforma universitaria e il via libera della legge di stabilità votata in tutta fretta ieri da un CdM dimezzato. Oltre alla cronaca degli eventi e relativi mal di pancia di alcuni ministri per la stretta economica imposta da Tremonti – primo fra tutti il ministro alle politiche agricole, Giancarlo Galan – il quotidiano di Confindustria ricostruisce il nodo, stretto intorno al destino della riforma universitaria, con una intervista a Gianfelice Rocca, vice presidente di Confindustria per l’Education, e con uno studio dell’agenzia Fitch (pagina 10), che questa mattina ha diffuso il primo «special report» mai dedicato al sistema accademico italiano: «La riforma dell’università – ha affermato il big del rating – darebbe agli atenei gli strumenti per concentrarsi sul rapporto fra obiettivi e risultati, sull’efficienza e su modalità di pianificazione e decisione responsabili». Ma è Rocca a rincarare la dose: «Le risorse vanno trovate nella Finanziaria, senza aspettare il provvedimento milleproroghe», è la raccomandazione. Che denuncia «il dialogo tra sordi tra i ministri e con il Parlamento, una Babele linguistica che sta mettendo a repentaglio una riforma importante, tale da modificare in meglio il sistema universitario, mettendolo al passo con le migliori esperienze internazionali». Più in generale, sul problema risorse economiche, il quotidiano diretto da Gianni Riotta sottolinea a pagina 6 il cambio di marcia che il ministro Tremonti vorrebbe dare all’azione di governo: “Tremonti: ora la fase dello sviluppo” e tra le novità, oltre all’università per cui si cercherà di fare il possibile per trovare le risorse, spuntano misure che potrebbero trovare posto nel decreto di fine anno c’è anche la proroga della detassazione dei salari di produttività. Su questo ci sarebbe già un impegno del governo a far valere la misura anche nel 2011, estendendola a una platea più vasta: con un tetto di reddito fino a 40mila euro, infatti, secondo i dati Istat verrebbero inclusi tutti gli operai e gli impiegati (pagina 7).
Alla finanziaria, ITALIA OGGI, il quotidiano dei professionisti dedica solo un articolo e un box nella sezione Primo Piano. Il pezzo, “Brivido Pdl, i conti non tornano“, spazia dai malumori dei ministri che ieri sono rimasti a stecchetto «Non sono mancate vere liti durante il vertice e musi lunghi all’uscita», alla maggioranza salvata ieri da un voto al Senato dove si discuteva il documento di finanza pubblica che prevedeva agevolazioni per l’impiego nel Mezzogiorno, fino alla tensione tra Fini e Schifani causata dalla richiesta di Fini di trasferire a Montecitorio la discussione sulla riforma elettorale. «Resta qui» ha risposto Schifani. «Risposa inaccettabile» ha replicato Fini «ma è evidente che c’è una questione politica».
Nel box “Tremonti blocca una sanatoria e nessuno lo dice” l’autore, Edoardo Narduzzi, ritiene che Tremonti «non pare che abbia sabotato la riforma della Gelmini, ma più opportunamente si è opposto ad una ulteriore sanatoria che avrebbe immesso in ruolo anche molti ricercatori mai selezionati da un concorso». Ancora Narduzzi: «Le sanatorie sono la peggiore espressione della spesa pubblica improduttiva: si crea un diritto in disavanzo di bilancio pubblico sulla fiscalità delle generazioni future. Generazioni che, per di più, non potranno facilmente guadagnarsi un reddito nella competizione globale perché formate da un esercito di professori sanati». Morale dalla favola: «Tremonti ha fatto bene a bloccare l’ennesima assunzione di massa ex lege. La riforma dell’Università deve avere visioni ed ambizioni di ben altro respiro».
“Manovra, sì con tensioni. È scontro sui tagli” riassume AVVENIRE in prima pagina. A pagina 9 si dà conto delle scintille sui conti dopo l’approvazione della legge di stabilità (cioè con le sole tabelle di spesa) da parte del Consiglio dei ministri. A svelare per primo i problemi è stato il ministro dell’Agricoltura Giancarlo Galan che ammette: «È una tragedia. Non ci sono soldi». E Bondi fa sapere di non aver partecipato alla riunione, dopo aver dichiarato «io non vado a elemosinare risorse». Berlusconi, assente per convalescenza, ha commentato: «È un atteggiamento a dir poco provocatorio, Giulio avrebbe dovuto delineare questo quadro già mesi fa». L’assillo del titolare del Tesoro per non far esplodere il deficit rischia a questo punto di “massacrare” l’azione del governo. Il Cavaliere ha sentito in particolare la Gelmini e la Prestigiacomo, esortandole a non offrire “alibi”. Il premier avanzerebbe perfino il sospetto che Tremonti si stia muovendo in proprio, per mettersi alla testa di un governo tecnico, e non escluderebbe la crisi. A difendere il ministro dell’Economia è solo Bossi che lo definisce «come Bismarck, il cancelliere di ferro», aggiungendo che «chi tiene stretta la borsa tiene stretto il potere». Tremonti, incassato il via libera, va avanti e rilancia sulla riforma fiscale puntando sulla “carta regina” che intende giocare per recuperare compensi: il taglio delle tasse. Per questo ha annunciato un’accelerazione sulla riduzione del numero delle aliquote. Tra i commenti, in evidenza quello di Bersani, secondo cui «Mancano 5 miliardi di entrate. Non so che scelte Tremonti si appresta a fare, ma i conti non sono a posto… La realtà è che così rischiamo di avvitarci in una spirale di stagnazione».
LA STAMPA apre in prima con la finanziaria. “Tremonti conferma i tagli tra le proteste dei ministri”. Il sommario recita «Galan: È una tragedia. Assenza polemica di Bondi. Studenti in piazza, ma è stop alla riforma dell’università». Sempre in prima in taglio basso il commento di Irene Tinagli “Dopo tante parole tutto come prima”. «Desta scalpore lo stop alla riforma dell’Università dato dalla Commissione Bilancio. Fa discutere sia perchè questa riforma è sempre stata presentata dal governo come uno dei perni della sua azione innovatrice, sia perchè mette in mostra le contraddizioni di un rimpallo di responsabilità e di uno scarso coordinamento tra vari ministri». A pagina 3 il retroscena di Amedeo La Mattina “E intanto il premier placa i suoi ministri”. «Lo sbandamento nella maggioranza e nel governo ha vissuto ieri un altro giorno drammatico. E non per colpa di Giulio Tremonti che ha rinviato la copertura della riforma universitaria a dicembre. «Lui fa il Cancelliere di ferro, come ha detto Bossi, per tenere in ordine i conti e costruirsi la successione a Palazzo Chigi. Il problema – spiega un ministro – è Berlusconi, l’assenza di indirizzo: non ha più la forza di imporre un euro di spesa. Il vero premier sembra Tremonti». Il ragionamento è che in questo momento di difficoltà politica, Giulio Von Bismarck riempie gli spazi lasciati dal Cavaliere. Del resto è quello che ha spiegato lo stesso leader della Lega e cioè “chi tiene stretta la borsa, tiene stretto il potere”. Al presidente del Consiglio non rimane che consigliare calma e prudenza». Paolo Baroni firma poi le due pagine (4-5) su “Università scontro finale”. “I 9 mila ricercatori che fanno slittare la riforma Gelmini” il titolo. «Novemila ricercatori assunti in sei anni. Su questo scoglio si è arenata la riforma dell’Università», infatti, «la finanziaria varata a luglio prevede un taglio di un miliardo e 350 milioni di euro nel 2011 a carico dei nostri atenei, una manovra brutale che da mesi viene contestata dai rettori come dagli studenti, che ancora ieri hanno protestato in tutta Italia. Nelle scorse settimane sembrava che il ministro Gelmini avesse trovato un’intesa di massima col collega dell’Economia (“tutto a posto, troveremo le risorse necessarie”) poi alla Camera è spuntato l’emendamento per assumere i ricercatori e il banco è saltato. La ragione è semplice: mentre Tremonti pare fosse intenzionato a stanziare al massimo 7-800 milioni di euro per ripristinare in parte i tagli, la proposta votata in Commissione cultura ne costa da sola 1,7 miliardi spalmati in sei anni (90 milioni nel 2011, e poi 263 nel 2012, 400 nel 2013, 253 nel 2014, 333 nel 2015, 413 nel 2016) e poi 480 milioni l’anno dal 2017 in poi. Troppi soldi, decisamente troppi». Non solo «I 9000 ricercatori in questione verrebbero promossi al rango di professore di seconda fascia in ragione di 1500 l’anno per sei anni «ope legis», cioè per legge, attraverso una specie di sanatoria che secondo i tecnici della Ragioneria dello Stato rischierebbe pure di generare un fiume di ricorsi davanti al giudice del lavoro. Le chiamano «misure per la valorizzazione dei ricercatori di ruolo e del merito accademico», ma è evidente che questo modo di procedere, magari servirà a placare un poco le ire della categoria, però col merito non ha molto a che fare».
E inoltre sui giornali di oggi:
INFERMIERA ROMENA
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 25: “In fin di vita la donna colpita in metropolitana”. Le condizioni dell’infermiera romena si sono aggravate: coma irreversibile. Agli arresti domiciliari il responsabile del fatto, il romano Alessio Burtone, che ha scritto (ai giornali, ma non alla famiglia) una lunga lettera di scuse indirizzata ai familiari dell’infermiera. “La Procura – spiega Alessandro Capponi – che ha già fatto appello contro la concessione dei domiciliari, è intenzionata a farlo tornare in carcere. In ogni caso i magistrati al fascicolo dell’inchiesta hanno acquisito gli atti della precedente aggressione compiuta da Burtone: tre mesi fa, per questioni di viabilità, dopo aver rischiato di investire un coetaneo, fermò il motorino e tornò indietro. Colpì il ragazzo. Con un pugno al viso, anche quella volta”. Figuriamoci cosa sarebbe successo, aggiungiamo noi, se il ragazzo fosse stato romeno, e l’infermiera italiana. O no?
PRATO
AVVENIRE – Prove di legalità con i cinesi. A Prato ieri è stata firmata un’intesa tra 15 imprenditori e la Provincia. Un protocollo che ha riaperto il confronto sul distretto, anche se il leader degli industriali locali, Narini, resta cauto e avverte che il dramma delle fabbriche dormitorio non è stato ancora fermato. A Prato risiedono 18mila cinesi con reglare permesso di soggiorno, 10-13mila è la stima sugli irregolari, in tutto rappresentano secondo le stime ufficiali il 15-20% della popolazione. 3.500 le imprese di confezionamento gestite da cinesi. 16 le ore di lavoro giornaliero coperte in media da un operaio.
FIOM
LA REPUBBLICA – «Non voglio incidenti e lo dico anche nell’interesse della Fiom»: getta acqua sul fuoco il ministro Maroni ma non arretra sull’allarme lanciato per la manifestazione prevista per domani: «il problema non è la Fiom. Ma quelli che vogliono utilizzare il corteo per infiltrarsi tra le 50-60mila persone che parteciperanno alla manifestazione, per andare in giro a spaccare qualche vetrina o qualche testa. Il nostro invito è allora al servizio d’ordine: bisogna mantenere il controllo fino alla fine e anche dopo». Quanto ai disordini genovesi, il ministro dell’Interno ribadisce la sua tesi: «abbiamo seguito le procedure standard. Con l’Interpol di Belgrado. Abbiamo ricevuto due telex… non hanno evidenziato alcun pericolo».
IL MANIFESTO – «Sindrome serba» è il titolo scelto dal MANIFESTO a sfondare su una foto del ministro Maroni intento a scavalcare delle transenne per raccontare che «Maroni alza la tensione alla vigilia del corteo della Fiom: “Manifestazione a rischio di incidenti, infiltrazioni da gruppi stranieri”. Gli replica Landini: “È lui che deve garantire la sicurezza”. Ma intanto il ministro degli interni finisce nel mirino di Belgrado per gli scontri di Genova: “Gli avevamo fornito la lista degli hooligans”». E nel sommario in prima si rimanda agli articoli dedicati sia alla manifestazione di domani della Fiom (pagine 6 e 7) sia agli strascichi dei disordini allo stadio di Genova (pagina 14).
ALIMENTAZIONE
AVVENIRE – “La sfida alla fame: senza proclami qualcuno ce la fa” è il titolo di pagina 5 tutta dedicata all’evento di sensibilizzazione promosso domani in tutto il mondo. Gli affamati sarebbero 925 milioni secondo il rapporto Fao: una stima giudicata in calo. Dal Brasile viene un esempio di successo, come il programma “Bolsa famiglia”, fondato su trasferimenti condizionati di aiuti alimentari anche tramite le scuole che è diventato un mezzo diffuso di accesso al cibo per i più poveri.
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