Politica

Tremonti: certi diritti sono un lusso

Il ministro dell'Economia al Meeting detta gli otto punti di riflessione per il dopo crisi dal federalismo fiscale al nucleare

di Antonietta Nembri

da Rimini

Dentro la crisi, oltre la crisi. Questo il tema sul quale il ministro Giulio Tremonti è intervenuto al Meeting di Rimini, il super ministro all’Economia ha rivestito anche i panni del professore nel suo intervento che ha fatto seguito quello dell’Ad di Eni, Paolo Scaroni. L’amministratore delegato di quella che il presidente della CdO, Bernard Scholz, moderatore dell’incontro, ha definito la più grossa multinazionale italiana ha tracciato un ritratto impietoso della situazione italiana anche se, «solo tre anni fa eravamo considerati la pecora nera, l’economia italiana era la malata cronica, dopo tre anni è cambiato tutto. Ce la stiamo cavando meglio, adesso nel gregge dell’Europa siamo tra le pecore migliori» ha continuato e guardando al futuro ha osservato che «nel dopo crisi siamo piazzati bene e per l’Italia e per l’Eni che vuole crescere la crisi è un’opportunità da non sprecare». Ma per farlo occorre «toglierci di dosso quella cultura di egualitarismo che voleva livellare tutti verso il basso del 68 e che per trent’anni ha reso impossibile penalizzare i furbi e mettere al centro l’uomo e la famiglia per costruire l’Italia che vogliamo». Le cose da cambiare per Scaroni sono: la scuola e l’università «L’Eni assume 1.500 laureati all’anno, ma i giovani formati fuori dall’Italia sono meglio preparati per il lavoro», ma ne ha anche per l’amministrazione locale che oggi è«un postificio in cui ai lavoratori non si chiede efficienza e presenza. Dobbiamo toglierci di dosso la burocrazia costosa», tra i mali dell’Italia anche l’assenteismo, come pure il difendere l’occupazione per decreto «è una strategia fallimentare». Tra i suoi auspici anche una ripresa vera del sud «mi piace immaginare un futuro in cui le aziende fanno a gara a investire nel sud» cosa invece oggi molto difficile

Giulio Tremonti ha dato il via al suo intervento richiamandosi alla filosofia agostiniana della necessità di un tempo interiore in cui il passato è la memoria, l’oggi è la visione del futuro e il domani è l’attesa del futuro, la speranza. È poi sceso subito sul concreto proponendo una riflessione nella logica della responsabilità, «La globalizzazione segna il passaggio dall’età della certezza a quella dell’incertezza», si è passati dal mondo del G7 a quello del G20. Per l’Europa ciò ha voluto dire «la fine del differenziale di favore coloniale». Nel G7 i paesi avevano dei codici comuni, oggi non è più così.

Quali chance ha l’Europa? Quelle individuate a partire dalle decisioni prese dalla Banca centrale europea in merito alla situazione della Grecia e dall’attivazione del Fondo di difesa e garanzia europea. E non sono solo misure le misure di difesa, ma anche quelle di ri-scrittura di un nuovo patto di stabilità e di una nuova politica comune a definire l’architettura dell’Europa della globalizzazione.

E l’Italia? Tremonti qui ha dichiarato di parlare come «ministro del governo Berlusconi», ossia lasciando i panni del professore che analizza i cambiamenti e le possibili ricette macroeconomiche e politiche del post crisi. «siamo orgogliosi e convinti della nostra politica sulla sicurezza, la scuola e la pubblica amministrazione. La stabilità finanziaria è un dato politico, la tenuta dei conti è anche la tenuta della coesione sociale». Otto i punti di riflessione attorno ai quali il ministro ha definito il quadro economico/istituzionale: risanare il differenziale competitivo negativo dell’Italia, in un mondo di giganti le dimensioni delle piccole e medie imprese italiane non sono adatte alla competizione se non si mettono in rete. C’è poi da modulare tutto il diritto sulla nuova realtà globale «in Italia e in Europa tutto è vietato tranne ciò che è permesso dallo Stato. Certi diritti sono un lusso», ha detto Tremonti, «l’Europa si deve adattare al resto del mondo». Il terzo punto è il federalismo fiscale, l’alleggerimento della pressione fiscale favorendo una politica che metta al centro famiglia, lavoro e ricerca. Passi da fare con i conti a posto perché ha sottolineato Tremonti «è il politico che firma l’assegno, ma se è scoperto a pagare sono le famiglie». C’è poi da affrontare la questione del lavoro che in Italia ha l’handicap di un sistema che «è ancora basato sull’ideologia del conflitto tra capitale e lavoro». Gli ultimi tre punti di riflessione sono stati il Sud; l’istruzione «quella tecnica è strategica soprattutto per un paese come il nostro» e infine l’energia «gli altri Paesi hanno il nucleare, competere senza è autospiazzante».

Tremonti ha concluso osservando che i punti sono «aperti a tutti gli uomini di buona volontà nell’interesse del Paese. Se una cosa è giusta, lo è prescindere da chi la porta».


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