Welfare

Tre milioni di persone mangiano con 155 euro al mese

Anticipiamo i risultati di una indagine condotta da Luigi Campiglio e Giancarlo Rovati per conto della Fondazione della sussidiarietà. Sarà presentata domani a Roma

di Maurizio Regosa

Sarà presentata domani la ricerca La povertà alimentare in Italia, realizzata dalla Fondazione per la sussidiarietà e curata da Luigi Campiglio, pro rettore della Cattolica, e Giancarlo Rovati, docente di sociologia nella stessa università (sarà presentata domani, a Roma, alla presenza del ministro Scajola e del presidente del Senato, Renato Schifani). Una indagine che precede la costituzione di un Osservatorio permanente sulla povertà alimentare in Italia e che per la prima volta incrocia criteri quantitativi e qualitativi per fornire un quadro esatto dell’indigenza nel Belpaese, sulla scorta dell’esperienza e dei dati forniti dalla rete della Fondazione Banco Alimentare (che raggiunge attraverso oltre 8mila enti circa 1,5 milioni di persone in difficoltà).

Dati allarmanti

Partendo dalla metodologia di recente ridefinita dall’Istat per lo studio della povertà relativa, i ricercatori hanno stimato la “soglia di povertà alimentare” sotto la quale una famiglia deve essere considerata indigente. Tale soglia  è di 222,29 euro al mese per l’acquisto di cibo e bevande (è stata poi riproporzionata per ciascuna regione, tendendo conto del locale potere d’acquisto). Ed è questa la somma che ha a disposizione per nutrirsi il 4,4% delle famiglie residenti in Italia. Ovvero un milione e 50mila famiglia, vale a dire circa 3 milioni di persone, appartenenti a tutte le fasce d’età ( i dati sono riferiti al 2007 e quindi potrebbero peggiorare, vista la crisi del 2009). Eloquenti anche i dati relativi al dettaglio regionale: l’indigenza colpisce maggiormente le regioni economicamente meno sviluppate del Mezzogiorno, come la Sicilia (61-70 assistiti dal Banco alimentare per mille residenti), la Calabria (46-59) o la Campania (45-56), ma anche del Centro, come l’Umbria (28-32) o, infine, del Nord, come la Liguria (33-42 ogni mille residenti), seppure con minore intensità. La Lombardia e il Veneto sono caratterizzate da una minore incidenza della povertà (circa 11-21 assistiti).  

155 euro al mese

Le famiglie alimentarmente povere possono contare su una spesa media equivalente di 155 euro al mese (cioè nemmeno 39 euro la settimana), a fronte di dei circa 525 euro impiegati per la stessa ragione dalle famiglie non povere: la differenza è di 370 euro. Il divario risulta particolarmente accentuato per alcuni generi alimentari (bevande, oli e grassi, pesce e gelati, dolciumi e drogheria):  è invece meno sensibile per i farinacei. Il problema riguarda in modo più drammatico bambini e giovani, anziani e persone sole (ad esempio i separati). Come si poteva prevedere, molto colpite le famiglie numerose (se i nuclei hanno cinque componenti e più, sono poveri alimentarmente nel 10,4% dei casi).

Come cresce il disagio

Un’ulteriore indagine è stata poi condotta su un campione di famiglie povere selezionate tra gli 1,5 milioni di assistiti dalla Fondazione Banco Alimentare, per mettere in evidenza gli aspetti concreti dell’indigenza: profilo familiare, caratteristiche anagrafiche e istruzione, relazioni, condizione lavorativa, abitativa e desideri.

Da questa analisi risulta ad esempio che spesso a causare la caduta in uno stato di povertà sono eventi critici (nel 30% dei casi problemi di salute o disabilità; nel 59% la perdita o la mancanza di occupazione; nel 15% la morte di un familiare o una separazione). Come pure il rapporto fra povertà alimentare e istruzione: il 33,8% degli indigenti alimentari ha la licenza media; il 23,9% quella elementare. Sono più «fragili», insomma, le persone senza alcun titolo di studio.

Chi viene aiutato dalla rete del Banco alimentare è sposato nel 36% dei casi, vedovo nel 20, divorziato o separato nel 26% dei casi. Quanto alla occupazione, si tratta di operai (77,6% degli assistiti) e impiegati (8,6%). Non mancano le casalinghe (all11%) né i disoccupati (al 37%).

Infine, le cause di indebitamento. Nel 20,8% dei casi sono costituite dall’affitto (o dalle spese condominiali) e nel 25,7% da debiti per bollette (la rata per il mutuo, molto spesso chiamata in causa, si colloca al 5,9%).

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