Dipendenze
Tre mamme, tre figli, la droga. E la ricerca di una vita nuova
Dal numero di VITA magazine uscito da poco, un estratto delle interviste a tre madri, che ci raccontano che la dipendenza dalle sostanze di un ragazzo coinvolge tutta la famiglia, che è indispensabile fare squadra per uscire dal tunnel e che c'è bisogno di maggiore informazione
Quando un figlio inizia a drogarsi, i genitori cercano di mettersi in ascolto, di comprendere, di aiutarlo. Si sentono in colpa, si arrabbiano, soffrono e, quando capiscono che da soli non ce la possono fare, cercano aiuto insieme a lui. «Ci sentivamo in colpa e impotenti di fronte alla dipendenza da marijuana di G. Ora dopo un anno che mio figlio è nella Comunità dei Giovani di Bagheria (Pa), finalmente sono serena, lui ha una nuova vita. Abbiamo trovato la strada giusta». G. ha 26 anni e a parlare è sua madre. «Dopo anni turbolenti, ci siamo rivolti ai servizi per le tossicodipendenze di Castelvetrano (Tp)». G. è in comunità da più di un anno, il percorso di rinascita è pensato per i ragazzi, ma coinvolge anche i genitori. «Abbiamo fatto squadra con gli operatori, ormai siamo una famiglia. Mi dice sempre: “Ricomincio da me, penso serenamente al futuro. Quando esco mi voglio diplomare all’istituto alberghiero e prendere la patente”».
È la non conoscenza del problema della tossicodipendenza che mette paura alla gente, più che il tabù o la vergogna. C’è bisogno di maggiore informazione
M., mamma di C., 17 anni
«Manca l’informazione»
«È la non conoscenza del problema della tossicodipendenza che mette paura alla gente, più che il tabù o la vergogna. C’è bisogno di maggiore informazione. Se i ragazzi vengono aiutati subito, c’è più probabilità che il percorso di recupero sia più rapido», dice M., mamma di C., 17 anni, che è seguita dalla Casa del Giovane di Pavia. M. si accorse un paio di anni fa che sua figlia aveva un’amicizia sbagliata con cui faceva largo uso di cannabis, sostanza alla quale si era già avvicinata sporadicamente dall’età di tredici anni. «Tanti genitori fanno finta di non vedere, quello che li frena è la paura di non sapere come fare. Il mio messaggio ai genitori che hanno un figlio con problemi di tossicodipendenza è: “Non abbiate paura di affrontare qualcosa di nuovo”. Il recupero di C., grazie alla comunità, è stato rapido perché siamo arrivati in tempo».
Io sono esausta: mio figlio deve disintossicarsi dalle sostanze e io devo disintossicarmi da lui
P., mamma di S., 26 anni
«Sono arrivata persino a pagargli le sostanze»
«Nella sua infanzia e adolescenza S., 26 anni, ha dovuto trasferirsi molte volte, da una città all’altra. «Ha iniziato ad avere problemi di tossicodipendenza quando siamo andati da Roma a Torino. Tutto è partito dalla depressione, dal bisogno di sentirsi a proprio agio insieme agli altri», dice P., mamma di S. Prima la cocaina, poi l’eroina e, nell’ultimo periodo, il crack. S. è stato inserito in diverse comunità, da cui a volte è scappato. «Sono arrivata a pagargli la sostanza, ad andare con lui una sera a comprarla, per evitare che combinasse guai. Ho avuto diverse volte la paura di andare a recuperare un cadavere», continua P. con la voce rotta. S. da un mese si trova al Centro crisi del Gruppo Abele di Torino, che ha da poco riaperto con un progetto innovativo dedicato ai giovani dipendenti da crack e nuove sostanze psicoattive. «Io sono esausta: mio figlio deve disintossicarsi dalle sostanze e io devo disintossicarmi da lui».
Foto di National Cancer Institute su Unsplash
Questo articolo è un estratto di tre articoli che appaiono nell’inchiesta che abbiamo dedicato al consumo di sostanze, in particolare da parte dei giovani, nel numero di VITA magazine Droga, apriamo gli occhi. Se sei abbonata o abbonato a VITA puoi leggerlo subito da qui. E grazie per il supporto che ci dai.
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