Mondo

Tre donne, l’unico miracolo argentino

Buenos Aires. Una nazione sull’orlo del tracollo economico si scopre terra fertile per lo sviluppo del non profit.

di Paolo Manzo

Le ballerine del Colón, il teatro più famoso del Sudamerica, da settimane portano in strada le loro proteste assieme alla loro arte. Si intrufolano nel complicato caos urbano di Baires, zeppo di file di pensionati davanti agli uffici del Pami (l?Inps argentino) e cortei di gente infuriata contro il governo. Molti ironizzano sulle slanciate danzatrici del Colón che, indossati bianchi tutù, hanno preso a ballare davanti ai passanti sorpresi, che rallentano per alcuni minuti il loro frenetico tran tran pedatorio nel centro della capitale. Motivo? Non sono pagate da settimane e non possono neanche ritirare il denaro che erano riuscite a mettere da parte, perché il piano di risanamento proposto dal superministro dell?Economia, Domingo Cavallo Cavallo, non consente di prelevare oltre 250 dollari la settimana dai loro conti correnti. E con un nuovo disoccupato in più ogni quattro minuti, la situazione non può essere rosea neanche per il Terzo settore che, comunque, è in controtendenza nella disastrata economia argentina. «È vero, siamo in espansione e stiamo ricevendo sempre più richieste d?aiuto ma è anche più difficile lavorare», spiega Susan Murray, presidente di Missing children Argentina, un? associazione non governativa (www.missingchildren.org.ar) che, dal 1998, ha aiutato più di 500 famiglia a ritrovare i figli, scappati da casa. «Per capire basta raccontare un episodio, reale purtroppo. Spesso chiamiamo i tribunali per i minori. Bene, mi è accaduto di scoprire che alcuni tribunali non hanno neanche più il telefono». Come, scusi? «Non avendo pagato le bollette ai gestori delle linee, gli hanno tolto l? utenza? In Argentina la crisi è tale che neanche i telefoni dei tribunali sono garantiti», conclude amara la presidente di Missing children Argentina. L?associazione opera via telefono, con un gruppo d?ascolto che accompagna i genitori dal momento della denuncia di scomparsa sino all? atteso ritrovamento del figlio. Il governo, neanche a dirlo, non aiuta in alcun modo le sei volontarie che gestiscono la sede di Buenos Aires, che si autofinanziano tramite donazioni e che stanno cercando di farsi sponsorizzare da uno dei molti operatori telefonici(Telefónica, ndr) perché, precisa Susan, «le nostre uscite sono quasi tutte in bollette». Il governo aiuta poco anche Margarita Barrientos, che pure due anni fa si era guadagnata il titolo di ?Donna dell?anno?, superando nel voto popolare e in quello della giuria, duecento candidate tra attrici, scrittrici, giornaliste e top model. Margarita, nominata cittadina onoraria di Buenos Aires, è diventata una celebrità dal 1996 quando dal nulla creò una mensa gigantesca, el Comedor Los Piletones, che dà ogni giorno tre pasti caldi ad oltre 1.400 persone. Cui si sono aggiunti un consultorio medico e un asilo. «Ci passano un po? di pane, verdura e 15 chili di carne la settimana che, per sfamare migliaia di persone, non è proprio il massimo», dice. «La crisi in cui è precipitato il Paese ha, di fatto, duplicato in un anno le richieste d?aiuti alimentari. È molto triste ,ma cerchiamo di aiutare più gente possibile». Ma i numeri esatti del Terzo settore argentino li dà Alicia Cytrymblum, direttrice della rivista Tercer Sector (www.tercersector.org.ar) nata nel 1994, oggi il principale media specializzato in solidarietà e settore sociale di tutto il Sudamerica. «In Argentina la situazione non è dura, bensì disastrosa. Ma il Terzo settore sta crescendo perché, a causa della crisi, c? è sempre più gente disoccupata e che ha bisogno d?aiuto. Nel 1995, una ricerca della Johns Hopkins University su 23 Paesi nel mondo chiariva che in Argentina c?erano 50mila associazioni per un giro d? affari di 12miliardi di dollari. Oggi si stima ci siano 80mila enti non lucrativi, che garantiscono il 5 per cento dell?occupazione totale». Tre sogni che vorrebbe si avverassero? «Primo, che il mio Paese capisca che lo sviluppo non nasce solo dal dar da mangiare alla gente, ma nell?insegnare strategie di vita produttive. Poi, convogliare tutte le conoscenze di cooperative, microcredito e settore mutualistico, nel Terzo settore, per fornire strumenti operativi diffusi. E, infine, tornare ad avere una buona scuola pubblica che favorisca l?uguaglianza».


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