Formazione

Tre domande a Enzo Biagi

Osservatorio telegiornalismo, a cura di Francesca Ciarallo.

di Redazione

Caro Biagi, il Premio Ilaria Alpi segnala quello che ancora sopravvive dell?inchiesta. Secondo lei esiste ancora o davvero si è perduta? «Non esiste più. Un esempio? Non conosciamo l?Italia e neppure i giovani». Lei è entrato in Rai nel 1961. Allora era una tv ancora giovane e piena di speranze… «Fu Bernabei ad offrirmi di entrare in Rai. Ci andai con entusiasmo, c?era ancora tutto da inventare, c?erano tanti giovani, si potevano fare tante cose… Ovviamente anche allora c?erano le autorità, così come quelli che vogliono far felici tutti». Giulio De Benedetti diceva che la noia è il peggior difetto di un giornalista. Ne ha conosciuti tanti di giornalisti annoiati? «Ho conosciuto tanti giornalisti noiosi. è un difetto non farsi leggere, ma lo è anche farsi leggere con il punto esclamativo, con lo scandalo. Il principio della carità vale anche per noi: non siamo una categoria privilegiata. Se un uomo ha fatto una cosa ignobile oggi, sul domani non sai mai. Siamo testimoni, non giudici. Apparteniamo al genere umano, quindi abbiamo le nostre antipatie e simpatie, ci sono personaggi che capiamo di più, altri su cui invece abbiamo dei pregiudizi». Il Premio Ilaria Alpi ogni anno dà anche un riconoscimento alla libertà di stampa. Qual è la situazione oggi in Italia? «Dovremmo sentirci tutti più liberi! è che ci sono dei giornalisti che hanno il loro dittatore preferito, e a quello pongono i dovuti ossequi?» Lei dice che i grandi principi sono quelli impartiti dalle madri. Quali le ha insegnato la sua? «Non dire bugie. Quando frequentavo le medie mio padre era operaio, invece dissi che faceva l?impiegato e fui promosso. Poi lo raccontai a mia mamma che la mattina dopo venne a scuola con me. In classe disse alla mia professoressa: ?Enzo è qui per scusarsi con lei e i compagni?. Questa cosa l?ho ricordata per tutta la vita». Francesca Ciarallo www.ilariaalpi.it


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