Famiglia

Travolti dalla tv trash Così ci hanno affondato

Avrebbero dovuto difendere i bambini dagli"abusi televisivi", si sono infine ritrovati a combattere senza armi una guerra impossibile. Abbandonati dal governo e boicottati dalle emittenti.

di Giampaolo Cerri

Cro D?Alema così non va. Motivando le sue dimissioni da presidente del Comitato di controllo del Codice tv-minori, lo psicopedagogista Francesco Tonucci, considerato il padre di questa Carta dell?autoregolamentazione televisiva, bacchetta anche il presidente del Consiglio. Dopo il bagno di infanzia della Conferenza nazionale di Firenze del novembre scorso, con tanto di accorate denunce, D?Alema si è ben guardato dal fare la voce grossa con le tv al momento giusto, quando cioè, negli ultimi mesi, canali pubblici e privati hanno violato in lungo e in largo la decenza televisiva. «Ho provato inutilmente a mettermi in contatto con il suo Gabinetto», ha scritto Tonucci nella sua lettera di dimissioni, «per poter avere qualche motivo serio da opporre alle giuste contestazioni dei miei colleghi. Una mia recente lettera urgente non ha avuto risposta». Abituato alla disponibilità dello staff di Prodi, lo psicopedagogista si è scontrato con una certa freddezza dei nuovi inquilini di Palazzo Chigi: «Sono riuscito a parlare con il segretario della segretaria del sottosegretario», racconta amaramente a Vita. Non una parola nemmeno dopo le dimissioni che, accompagnate da quelle dello psichiatra Gabriel Levi e del giornalista Rodolfo Falvo, hanno determinato il disimpegno di tutti i componenti di nominato governativa (il giudice minorile Luigi Fadiga e della giornalista Marisa Musu avevano lasciato un paio di giorni prima). «No, nessuno si è fatto vivo», ribadisce Tonucci. E rivela che la sua lettera di dimissioni è stata anche al centro di un piccolo giallo: «Un?agenzia di stampa alla quale l?avevo inviata», racconta, «ha ricevuto una smentita, attribuita a me. Per un giorno intero, finché non sono stato rintracciato confermandola, la lettera non è stata messa in rete, a disposizione dei giornali». Una fine ingloriosa per un organismo che, insediatosi alla fine del ?96, aveva partorito il codice – sottoscritto da Enzo Siciliano, Fedele Confalonieri e Biagio Agnes – nel settembre del ?97. Al maggio dello scorso anno risaliva invece l?insediamento del Comitato di controllo incaricato di farlo rispettare. Lo stesso in cui oggi rimangono solo i rappresentanti delle tv Rai, Mediaset, Tmc e le minori Fr. e Aer. Fine dell?esperimento di autoregolamentazione? Malgrado il fallimento Tonucci ci crede ancora: «Una legge in questo campo sarebbe impossibile», spiega, «non ci sarebbero forze politiche capaci di farla passare in Parlamento: gli oppositori sono troppo forti e trasversali. E poi», prosegue, «sono convinto che non è possibile risolvere i problemi sociali con le norme: fare una buona legge non è garanzia che cambino le prassi». Ma anche di buoni codici, specialmente sull?infanzia, ce n?è a bizzeffe. «Vero», ribatte, «ma questo era il primo caso, in tutto l?Occidente, di un impegno sottoscritto da tutti i network nazionali». Secondo il presidente-dimissionario il Codice avrebbe potuto essere uno strumento efficace se almeno lo si fosse fatto conoscere: «Avevo chiesto al governo Prodi di pubblicizzare questo Codice», spiega, «volevo che fosse noto a tutti gli italiani. Nella realtà non è stato così: il Codice è sconosciuto ai giornalisti, alla gente, a chi guarda la tv». E anche le emittenti non hanno fatto la loro parte: «quasi nulla per produrre e far notare ai telespettatori un reale cambiamento nelle logiche di programmazione». Praticamente un boicottaggio anche se Tonucci usa altri termini: «Parlerei di resistenza passiva», chiarisce, «le tv hanno posto subito il problema dei ?fondi di magazzino?, dei programmi da smaltire. Problemi reali ma che diventano paradossali se confrontati con il danno che un bambino subisce assistendo a questi spettacoli». Qualche errore il presidente lo ammette: «Abbiamo varato il Codice senza indicare i termini per la sua applicazione», spiega, «dovevamo stabilire un periodo per mettersi a regime e le tv chiedevano sempre più tempo per adeguarsi. Proprio in questi giorni avevo proposto loro di fissare un termine: il 30 marzo. Avremmo spiegato la cosa alle famiglie, chiedendo di vigilare ancora». Gli eventi sono precipitati: con rincorsa al cattivo gusto fra Rai e Mediaset, le proteste delle associazioni familiari, gli articoli sui giornali e il disinteresse del governo: uno ad uno, i cinque difensori dei più piccoli hanno mollato. «Negli ultimi mesi il nostro lavoro è stato in grave difficoltà», ha scritto Tonucci a D?Alema, «oggetto di attenzione critica da parte dei mezzi di comunicazione e delle associazioni dei genitori e avrebbe bisogno di un rilancio politico che al momento non sembra possibile». Scatta l?ora di palinsesto selvaggio? Il professore non sembra disponibile a tornare indietro: «Per riprendere in mano quel progetto servirebbero atti forti e precisi», chiarisce. «Il Comitato di controllo, ad esempio, non può essere paritetico, perché non potrà mai prendere alcuna decisione. E poi ci vuole un ruolo forte e da protagonista del governo perché pretenda il rispetto degli impegni che le tv si sono assunte con la sottoscrizione».


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