E’ proprio l’argomento del giorno. Per i blocchi stradali di taxi e Tir certo. Ma soprattutto guardando alla questione più generale della mobilità che, con qualche forzatura, si potrebbe definire un bene comune. Vista da questa prospettiva mobilità fa il paio con sostenibilità, sia ambientale che sociale. Il ministro all’ambiente Clini sostiene che l’Italia deve produrre e non solo importare auto elettriche, evitando quel che è accaduto con i pannelli fotovoltaici. Gli spagnoli, anzi i Baschi (meglio non confondere), sono già avanti e proprio oggi a Bruxelles passano all’incasso, presentando Hiriko la loro city car elettrica. Il fatto interessante è che il progetto viene battezzato alla presenza del presidente della Commissione Europea Barroso come esempio di innovazione sociale, volto cioè di realizzare il diritto alla fruizione del bene “mobilità” ponendo attenzione, fin dalla fase progettuale, alle ricadute positive per l’ambiente, per le persone con ridotta mobilità, per le comunità cittadine, ecc. E così una “banale” auto elettrica (ce ne sono già diverse in giro no?) acquisisce davvero altri significati e valori, probabilmente anche in termini di marketing. Ma non finisce qui. Che la mobilità sia la next big thing, la novità prossima ventura dell’innovazione sociale è confermata da riscontri che vengono dai territori. Tra ieri e oggi ho ricevuto una mail e una telefonata di imprenditori sociali che hanno in agenda la questione dei trasporti. La sfida consiste nel far crescere la qualità e la copertura dei servizi di trasporto tipicamente di welfare (per persone con ridotta mobilità), affinché soddisfino il fabbisogno di mobilità delle persone “normodotate”. I recenti tagli alla spesa pubblica infatti hanno messo in crisi il trasporto locale. Per questo è necessario innovare sia le forme di erogazione che di governance del servizio. Un nuovo campo di innovazione sociale, forse più rilevante di Hiriko.
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