Non profit

Trasparenza e portabilità: la proposta di Efc

European Foundation Center ha elaborato un modello di statuto

di Giuseppe Ambrosio

L’obiettivo è creare una forma giuridica complementare ai sistemi giuridici oggi esistenti nell’Europa dei 27. Se ne è discusso a Roma Una delle principali questioni aperte trattate nel corso del convegno associativo dell’European Foundation Center svoltosi a Roma dal 14 al 16 maggio scorso è quella dello statuto europeo delle fondazioni. Già dal 2001 infatti l’Efc ha evidenziato l’urgenza di predisporre un modello unitario di statuto per far fronte alle sfide della globalizzazione e della transnazionalità dei sistemi filantropici che, al pari delle imprese, devono spesso andare oltre i confini nazionali immaginando interventi e programmi finalizzati a contesti più vasti; si pensi al tema delle immigrazioni oppure a quello dell’ambiente che, per essere affrontati seriamente, necessitano di una visione globale.
Diviene dunque fondamentale superare alcune barriere allo sviluppo di strategie internazionali da parte delle fondazioni. Gli ostacoli principali stanno infatti nelle differenze tra i vari Paesi del riconoscimento dello status di «attività di interesse pubblico», o nelle diverse normative giuridiche e fiscali, fino agli alti costi per l’apertura di sedi operative all’estero da parte di una fondazione. Per non parlare delle difficoltà che incontrano i donatori nello spostare risorse economiche tra i diversi Paesi in base ai propri orientamenti progettuali.
In che cosa consisterebbe lo statuto europeo delle fondazioni? Intanto, per essere realisti, Efc non ha inteso proporre l’armonizzazione delle leggi europee. L’obiettivo è invece creare una nuova forma giuridica che possa essere complementare ai sistemi giuridici esistenti nell’Europa dei 27. Di conseguenza le fondazioni “nazionali”, cioè che vogliono continuare a svolgere le proprie attività nei confini di uno Stato, manterrebbero il proprio status e le proprie leggi. Il modello studiato lascia quindi ai fondatori la scelta del Paese in cui registrare la propria attività e, ovviamente, la definizione delle proprie regole statutarie, nel rispetto di un regolamento comunitario (ancora da emanare, e che dovrebbe essere recepito in tutti i Paesi) e, in mancanza di specifici riferimenti, nel rispetto delle legislazioni nazionali esistenti; per esempio la disciplina fiscale, con annesso pagamento delle imposte, resterebbe anche per la fondazione europea quella dei Paesi dove essa opera.
Elementi chiave di una fondazione europea dovranno essere lo scopo di pubblica utilità, la dimensione operativa (almeno in due Stati Ue), un fondo di dotazione minimo (fissato in 50mila euro), la neocostituzione con atto pubblico, considerando anche i casi di trasformazione di una fondazione nazionale esistente o di fusione di due fondazioni nazionali, la trasparenza delle attività.
Il percorso avviato dalla Commissione europea è stato recentemente velocizzato. A fronte di una ricerca presentata a novembre e realizzata dal Max Planck Institute for Comparative and International Private Law di Amburgo e dall’università di Heidelberg, è stata lanciata una pubblica consultazione terminata il 15 maggio (per maggiori informazioni: http://ec.europa.eu/internal_market/company/eufoundation/index_en.htm). In tal senso il Commissario irlandese alle politiche di mercato, Charlie McCreevy, ha spiegato: «Le fondazioni giocano un ruolo importante in Europa, soprattutto nel supportare le cause di pubblico interesse. C’è quindi la necessità di assicurare che ci siano strutture appropriate in Europa per supportare le loro attività. Per essere certi di adottare scelte politiche corrette c’è bisogno di maggiori informazioni e delle opinioni di donatori e fondatori, che sono ugualmente importanti, per comprendere gli ostacoli che le fondazioni incontrano nei singoli mercati».

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