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Trapianti, quando il figlio salva pap

Daniele M., il giovane che ha donato parte del fegato al genitore malato ha potuto farlo grazie a una legge poco nota.

di Gabriella Meroni

Cosa ha reso possibile il gesto di gratuità di Daniele M., il giovane di 32 anni che ha donato un pezzo di fegato al padre, salvandogli la vita? Certo se stesso e l?amore per il genitore, ma non solo. C?è anche una legge approvata due anni fa che disciplina nello specifico le donazioni di fegato da vivente. Due soli articoli per consentire ciò che il codice civile vieta (all?articolo 5), ritenendolo impossibile se non a fini di lucro: cedere parti del proprio corpo quando provocano una diminuzione permanente dell?integrità fisica. E già: il diritto non concepisce l?altruismo, quindi punisce chi potrebbe mercanteggiare parte di sé. La norma che permette la generosità, invece, è la numero 483 del 16 dicembre 1999, che testualmente recita: «È ammesso disporre a titolo gratuito di parti di fegato al fine esclusivo del trapianto tra persone viventi». Proprio come ha fatto all?ospedale milanese Niguarda Daniele, dipinto sui giornali come un eroe e salutato come il protagonista del primo trapianto italiano di questo tipo. Anche se non è proprio così. «No, il primo caso l?abbiamo avuto qui in Puglia, a Cerignola, l?anno scorso», precisa il professor Antonio Francavilla, direttore dell?istituto di Gastroenterologia del Policlinico di Bari. «Quando una donna donò una parte di fegato al marito». Un?operazione che salvò la vita di Giuseppe grazie alla signora Gilda, sua moglie da 35 anni, e che non assurse all?onore delle cronache nazionali semplicemente perché ebbe luogo in Germania e a intervenire fu un?équipe di chirurghi tedeschi. Ma nel frattempo in Puglia ce ne sono state altre quattro, sempre nel reparto di Francavilla. Prima ancora, nel 1997 a Padova, si ebbe il primo trapianto di fegato tra viventi in territorio italiano. A differenza del caso di Milano, però, allora a intervenire furono medici italo-giapponesi su pazienti, padre e figlio, croati. Ma insomma, la strada è aperta da un po? e il trapianto di fegato tra viventi potrebbe davvero costituire un?alternativa terapeutica a quello da cadavere. Anche se il panorama non è così roseo. Innanzitutto, come spiega Vincenzo Passarelli dell?Aido (Associazione italiana donatori organi), la legge del ?99 che ha reso possibile il trapianto di Milano non è ancora completamente applicata, visto che l?Istituto superiore di sanità non ha ancora provveduto a stilare un elenco delle strutture ospedaliere italiane autorizzate a realizzare i trapianti di fegato tra viventi. «Ci risultano 18 richieste di accreditamento», dice Passarelli, «ma nessuna autorizzazione». Una realtà confermata dal fatto che il ministro Veronesi ha dovuto emettere uno speciale decreto per consentire all?ospedale di procedere all?operazione sul giovane bresciano. Ci sono poi alcune perplessità etiche espresse dall?associazione. «Critichiamo la spettacolarizzazione del caso e anche l?eccessivo peso che si è dato al gesto di Daniele», chiarisce Passarelli. «Certo è stato coraggioso, ma non vorremmo che la sua scelta fosse considerata impossibile alle persone normali, riservata agli eroi. Poi è bene chiarire che la donazione tra viventi è una soluzione molto rara, percorribile solo tra consanguinei e in caso di assoluta compatibilità. Meglio sarebbe enfatizzare e promuovere la scelta di chi decide, da vivo, di donare gli organi da morto». Come Aido fa da anni e ancor più ha fatto la scorsa settimana, dedicata all?informazione sul tema della donazione. «Peccato che il ministro non ci abbia potuto incontrare», aggiunge con un po? di amarezza Passarelli. «Speriamo che oltre a proporre medaglie e registri per donatori viventi si assicuri che prima si faccia tutto il possibile per cercare l?organo adatto da cadavere». Per il dottor Alessandro Nanni Costa, responsabile del Centro nazionale trapianti istituito esattamente un anno fa, la questione si pone in altri termini. «La donazione tra viventi è un?alternativa a quella da cadavere», dice, «ancora poco sviluppata da noi, ma che potrebbe crescere fino a coprire il 15 per cento delle necessità per il fegato». Quindi potrebbe contribuire a far raggiungere il ?punto zero?, visto che nel 2000 in Italia si sono realizzati 730 trapianti su circa 950 pazienti in lista d?attesa. Una speranza in più per chi ha un figlio, un fratello, una moglie generosi. Ma per carità, non chiamateli eroi.


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