Economia

Transizione ecologica: il semaforo per le piccole aziende è davvero green

Il rapporto Osservitalia 2022 del Cerved calcola in 135 i miliardi di euro da investire per affrontare la crisi climatica. Un dato che il sistema può (e deve) sostenere senza compromettere la sua solidità finanziaria, nonostante l’incerto quadro economico e internazionale

di Redazione

La sostenibilità ambientale, strettamente collegata a quella sociale, è un driver non solo per lo sviluppo, ma per la stessa sopravvivenza delle attività economiche. È uno degli interessanti focus che emergono dalla nona edizione di Osservitalia, il rapporto Cerved 2022 sulla situazione economico finanziaria delle Pmi. Secondo lo studio, infatti, le piccole e medie imprese italiane che non adotteranno provvedimenti per mitigare i rischi fisici legati ai cambiamenti climatici avrà nel 2050 il 25% in più di probabilità di default rispetto a oggi, e il 44% in più di chi invece investe fin da ora. Non solo: per le imprese ad alto rischio fisico (oltre l’8%) si prospetta al 2050 una quota di costi annui per la ricostruzione pari all’1,6% dell’attivo e un aumento dei premi assicurativi fino al 3% del fatturato.

Lo studio del Cerved, condotto su 160 mila aziende italiane, presenta anche una serie di tendenze che considerano i possibili diversi andamenti dell’economia italiana rispetto alle variabili internazionali: la destabilizzazione del quadro e lo shock energetico hanno ridimensionato le aspettative di ripresa economica, che si avviavano a superare i livelli pre-Covid grazie al forte rimbalzo del 2021, e invertito di nuovo il trend, con un conseguente aumento della rischiosità delle PMI nel biennio 2022-23 e un calo del fatturato. Nello scenario peggiore – escalation del conflitto russo-ucraino, blocco delle forniture di gas, mancata implementazione del PNRR – le Pmi in area di sicurezza si ridurrebbero infatti dall’attuale 46,7% al 35,7% mentre quelle rischiose salirebbero dal 5,7% al 7,5% e quelle vulnerabili dal 13,9% al 20,8%. Quanto ai fatturati, nello scenario più pessimista si contrarrebbero in media dell’1% (-2,4% il MOL), generando nel 2023 una dinamica recessiva (-1%) causata dalla riduzione dei consumi (-0,6%) e dalla stagnazione di investimenti (+1,6%) ed export (+1,9%), con effetti molto più pronunciati nei settori ad alta dipendenza dal gas e dall’energia.

Proprio questi continui ribaltamenti di scenario, però, devono indurre a un approccio multidimensionale al rischio: le pur gravi difficoltà contingenti non devono fare allentare la presa sulla vera sfida dei prossimi decenni, cioè la gestione della transizione verso un’economia sostenibile per scongiurare eventi estremi che rappresentano una seria minaccia anche a livello sociale e finanziario.

“Complessivamente, l’investimento che le PMI dovrebbero sostenere per finanziare fin da ora il processo di transizione è di circa 135 miliardi di euro entro il 2030 (cioè il 47% dello stock delle immobilizzazioni materiali dichiarato nel 2020 e il 12,8% dell’attivo) – commenta Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved (nella foto in apertura) -, per il 79,7% a carico dell’industria (circa 109 miliardi), per l’8% dei servizi (quasi 11 miliardi) e il resto diviso tra costruzioni (4,3%, quasi 6 miliardi), commercio (4,1%, 5,6 miliardi), trasporti e public utilities (3,5%, quasi 4,8 miliardi) e agricoltura (0,4%, 570 milioni). Abbiamo stimato, però, che l’indebitamento aggiuntivo in condizioni di sicurezza delle PMI italiane sia di circa 81 miliardi di euro, quindi oltre la metà degli investimenti necessari potrebbe essere finanziata con un aumento dell’indebitamento senza un impatto significativo sulla solidità finanziaria: una sfida che le imprese, con il supporto intelligente del sistema bancario, sono ampiamente in grado di affrontare”.

Sulla scorta di quanto fatto dalla BCE, che ha invitato le principali banche europee a condurre il primo esercizio di Climate Stress Test per valutare la resilienza delle aziende e delle banche stesse ai rischi climatici, Cerved ha condotto un analogo esercizio di Climate Stress Test sulla popolazione di PMI italiane, integrando gli input forniti dalla BCE con score, modelli e algoritmi di simulazione e proiettando al 2050 i bilanci individuali delle imprese, di cui sono state stimate variabili chiave come emissioni, consumi energetici, esposizione al rischio fisico.

Tre gli scenari a confronto: la transizione “ordinata” (orderly), che procede in modo regolare verso il raggiungimento degli obiettivi di Parigi, concentrando i maggiori investimenti nel decennio 2020-2030; quella “disordinata” (disorderly), in cui gli interventi vengono attuati solo nel biennio 2030-2040, con costi più elevati nel medio termine; infine lo scenario “serra” (hot house), in cui si interviene in maniera insufficiente, con un conseguente aumento della frequenza e della severità degli eventi fisici.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.