Inclusione e salute

Transgender e gender diverse: come combattere le disparità in oncologia

Ecco le Raccomandazioni di Assisi, un decalogo per l'inclusione redatto dagli oncologi italiani di Aiom, prima società scientifica oncologica al mondo a scrivere un documento su questo tema, per migliorare la salute di tutti i malati di cancro, indipendentemente dall’identità di genere. Screening, prevenzione primaria, partecipazione ai trials clinici e i rapporti con associazioni LGBTQIA+

di Nicla Panciera

È il primo decalogo dedicato all’inclusione in ambito di salute oncologica dei pazienti transgender e gender diverse e viene dagli oncologi medici italiani di Aiom, prima società scientifica oncologica al mondo a scrivere un documento su questo tema, nella consapevolezza che ciascuno debba fare la propria parte.

Il Position Paper, pubblicato sulla rivista eClinicalMedicine del gruppo The Lancet, è frutto di mesi di lavoro nell’ambito del progetto Oncogender, di un gruppo composto non solo da oncologi ma anche da psicologi e mondo associativo. Tra gli obiettivi delle dieci raccomandazioni, incentivare l’inclusione di pazienti transgender e gender diverse nei trials clinici, la collaborazione tra i rappresentanti dei clinici e le associazioni LGBTQIA+, gli screening attraverso specifiche linee guida e la prevenzione primaria delle neoplasie.

L’esistenza di barriere e di difficoltà oggettive nell’accesso ai programmi di prevenzione secondaria e ai trattamenti anti-cancro si traducono in diversi esiti di salute: «L’oncologia medica deve essere sempre più inclusiva e porsi l’obiettivo di migliorare la salute e il benessere di tutti i pazienti colpiti da cancro, indipendentemente dalla loro identità di genere» ha detto Saverio Cinieri, presidente di Aiom che con l’attuale direttivo ha fortemente voluto e sostenuto questo progetto «È questa una delle sfide che dobbiamo affrontare e come società scientifica intendiamo contrastare ogni tipo di disparità e favorire l’equità nei trattamenti e nelle diagnosi. In generale l’oncologia medica sta andando verso una maggiore personalizzazione dell’assistenza. Dobbiamo perciò tenere conto di tutte le caratteristiche specifiche del singolo paziente e quindi anche dell’orientamento sessuale che può influire il decorso della malattia».

Mettere a fuoco lo stato dell’arte

Oncogender è partito con una rassegna della letteratura sull’argomento, la revisione è stata pubblicata su Jama Oncology, per capire quale fosse lo stato dell’arte nel trattamento dei pazienti transgender e gender diverse e che ha rivelato alcuni aspetti importanti che sono stati accolti nelle cosiddette “raccomandazioni di Assisi“, così chiamate perché discusse nella decima edizione delle Giornate dell’etica ad Assisi, incontri dedicati a temi importanti, spesso non squisitamente clinici o medici. «Gli individui transgender e di genere diverso si trovano ad affrontare sfide uniche, tra cui le barriere all’accesso all’assistenza sanitaria e le disuguaglianze nel trattamento, che possono influenzare il rischio e gli esiti del cancro. Ci siamo basati su approccio più inclusivo nel trattare la medicina di genere, spesso limitata a maschi e femmine» ha spiegato Federica Morano dell’Oncologia medica gastroenterologica dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, presentando il decalogo al VIII Corso Nazionale Aiom “Giornalisti medico-scientifici e oncologi”.

La voce dei clinici e dei pazienti

Le informazioni sono ancora poche, non provengono da sperimentazioni cliniche e vengono dal mondo anglosassone: «Per questo, abbiamo deciso di condurre due survey per approfondire, da un lato, la necessità riscontrata da alcuni oncologi di una specifica formazione sia per trattare da un punto di vista clinico questi pazienti sia per avere strumenti dal punto di vista comunicativo e relazionale» ha spiegato Moroni «e, dall’altro lato, per raccogliere il punto di vista delle persone, non solo pazienti, transgender e gender-diverse, e conoscere gli ostacoli che incontrano e le loro necessità».

Le raccomandazioni di Assisi

1. Promuovere il SOGI (Sexual Orientation and Gender Identity) nella raccolta dei dati personali del malato

«Quella relativa all’orientamento sessuale o all’identità di genere è un’informazione che in questo momento nelle nostre cartelle cliniche non è assolutamente presente» spiega l’oncologa «e la cui raccolta è ritenuta fondamentale ormai da agenzie regolatorie nel mondo e niente affatto lesiva della privacy o una costrizione a fare un outing forzato, ma base necessaria per ogni futura conoscenza».

2.Favorire l’inclusione di pazienti transgender e gender diverse nei trials clinici

Un unico esempio: da un punto di vista clinico, la diagnosi e il trattamento del tumore della prostata sono uguali per tutti coloro che sono nati con una prostata, cisgender o transgender. Quindi, spiega Morano, «il criterio di inclusione ai trial non dovrebbe essere “uomini” ma “individui con tumore alla prostata accertato”. Non è una questione di termini. Ci sono, infatti, anche criteri di esclusione ormai arbitrari come, ad esempio, la positività per l’Hiv nelle sperimentazioni di farmaci immunoterapici».

3. Creare ambienti accoglienti e sicuri per le persone transgender e gender diverse

L’identità di genere è definita come l’intima percezione di un individuo di essere maschio, femmina, non-binario o altro: «È qualcosa che fa parte della identità della persona secondo le Nazioni Unite e l’Oms, quindi va rispettata e di conseguenza andrebbero utilizzati i pronomi corretti». Inoltre, in questo momento in Italia manca un registro degli alias, valido fino alla procedura di rettifica del nome al termine del percorso di riassegnazione del genere. «Ogni volta è una piccola violenza: sentirsi chiamare con un nome e dover stare a spiegare prima al Cup, poi all’accettazione, poi all’infermiere, poi al medico» spiega Morano, che ricorda anche il disagio causato dai servizi oncologici etichettati in base al genere: «Pensando al tumore al seno o alla prostata, gli ambulatori dedicati per essere davvero inclusivi non dovrebbero mettere delle immagini solo di donne o di uomini, rispettivamente». Ancora, «in caso di ricovero, se un paziente cisgender non accetta un compagno di stanza transgender o gender diverse, sia chi si lamenta a dover essere trasferito»

4. Incentivare linee guida relative allo screening dei tumori per la popolazione transgender e gender diverse

Secondo la revisione pubblicata dagli esperti, gli individui transgender e gender diverse hanno meno probabilità di aderire ai programmi di screening del cancro e hanno una maggiore incidenza di tumori associati all’Hiv e all’Hpv. «La nostra revisione della letteratura ha visto come effettivamente il 71% di questi individui non abbia mai partecipato a uno screening; la normativa degli screening si basa sul sesso alla nascita, quindi una donna transgender non riceverà un invito alla mammografia» dice Moroni, ricordando come in America, con un approccio molto pragmatico, hanno uno slogan chiaro: “se ce l’hai, controllalo” (If you have it, check it out).

5. Promuovere una formazione specifica degli operatori sanitari sul transgender e i problemi di salute delle persone con diversità di genere

È stata evidenziata una mancanza di conoscenza dei bisogni sanitari delle minoranze di genere tra gli operatori sanitari, ciò rappresenta un grosso ostacolo alla prevenzione, alla cura e alla sopravvivenza. La discriminazione, lo stigma e la mancanza di sensibilità culturale degli operatori sanitari sono tra gli ostacoli segnalati dalle persone transgender e gender diverse nel contesto oncologico.

6. Educare la popolazione transgender e gender diverse, e in particolare i giovani, sui fattori di rischio modificabili dei tumori

Ci sono alcuni comportamenti negli individui transgender e diversi che possono la rappresentare effettivamente dei fattori di rischio oncologico: «Gli individui transgender hanno un elevato consumo di tabacco e di alcolici, in particolare gli adolescenti. Poi ci sono le malattie ci sono chiaramente le malattie virali come l’Hiv, l’Hpv o l’Hcv e, infatti, dalla nostra revisione emerge che hanno maggior incidenza di tumori associati. Va anche gestita la comunicazione, e diffondere capillarmente l’informazione, sulla profilassi post-esposizione, trattamenti retrovirali che possono ridurre la probabilità di contagio dopo comportamenti a rischio».

7. Fornire un supporto psicologico adeguato durante l’intero percorso di cura

Le gestione multidisciplinare di questi pazienti deve includere il supporto psicologico, visto che «spesso queste persone si basano su relazioni amicali e non possono contare su grande supporto familiare» spiega Morani. «Poi c’è anche la teoria del minority stress: la presenza di stress costanti giornalieri ha un chiaro un impatto su quella che è la salute la salute psicofisica dell’individuo, come anche slatentizzare o peggiorare la disforia di genere».

8. Coordinare le cure secondo l’affermazione del genere e le cure oncologiche caso per caso

L’altra cosa importante è coordinare i trattamenti oncologici con gli altri trattamenti che i pazienti stanno portando avanti per l’affermazione del genere. I dati relativi al rischio di sviluppare tumore in seguito alla terapia ormonale ci sono, ma sono ancora pochi.

9. Affrontare i determinanti sociali della salute

I determinanti sociali ed economici sembrano guidare le disparità nei fattori di rischio e nei risultati visti. «Sono pazienti che hanno vissuto per tutta la vita con uno stigma con la discriminazione, magari faticano a trovare un lavoro» ricorda Morano. «Tutto questo può ostacolare l’accesso ai trattamenti».

10. Incentivare la collaborazione con associazioni/organizzazioni LGBTQIA +

Anche se non tutte le persone fanno vita associativa, vanno coinvolte le associazioni: «Tutte le decisioni devono essere informate e il loro ruolo è quindi cruciale la collaborazione e il confronto con l’associazionismo».

Photo by Kyle on Unsplash


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