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Tra pubblico e privato un’intesa anti Fini

Cnca e Fict hanno firmato un documento comune, inviato al prefetto Soggiu.

di Redazione

Nasce un?insolita alleanza sul fronte della lotta alle tossicodipendenze: pubblico e privato sociale schierati sullo stesso fronte. Solo qualche mese fa sembrava una chimera che Federserd (la Federazione italiana dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze), Fict (la Federazione italiana delle comunità terapeutiche) e Cnca (il Coordinamento nazionale comunità di accoglienza) si presentassero allo stesso tavolo, così come auspicato da don Mario Picchi in un?intervista pubblicata sul numero scorso di Vita. Un risultato che Alessandro Coacci, presidente della Federserd rivendica come “la prova che abbiamo superato divergenze che sembravano insormontabili”. Ma che invece secondo Aldo Curiotto, portavoce della Comunità Incontro, “significa mescolare l?acqua col vino: in tavola ci devono stare entrambi, ma non mischiati”. Scontro in atto? Valutazioni divergenti che sono lo specchio dello scontro in atto fra strategie e interessi opposti. All?accordo infatti è rimasto estraneo il privato sociale non accreditato, che comprende nomi eccellenti fra cui la comunità fondata da don Pierino Gelmini e San Patrignano. Lo scontro è stato reso incandescente dall?annuncio di Fini sull?imminente presentazione, in Consiglio dei ministri, di una nuova norma che, secondo i ben informati dovrebbe garantire maggior autonomia del privato sociale rispetto ai Sert. Un passaggio che i servizi pubblici e le comunità accreditate vedono come il fumo negli occhi. Al centro della contesa c?è la torta dei finanziamenti. “Noi”, avvertono i tre firmatari dell?intesa in una nota presentata al Prefetto antidroga, Pietro Soggiu, “rappresentiamo circa 200mila utenti e 10mila operatori, il 95% di tutto il settore, contro i 2mila utenti e qualche centinaio di operatori di chi si ipotizza destinato ad assorbire in modo esclusivo i finanziamenti governativi”. Il riferimento a San Patrignano e a Don Gelmini è immediato. E i numeri loro attribuiti sono polemicamente in difetto. Don Egidio Smacchia, presidente della Fict, pone l?accento anche su un?altra questione: la sopravvivenza delle piccole comunità.”Il rischio”, avverte, “è che chi non avrà le risorse per certificare in proprio le tossicodipendenze, sarà destinato a chiudere i battenti. Fenomeno che sta già interessando alcune comunità a noi federate”. L?analisi di don Smacchia è sottoscritta ?da sinistra? da Lucio Babolin, presidente del Cnca, coordinamento composto interamente da realtà fortemente radicate nel territorio che non superano i 30 ospiti. “Il meccanismo della certificazione dello stato di dipendenza è cruciale”, attacca. “Mentre è lecito che la diagnosi sia prodotta direttamente da una comunità, è incomprensibile che questo avvenga per le certificazioni, altrimenti ogni privato potrebbe decidere autonomamente la presa in carico di un ragazzo senza alcun controllo”. Chi sta fuori In base alla proposta del neonato cartello la certificazione dovrebbe quindi spettare al Dipartimento delle dipendenze, secondo quanto stabilito dalle intese Stato-Regioni del 1999, anche se ad oggi si contano sulle dita di una mano le Asl che hanno avviato le procedure per costituire un apposito ufficio. “Che fra l?altro”, interviene Coacci, “oltre ad essere il luogo naturale di confronto fra pubblico e privato, provvederà a stabilire priorità e assegnazione dei fondi e a uniformare la qualità dei servizi”. Per far quadrare il cerchio e mettere in frigorifero le polemiche manca un tassello: le comunità non accreditate. E non si tratta di un particolare da nulla visto che la categoria comprende, come detto, le comunità di San Patrignano (oltre 1.800 utenti), e la Comunità Incontro (presente in tutte le regioni d?Italia esclusa la sola Val d?Aosta). “Le porte sono aperte a tutti”, abbozza un conciliante Coacci. Difficilmente però il suo auspicio sarà realizzato. Da San Patrignano infatti, il direttore Andrea Muccioli, riferisce “di non essere stato interpellato da nessuno” e che “in ogni caso non ho alcun commento da fare”. Meno evasivo Curiotto, della Comunità Incontro: “Apprendo con meraviglia che Fini è riuscito a unire il diavolo e l?acqua santa”. “Fuori di metafora”, continua, “mi riferisco alla federazione dei Sert e alle comunità che per necessità hanno dovuto sottostare al volere di chi gli fornisce i clienti. La comunità come la intendiamo noi è per sua natura privata e trasmette valori che non possono essere ?di Stato?. Quanto ai dipartimenti, vi pare possibile che un organo che dovrebbe essere ?super partes? sia inserito all?interno delle Asl e abbia ai vertici i vecchi dirigenti pubblici?”.


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